Famiglia
Lavoro minorile i fatti e le ipocrisie
Editoriale di Riccardo Bonacina sul lavoro minorile
Appena dieci giorni fa il collega Riccardo Orizio, con un repertorio ineccepibile di testimonianze e fotografie, ha documentato sulla prima pagina del ?Corriere della sera? lo sfruttamento di lavoro minorile in un?azienda turca che produce jeans con il marchio Benetton. Dopo le prime, ovvie quanto improbabili smentite, anche dal quartiere generale di Treviso hanno dovuto ammettere che tra i rischi della globalizzazione della produzione, pensata e voluta per aumentare i profitti abbattendo i costi del lavoro con la dislocazione e l?appalto delle unità produttive (rischi su cui proprio il Nobel Amartya Sen ci ha avvertito), tra i rischi, dicevamo, rientrano le violazioni ai più elementari diritti della persona, persino se minore. Accusato il colpo, l?azienda, nota per aver associato con efficaci campagne la sua immagine all?impegno civile ed umanitario, ha reagito con tempismo sospendendo dapprima i rapporti con l?azienda appaltatrice per poi riprenderli dopo pochi giorni dopo, in seguito alla firma di un protocollo che stabilisce un codice di condotta per la prevenzione del lavoro minorile nelle aziende licenziatarie e subappaltatrici. Tutta la vicenda, chiusa e archiviata anzitempo, merita qualche considerazione grave e amara.
La prima: nessuno ha sottolineato che un protocollo già esisteva e le aziende subappaltatrici già firmavano una lettera di impegno contro il lavoro minorile e che il nuovo protocollo nulla aggiunge di significativamente nuovo. Il codice di condotta è semplicemente un po? più lungo ma non prevede neppure dei controlli di organizzazioni esterne e autorevoli ai comportamenti delle aziende (scelta che per esempio ha fatto una multinazionale come Nike).
La seconda: la firma dell?ennesimo ipocrita codice di condotta è stata fatta con la collaborazione dei coordinatori nazionali dei sindacati tessili, Filtea-Cgil, di Filtea-Cisl e Vita-Uil, che hanno, per così dire, officiato la cerimonia. Non è la prima volta, peccato che i sindacati italiani, e non solo nel settore tessile, non abbiamo in questi anni sporto nessuna denuncia a riguardo del lavoro minorile. Nessuna, zero, eppure sono decine i marchi italiani sospetti e centinaia i bambini in Italia sfruttati in laboratori e officine. A Cofferati risulta più facile prendersela con i soliti marchi americani? I sindacati preferiscono continuare sulla via dell?ipocrisia continuando a parlare di marchi o etichette sociali in convegni e tavoli di lavoro?
La terza: al coraggioso articolo ha persino reagito un sedicente ?coordinamento di associazioni e consumatori critici? denominato, guarda un po? ?Osservatorio Benetton?, esprimendo «profonda indignazione per l?articolo del Corriere». Pur trascurando un comunicato che sfiora il ridicolo, altrettanto assordante è stato il silenzio dei guru italiani del consumo critico. Come mai? Solo perché Luciano Benetton è più simpatico di Phil Knight? O per il fascino di un budget in pubblicità e sponsorizzazioni di grande peso?
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