Famiglia

Lavoro minorile: così va in Perù

Lima, il sindacato dei bambini. Intervista a Alejandro Cussianovich, padre del Manthoc, il primo organismo di rappresentanza dei minori che lavorano.

di Barbara Fabiani

Alejandro Cussianovich è «il prete che vuol far lavorare i bambini». Sono passati 25 anni da quando questo salesiano, oggi sessantaseienne e docente di pedagogia all?università San Marco di Lima, fondò il Manthoc, un modello di difesa e di organizzazione dei minori lavoratori. Era il 1976 e in America latina soffiava forte il vento della teologia della liberazione. Oggi questa organizzazione, controllata direttamente da bambini e adolescenti, è quasi una controparte riconosciuta nel difficile dialogo con autorità statali e imprenditori, grazie a 5mila Nats (Nuclei di adolescenti lavoratori) in 27 località di 10 distretti del Perù, diffusi anche nel resto dell?America latina e in Africa.
Da metà degli anni 90 le opinioni sul lavoro minorile hanno subito cambiamenti, eppure Manthoc non ha mai cambiato la sua posizione. Lo dimostrò clamorosamente nel 1998 quando, nel mezzo della Global march contro il lavoro minorile, diffuse la notizia di aver ottenuto con la municipalità di Lima un accordo sull?assunzione di ragazzini nella pulizia delle aree verdi comunali. Da allora la discussione è aperta.
Vita: Perché diede avvio ai Nats?
Alessandro Cussianovich: Fu una decisione della Joc, la Gioventù operaia cattolica, preoccupata dalle restrizioni dei diritti dei lavoratori imposte dal governo. All?inizio feci molte resistenze. Allora noi preti delle comunità cristiane popolari credevamo che fossero i giovani, i ventenni, a essere agenti di cambiamento sociale. I bambini lavoratori erano molti meno di oggi. Soprattutto non sapevamo come organizzare questo movimento di bambini che, per decisione dell?assemblea del Joc doveva essere del tutto autogestito e autonomo. Per costruire questo gruppo di minori sono stati necessari 10 anni di lavoro. Alla fine, nel 1986, decisero di darsi un coordinamento nazionale.
Vita: Si è chiesto se in 25 anni questo modello non sia stato superato e se l?esigenza di «organizzare i lavoratori minorenni» non sia stata superata da una volontà di emancipazione definitiva?
Cussianovich: Davvero crede che non sia attuale? Come spiega che il numero dei bambini lavoratori nel mondo è cresciuto? Il lavoro dei bambini non è un fenomeno solo delle economie premoderne, è anche un fenomeno all?interno delle economie modernissime.
Vita: Non dovremmo agire su governi e imprenditori perché assumano i padri invece che i figli?
Cussianovich: Certo. Ma questa richiesta non è contraddittoria con la nostra visione. Il punto è distinguere tra il diritto al lavoro e l?esercizio di questo diritto. Se tutti gli esseri umani hanno diritto al lavoro, perché il lavoro è legato alla sopravvivenza, perché negare questo diritto ai bambini? Laddove i genitori guadagnano abbastanza, non c?è bisogno che i bambini vadano a lavorare, ma questo non fa sparire il diritto a lavorare. Sparisce l?esercizio di questo diritto, che è un?altra cosa.
Vita: E che ne è del valore dell?educazione che è garanzia di non essere oggetto di abuso?
Cussianovich: Ma per noi l?educazione è fondamentale: oltre il 90 per cento dei bambini lavoratori in Perù va a scuola. Non c?è una contraddizione tra scuola e lavoro. Caso mai bisognerebbe pensare a una pedagogia rivolta ai bambini lavoratori e alle loro esigenze. Ricordiamoci che l?educazione scolastica, specie quella istituzionalizzata, non è l?unica formula per l?educazione dell?individuo.
Vita: Chi sono i ragazzi che si iscrivono a Manthoc?
Cussianovich: Sono bambini che aiutano la famiglia. Smettetela di credere che lo sfruttamento nelle fabbriche sia la sola realtà del lavoro minorile e che tutto il lavoro dei bambini sia sfruttamento. In Perù i minorenni nelle fabbriche sono rari. La situazione è peggiore in Brasile e in Guatemala, per non parlare del terribile scenario nei paesi asiatici. Non c?è dubbio che lo sfruttamento dei bambini nelle fabbriche deve essere combattuto, ma questo non significa che non hanno diritto a lavorare, soprattutto se ne hanno bisogno. Hanno diritto a non essere sfruttati.
Vita: Quindi la definizione di ?lavoro minorile? secondo lei è equivoca.
Cussianovich: Sì, ed è diventata sinonimo di sfruttamento. Le leggi internazionali sono state pensate sull?immagine del lavoro infantile nell?industria che, ripeto, è una realtà da sradicare come altre forme di sfruttamento, ma non è la condizione di tutti i bambini che lavorano al mondo.
Vita: Manthoc e i Nats criticano la Global march e le convenzioni sul lavoro minorile dell?Organizzazione internazionale del lavoro. Perché?
Cussianovich: La Global March diffondeva messaggi ambigui. Non diceva solo «abbasso lo sfruttamento dei bambini», ma aggiungeva una richiesta abolizionista di qualsiasi lavoro svolto da bambini. Per quanto riguarda la convenzione 182 dell?Ilo, fa confusione. Il titolo della convenzione è Per l?eliminazione delle forme peggiori di sfruttamento dei minori, quindi ammette che esistono circostanze inaccettabili e altre accettabili. Eppure non c?è in tutta la convenzione una sola parola che metta in luce questa possibilità.
Vita: Quindi siete contrari all?abolizione del lavoro minorile?
Cussianovich: Siamo contrari all?abolizione del diritto dei bambini ad andare a lavorare. Però, è chiaro, dobbiamo cancellare quelle condizioni che non fanno del lavoro un mezzo per crescere bene.
Vita: Quale dovrebbe essere il ruolo degli adulti in questo processo?
Cussianovich: Le racconto un?esperienza non peruviana. Alcuni anni fa, a Cuba, durante il periodo della raccolta della canna da zucchero, i bambini protestarono perché invece di andare a scuola volevano partecipare alla raccolta. Alla fine le autorità scolastiche decisero di accettare la richiesta, ma solo a precise condizioni. Tagliare la canna da zucchero è un lavoro durissimo e pericoloso, le canne sono molto taglienti, quindi si disse ai bambini che se volevano contribuire al bene della comunità si sarebbero occupati di altre cose importanti, come riverniciare la scuola o pulire i giardini. Dal nostro punto di vista, le autorità fecero bene ad aprire un dialogo con i bambini, infatti non potevano ignorare questa volontà di partecipazione, ma avevano l?obbligo pedagogico e umano di definire le condizioni per essa in modo che non andasse contro la salute e la formazione complessiva dei bambini.
Vita: Lei cita spesso l?esempio di Gesù bambino che aiuta il padre Giuseppe nella bottega da falegname. Ma Gesù era talmente istruito che a dodici anni andò al tempio a spiegare le scritture ai saggi.
Cussianovich: E di quell?esempio mi sembra che il messaggio fondamentale è che gli adulti si sono presi il tempo per ascoltarlo.

Qualche numero
2,5 milioni di minori lavorano in Perù, secondo uno studio di EquoMercato. Il 62,4% lavora in agricoltura, il 29% nel commercio, l?8,6% nell?industria. Si stima che il 4% dei bambini inizi a lavorare tra i 4 e i 6 anni; il 27% tra i 7 e i 9 anni; il 69% dai 9 anni. Secondo l?Oil, il 52% dei bambini lavora 54 ore settimanali. L?80% percepisce la metà della paga minima, contribuendo per il 10% al bilancio familiare. L?azione di Manthoc è finalizzata alla crescita della consapevolezza dei diritti nei bambini lavoratori per creare lavoro protetto nel commercio equo.
Info:www.equomercato.it/nats.htm

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