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Lavoro, la riforma piace a Monti

Accordo con la maggioranza, ma i dubbi restano intatti

di Franco Bomprezzi

Accordo politico, la maggioranza trova la “quadra” sulla riforma del lavoro, e Monti può contare perfino sulla non ostilità (per ora) della Cgil. Tutto bene? Non si direbbe, ma almeno questo enorme ostacolo sul cammino del governo sembra quasi superato. Ecco come i giornali di oggi raccontano la vicenda.

“Così cambia il mercato del lavoro”, sceglie un titolo volutamente quasi storico il CORRIERE DELLA SERA in prima e così riassume le notizie: “Il nuovo contratto di apprendistato (che premia le aziende che assumono a tempo indeterminato), la dinamica degli ammortizzatori sociali (da 4 a 12 milioni di potenziali beneficiari grazie a un finanziamento di 1,8 miliardi), il tetto degli indennizzi ridotto da 27 a 24 mensilità e la modifica dell’articolo 18 (il giudice può stabilire il reintegro se ritiene insussistenti i motivi del licenziamento economico). Il premier Monti parla di svolta «storica». Nasce il disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro. Il testo passa ora alle Camere”. Sette pagine dedicate al tema, fra cronaca e approfondimenti. Più l’editoriale di Dario Di Vico, che prosegue a pagina 40: “I punti discutibili di una prova superata”. Ci pensa la vignetta di Giannelli a riportare i piedi per terra: “Ora c’è la riforma! Già ma è il lavoro che manca” commenta scettico un gruppo di lavoratori disoccupati. Dino Martirano a pagina 2: “ora che il disegno di legge sta per essere incardinato al Senato, Monti auspica «un iter approfondito ma anche spedito» perché a questo punto «la tempistica è importante quanto i contenuti». Dopo la «condivisone sul testo espressa dagli onorevoli Alfano, Bersani e Casini», il governo spera infatti in una volata prima dell’estate: assegnazione alla commissione Lavoro di Palazzo Madama già martedì 10 aprile, esame in commissione da chiudere prima che termini il mese, passaggio all’aula dal 15 maggio per poi affrontare con la dovuta calma il passaggio alla Camera. Se poi sarà necessario un altro voto di fiducia, Monti non lo vuole anticipare”. Marco Galluzzo a pagina 3: “Ricordano nello staff di Monti che il testo che ieri pomeriggio è stata vagliato dal Quirinale prevede un modello che ha non solo il timbro e l’accettazione dei tre partiti di maggioranza, ma soddisfa anche le richieste dei principali attori economici internazionali, compresa quella Bce di Mario Draghi che la riforma aveva inserito qualche mese fa, in carica Berlusconi, nell’elenco dei passi necessari per uscire dalla crisi”. Alessandro Trocino a pagina 5: “«Modifiche inaccettabili», scrivono Abi, Alleanza Cooperative, Ania e Confindustria. «Temo sorprese», dice la segretaria della Cgil Susanna Camusso. La riforma del mercato del lavoro e dell’articolo 18, con il compromesso raggiunto ieri, trova l’opposizione degli imprenditori e la cauta soddisfazione di Cisl e Uil, che sfocia nei sospetti della Cgil. E mette d’accordo, invece, i partiti che sorreggono il governo Monti. Il Partito democratico scioglie le riserve e con Pier Luigi Bersani definisce l’accordo «un passo avanti importantissimo». Scontata la valutazione positiva da parte del Terzo polo, mentre il segretario del Pdl Angelino Alfano a Porta a Porta è moderatamente soddisfatto: «Abbiamo accettato la modifica peggiorativa chiesta dal Pd all’articolo 18, perché ci è stata data soddisfazione su tre o quattro questioni ed è stata toccata la flessibilità in entrata. In Parlamento ci saranno margini per miglioramenti». Idv e Sel, invece, bocciano senza appello la riforma”. Maria Teresa Meli a pagina 6: “Alla fine della festa, sia Alfano che Bersani possono dirsi soddisfatti dell’esito della trattativa. Hanno dimostrato che il governo dipende da loro e hanno smentito la vulgata che li vuole moribondi al traino dei tecnici. Del resto, già una ventina di giorni fa i due si erano parlati ed erano rimasti d’accordo su un punto: è inutile farci la guerra tra di noi, perché soccomberemmo entrambi, piuttosto cerchiamo di darci una mano, pur nella diversità delle posizioni. Per questa ragione il segretario del Pd era sicuro che avrebbe trovato una sponda in Alfano nel momento in cui il confronto sulla riforma del mercato del lavoro sarebbe arrivato a un punto di svolta”. Enrico Marro a pagina 8: “La riforma, in estrema sintesi, da un lato dà una stretta alla flessibilità in entrata, rendendo più costosi i contratti a termine e punendo gli abusi sulle collaborazioni a progetto, il lavoro a chiamata, le associazioni in partecipazione e le partite Iva, e dall’altro aumenta la flessibilità in uscita, intaccando il tabù dell’articolo 18. I licenziamenti illegittimi non saranno più puniti con il reintegro (tranne quelli discriminatori dove non cambia nulla), ma il giudice deciderà tra indennizzo e reintegro. E sui licenziamenti economici che non siano manifestamente insussistenti e non rientrino in altre categorie (disciplinari o discriminatori) ci sarà solo l’indennizzo”. Antonella Baccaro a pagina 9 approfondisce gli aspetti tecnici del testo di riforma. E a pagina 40 le conclusioni di Dario Di Vico: “Notizie di licenziamenti arrivano qua e là da diversi settori, persino dagli Autogrill. In più, senza voler esser cupi, l’impressionante serie di suicidi che vede come vittime piccoli imprenditori (e non solo) ci rilancia una fotografia del Paese reale che saremmo degli scriteriati a non guardare con preoccupazione. Se i ministri poi riuscissero a inserire nelle loro agende, assieme alla partecipazione a questo o quel convegno, anche una presenza nei luoghi del disagio, darebbero sicuramente il segno di una comunità nazionale che tutta insieme cerca l’uscita dal tunnel”.

Tripudio su LA REPUBBLICA: “Articolo 18, torna il reintegro”. Nel sommario si precisa: “Via libera al ddl. Monti: una riforma storica. Imprese e banche in rivolta”. Sotto l’apertura le principali novità: reintegro anche per i licenziamenti economici, nuova assicurazione sociale a regime dal 2017, apprendistato e stretta sulle false partite Iva: se il rapporto supera i sei mesi, rappresenta il 75% dei ricavi e prevede una postazione fissa in azienda, la finta partita Iva si trasforma in contratto di lavoro subordinato (ma il meccanismo scatta tra un anno). Sempre in prima il celebrante articolo di Massimo Giannini: “Il riformismo della democrazia” (Monti è riuscito «in due mesi dove sette governi precedenti avevano fallito in poco meno di vent’anni… Mai come stavolta ha vinto il riformismo. La pratica più difficile, ma più promettente»). Nelle pagine interne, i dettagli del ddl trasmesso a Camere e Quirinale. Oltre a quanto annunciato in prima, la delega al ministro per decidere se applicare la riforma ai lavoratori statali, il fondo di solidarietà per gli over 58 e le sanzioni fino a 30mila euro per le dimissioni in bianco. Seguono le reazioni. Cauta la Cgil (vediamo il testo). Viceversa Confindustria, assieme a banche e cooperative, sono andate all’attacco, scrive Francesco Bei. In una nota comune hanno sottolineato che alcune modifiche «sono inaccettabili, in particolare la diversa disciplina per i licenziamenti di natura economica e quella che va complessivamente configurandosi per i contratti a termine, specie per quelli aventi carattere stagionale». Nel suo retroscena Bei svela anche “La moral suasion del Quirinale sulla trattativa e nel taccuino del professore appare il reintegro”. Ovvero come Napolitano a pressato Monti, come Bersani ha puntato i piedi, come Casini ha applaudito e come Alfano ha dovuto ingoiare il rospo del reintegro. Molto interessante l’intervista a Pierre Carniti, storico leader Cisl, che getta acqua sugli entusiasmi e puntualizza: non è una riforma, semmai un aggiustamento. Vedo molta enfasi, ma la realtà è che i sindacati divisi obbediscono ai partiti, che si sono «sostituiti ai primi nella contrattazione». Il testo inoltre «non riduce la disoccupazione giovanile, il primo e più grave problema».

IL GIORNALE  apre col titolo “Monti cala le braghe” preceduto dalla titolino “La finta riforma”. Il sommario spiega «Sull’articolo 18 il governo avalla il progetto del Pd: torna il reintegro. La rabbia delle aziende. Imu, altra stangata alle imprese. E in borsa è di nuovo paura». L’editoriale sul tema è di Nicola Porro che spiega «il governo fa un passo indietro sull’annosa questione dell’articolo 18 e lo spiega con la stessa determinazione con cui poche settimane fa, presentando le sue proposte, aveva sostenuto che non lo avrebbe mai fatto». Francesco Cramer e Antonio Signorini firmano “Articolo 18, torna il reintegro: Monti salva il posto a Bersani”. «Accordo al ribasso per la riforma del lavoro. Monti, che aveva disegnato un “purosangue” su articolo 18 e licenziamenti, è di fatto costretto a un dietrofront e presentare un “ronzino” alle Camere. Ha ceduto il Professore, pena il rischio di mettere a repentaglio la vita stessa del suo governo “strano”. Il Pd non avrebbe garantito il suo appoggio alla riforma prima versione, Napolitano non avrebbe gradito forzature, la Cgil avrebbe incendiato le piazze ancor più di quanto farà. Risultato: in conferenza stampa il premier illustra ed elogia un provvedimento che avrebbe voluto differente. “È una riforma di rilievo storico per l’Italia”, dice. E ancora: “Abbiamo ascoltato tutti i soggetti e abbiamo fatto una sintesi”».  Laura Verlicchi sottolinea invece “La rivolta delle imprese sui nuovi contratti” «imprenditori scatenati per la retromarcia di Monti e Fornero: inaccettabile, non è il testo che avevamo firmato». 

“Lavoro compromesso”, gioca sull’ambiguità il titolo di apertura del MANIFESTO che va a sfondare la grande foto di Monti e Fornero sorridenti. “Il diavolo è nella frase «manifestamente insussistente». Così formalmente torna il reintegro, in realtà sarà quasi impossibile ottenerlo. La soluzione sull’articolo 18 salva Monti e blinda la maggioranza. Cisl e Uil danno l’ok, Camusso: «Temo sorprese»” chiarisce il sommario che rinvia alle pagine 2 e 3 a cui si rifanno altri tre richiami in prima, uno per ogni soggetto in campo: il governo «Riforma storica, ora si approvi rapidamente», il Pd “Bersani sa anche vincere «Un bel passo avanti»” e i sindacati “La prudenza di Camusso «Non vorrei sorprese!”. “Si flex, no security” titola l’apertura di pagina 2 Nel sommario si trova un’affermazione della ministra Fornero «L’articolo 18 è stata una conquista, ma il mondo è cambiato. Decideranno gli italiani se merito il licenziamento». In un grande box di taglio centrale viene spiegato “come cambiano le tutele sul lavoro”, titolo ovviamente sul nuovo articolo 18 “Licenziamenti economici, corsa a ostacoli per il reintegro” e si legge «(…) In estrema sintesi: cambia realmente tutto – in molto peggio – per quanto riguarda le tutele dei lavoratori di pendenti, quasi nulla sulla precarietà (…)» tre gli approfondimenti: sui licenziamenti, sulla precarietà e sugli ammortizzatori sociali.

IL SOLE 24 ORE dedica un intero dorso, una sorta di giornale nel giornale, alla questione lavoro. “Contratti e art. 18, come cambia il lavoro”, è il titolo. Molte pagine di approfondimenti e analisi, due commenti in prima pagina. “Il tabù scalfito” di Alberto Orioli: «Il tabù dell’articolo 18, più che abbattuto, alla fine, risulterà certamente più che scalfito. Comunque un risultato positivo se si pensa che per 42 anni nessuno aveva potuto (o voluto) affrontare nemmeno il tema. Il delicato equilibrio scaturito dal verbale illustrato il 23 marzo è stato comunque modificato: il ripristino del reintegro in caso di licenziamento illegittimo per motivi oggettivi economici è un arretramento, per le imprese, rispetto all’ipotesi iniziale che lo escludeva. Tuttavia è stata creata la «totale insussistenza del fatto» come vera motivazione in base alla quale applicare il reintegro in caso di contestazione del licenziamento per motivi economici. Non sembra, a una prima ricognizione del disegno di legge, che a questa concessione ai sindacati ne siano corrisposte di pari valore in tema di flessibilità in entrata. L’aumento dell’1,4% dei contributi a carico dei contratti a termine avrà, come eccezione, solo i contratti stagionali in senso stretto (agricoli) e non, come chiedevano le aziende, anche i rapporti di lavoro definiti «stagionali» nei diversi contratti di categoria». “Il compromesso possibile” di Stefano Folli: «L’accordo sul lavoro non è fatto per piacere a tutti. Le imprese, in particolare, vorranno vederci chiaro in un reticolo di norme che rischiano, in qualche caso, di rendere più rigido e non più flessibile il sistema e di aumentarne i costi. Ma dal punto di vista politico Monti può essere contento del risultato. Aveva di fronte le sabbie mobili e ne è uscito senza nemmeno imbrattarsi i vestiti. Poteva rimettersi ai partiti e alle loro inquietudini, lasciando che fossero loro a trovare il bandolo della matassa in Parlamento, e invece ha guidato il negoziato che ha condotto al compromesso. Ha sfruttato le debolezze delle forze politiche, la loro ansia di rimuovere dal tavolo l’articolo 18, ma si è ben guardato dall’umiliarle. Al contrario, ha restituito un ruolo a Pdl, Pd e Udc, rendendo i tre capi-partito compartecipi di un’intesa che può avere un significato profondo nella storia dei rapporti di lavoro. Monti ha puntato sulla stabilità e ha compreso che anche i tre leader della semi-maggioranza parlamentare avevano lo stesso interesse convergente. Nessuno vuole correre pericoli, nessuno ha la forza e la volontà di imboccare una strada diversa da quella che conduce senza alternative verso l’approdo del 2013».

Apertura in prima pagina “L’art. 18 quasi indenne” e tre pagine di approfondimenti. ITALIA OGGI inizia a pag tre con un pezzo, “Riforma del lavoro il più è fatto”, che riprende la frasi dei leader politici interessati nella trattativa che evidenziano un percorso parlamentare celere e sereno. I dettagli dell’ultima revisione del ddl sono evidenziati nel a pag 4 nel pezzo “Articolo 18, il reintegro resta”.  A pag 5, il pezzo “Progetto del lavoro in due tappe” spiega i due round su cui si basa il processo dei licenziamenti. Nel primo round il giudizio si conclude con una ordinanza immediatamente esecutiva. Il secondo round si conclude con sentenza, reclamabile in corte d’appello. Il commento è invece è affidato a Marco Bertoncini. Nella sua nota politica “Il Pdl ha ceduto in pieno sull’art. 18”, spiega che il pdl ha accettato una riforma che non piace alla maggioranza degli elettori «per disporre di un credito, in vista di provvedimenti che ben diversamente l’interessano, quali la giustizia e l’asta delle frequenza televisiva».

“Lavoro, torna il reintegro” titola in prima pagina AVVENIRE. All’interno è ancora più esplicito, con un «Monti ci ripensa» sul ripristino del reintegro per i licenziamenti economici ritenuti infondati che fa il paio con il titolo della pagina accanto «Articolo 18, la rivolta delle imprese», con la reazione di Confindustria, Abi, Alleanza delle Cooperative e Ania. Il «cartello dei produttori» giudica il ripristino del reintegro un «arretramento» e dice che «piuttosto che una cattiva riforma è meglio non fare nessuna riforma». L’editoriale di Francesco Riccardi plaude al metodo messo in campo dal Governo, che ha portato «a una sintesi politica così ampia», per cui «si è esaltata la funzione di rappresentanza e di competenza specifica dei corpi intermedi negando però a sindacati e associazioni d’imprese poteri di veto e l’arroganza dei blocchi di potere». E tuttavia mette in luce come la cartina di tornasole per questa riforma sarà il suo impatto sui giovani, che oggi è difficile valutare, e sottolinea come, se è vero che da qui a 15 anni il 50% degli occupati lavoreranno come liberi professionisti da casa e i lavoratori dipendenti tradizionali resteranno solo nella produzione manifatturiera, «la riforma di cui discutiamo non avrebbe fatto neppure il primo passo nella direzione di promuovere e tutelare in maniera nuova la capacità autoimprenditoriale di noi e dei nostri figli». 

Apertura che mette in luce i pro e i contro del disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro chepassa ora alle Camere. “Articolo 18, torna il reintegro”, titola LA STAMPA in apertura, puntando l’attenzione sul passaggio più controverso della riforma, che fa segnare una marcia indietro del governo (Monti comunque dice: «È una riforma storica»). «Bersani canta vittoria. Il Pdl: era meglio nulla», «Camusso cauta: “Temo sorprese”», «L’ira delle imprese» è la carrellata di reazioni a caldo dei partiti, del sindacato e degli industriali. A chiudere le 4 pagine che il quotidiano dedica al tema, l’allarme lanciato ieri da Bankitalia in occasione del convegno “La famiglia, un pilastro per l’economia del paese”: «Crolla il reddito delle famiglie, costrette a fare da ammortizzatori sociali. Secondo i calcoli fatti dall’Istituto, nel biennio 2008-2009 la disponibilità delle famiglie è crollata del 4%. In molti casi il minor reddito è stato determinato dalla necessità di sostenere almeno un figlio convivente rimasto senza lavoro. Le famiglie hanno mantenuto i propri standard di vita riducendo la loro propensione al risparmio e grazie al sostegno di una ricchezza reale e finanziaria ancora elevata. Non è tuttavia una situazione sostenibile, avverte Bankitalia».

E inoltre sui giornali di oggi: 

SUICIDI
MANIFESTO – “Se fallire è come morire” è questo il titolo dell’apertura di pagina 6 che parla dell’aumento dei suicidi dei piccoli imprenditori per parlare del “tentativo di una rete di psicologi volontari per fermare la scia dei suicidi”. Il sommario spiega “L’iniziativa nazionale di artigiani, commercianti e micro impresari per aiutare, con i professionisti della psiche, chi soccombe alla catastrofe economica ma anche al paradigma culturale che identifica l’insuccesso con l’incapacità”, in evidenza il numero “24,6” ovvero la percentuale registrata nell’aumento dei suicidi per motivi economici tra il 2008 e il 2010, i tentativi sono cresciuti del 20%. Nell’articolo si osserva che «il fallimento non è solo economico» soprattutto quanto si eredita un’impresa familiare in cui lavorano i parenti «Diventa un problema esistenziale – spiega la dottoressa Isabella Brusa, tra i coordinatori del progetto Terraferma e psicologa a Milano e Varese – che coinvolge aspettative più personali, culturali, identitari, psicologici. La crisi viene vissuta con colpevolizzazione e vergogna, cme sintomo di un’incapacità personale». 

L’AQUILA
AVVENIRE – A tre anni dal sisma del 6 aprile, per AVVENIRE all’Aquila c’è una «rinascita con il fiatone». In particolare si anticipano i risultati del progetto At.Ab. finanziato dalla Protezione civile che studiato i sogni e i disegni di bambini terremotati.Il 3% dei minori ha disturbi post traumatici da stress, il 18% un disagio psicologico consistente, il 73% un generale disturbo psicologico, di cui un quarto un vero e proprio problema psichiatrico. Anche tra gli adulti i casi di depressione sono quadruplicati e la sedentarietà è raddoppiata. «L’Aquila è un formicaio di automobili perché non esiste più un centro, Chi non lavora e non guida è preda della solitudine e della tristezza». Il 70% di chi vive nelle newtown si sente isolato e solo il 20% nutre speranza per il futuro.

FAMIGLIE
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 13 le riflessioni di Bankitalia: “Mezzo milione di famiglie in aiuto dei figli senza lavoro”. Scrive il Corriere: “Ma è la famiglia-ammortizzatore sociale che fa pensare: la Banca d’Italia stima che nella tarda primavera del 2009, circa 480 mila famiglie abbiano sostenuto almeno un figlio convivente che aveva perso il lavoro nei dodici mesi precedenti, utilizzando gli stipendi o le pensioni. E comunque la crisi ha ampliato il divario tra la condizione economica e finanziaria dei giovani, che appaiono comunque in ritardo nell’intraprendere percorsi di vita autonomi per la mancanza di sicurezza nel lavoro, e quella del resto della popolazione: tra il 2008 e il 2010 la quota di famiglie povere in base al reddito e alla ricchezza è cresciuta di circa 1 punto percentuale per il campione nel suo complesso e di circa 5 punti per le famiglie dei giovani”. 

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