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Lavoro: Ichino, dal 2001 precari non sono aumentati

In un intervento sul Corriere della Sera, il giuslavorista Pietro Ichino torna a difendere la legge 30

di Redazione

LEGGE BIAGI/ ICHINO:DA 2001 PRECARI NON SONO CRESCIUTI (CORSERA) ———————————————————————— LEGGE BIAGI/ ICHINO:DA 2001 PRECARI NON SONO CRESCIUTI (CORSERA) ZCZC0193/APC 20060426_00193 4 eco gn00 LEGGE BIAGI/ ICHINO:DA 2001 PRECARI NON SONO CRESCIUTI (CORSERA) Tra 2001 e 2005 stazionaria quota di contratti a termine Roma, 26 apr. (Apcom) – Chi accusa la legge Biagi di aver aumentato il lavoro precario sbaglia bersaglio. In un intervento sul Corriere della Sera, il giuslavorista Pietro Ichino torna a difendere la legge 30 e spiega: “i dati dimostrano che tra il 2001 e il 2005 la quota di contratti a termine sul totale dell’occupazione, aumentata dal 12 al 14% nel corso degli anni ’90, è rimasta stazionaria. Forse – dice Ichino – sono aumentati coloro che restano a lungo ‘impigliati nel precariato: la soluzione è nella formazione e nell’orientamento”. Sulla base degli ultimi dati Istat Ichino trae infatti due considerazioni: “la prima è che il forte aumento dell’occupazione complessiva in Italia ha avuto inizio nel 1998, ha raggiunto la sua punta massima del +2,6% nel 2001 ed è poi proseguita in modo assai meno marcato dal 2002 al 2005. La seconda cosa che si trae da questi dati è che la quota dei contratti a termine rispetto al totale dell’occupazione è aumentata dal 12 al 14% nel corso degli anni ’90 ma non nel corso dell’ultima legislatura. Quanto alla percezione diffusa del precariato più grave rispetto al passato, Ichino la confuta con i dati: “è ben vero che secondo gli ultimi dati forniti dalla Banca d’Italia – sottolinea – di coloro che sono passati dal non lavoro del 2004 a un lavoro dipendente o autonomo nel 2005, il 40,5% l’ha trovato nella forma del contratto a termine, del lavoro interinale o a progetto. Ma se la quota complessiva di quei contratti di lavoro precario resta contenuta ben al di sotto del 20% del totale, questo significa che in due casi su tre (se non tre su quattro) essi si trasformano abbastanza rapidamente in lavoro a tempo indeterminato”.


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