Cooperazione sociale

Lavoro e politiche pubbliche: l’innovazione sociale esca dai confini della sperimentazione

L'evento per i 25 anni della cooperativa sociale L'Innesto tenuto a Monasterolo del Castello in provincia di Bergamo ha messo sul tappeto alcuni dei temi focali la tenuto del sistema di welfare della Valcavallina. Una paradigma per tutte le aree interne. Le riflessioni dell'innovation manager del consorzio Cgm intervenuto ai lavori

di Flaviano Zandonai

Forse è proprio vero che siamo a un importante punto di svolta per quanto riguarda l’innovazione nel Terzo settore e in particolare nell’impresa sociale. Non solo perché ci sono nuove frontiere a cui tendere – una su tutte l’intelligenza artificiale generativa – ma perché cambia il versante della sfida trasformativa. Il tratto tipico dell’innovazione, cioè la sua “radicalità”, si sposta sempre più dall’offerta alla domanda. Quello che oggi è disruptive viene quindi non dall’ennesima soluzione “effetto wow” ma da sfide di sviluppo poste dalle imprese sociali agli ecosistemi d’innovazione.

Due esempi su tutti. Il primo riguarda l’innovazione tecnologica chiamata a fare i conti con una ridefinizione profonda del mercato del lavoro dell’imprenditoria sociale perché nonostante gli sforzi dell’adeguamento contrattuale – peraltro attuati a macchia di leopardo dalle pubbliche amministrazioni – rimangono, e rimarranno, scoperti molti posti in organico stante la crisi demografica e un appeal del lavoro sociale che non si ricostruisce dall’oggi al domani. La tecnologia, da questo punto di vista, non è però né la panacea né il tappabuchi. Può essere invece un fattore abilitante non solo rispetto a utenti e beneficiari ma anche nei confronti di lavoratori e volontari a patto che questi assumano un ruolo non esecutivo rispetto a supporti pronti all’uso, ma di accompagnamento alla fase di adoption di tecnologie che ormai abbondano e sono, tutto sommato, facilmente accessibili. In questo quadro per creare lavoro sociale di qualità attraverso le tecnologie è però necessario ampliare il focus degli investimenti dalle sole tecnologie dell’efficienza che si collocano a livello gestionale, a soluzioni che arricchiscono i modelli di servizio di una componente phygital sperimentata durante il Covid e poi in gran parte abbandonata nonostante gli ampi margini di miglioramento.

Il secondo esempio riguarda l’innovazione sociale rispetto alla quale, se sì vuol fare sul serio, è necessario “scalare” dai processi alle istituzioni. Negli ultimi anni infatti gli investimenti principali su questo fronte hanno riguardato il redesign dei servizi e dei processi sociali a base comunitaria.

L’impressione è che questo sforzo, sostenuto in particolare grazie ai contributi delle fondazioni, non sia riuscito a sfondare il tetto di cristallo delle politiche e, con esse, delle forme istituzionali. Gli sforzi di coprogettazione non riescono così a dare vita a una nuova generazione di veicoli ibridi pubblico privati in grado di cogestire sistemi di welfare su nuove basi. Ed è per questo che l’assenza di un’adeguata cornice istituzionale riduce la partita della sostenibilità a pur necessari – ma non sufficienti – adeguamenti tariffari.

Un momento di una delle tavole rotonde che hanno animato l’evento per i 25anni della cooperativa sociale L’Innesto del 20 gennaio presso la Casa del Pescatore di Monasterolo del Castello (Bg)

Questi temi sono emersi nel corso di un convegno per i 25 anni della cooperativa sociale L’Innesto. Un’esperienza di impresa sociale comunitaria che opera nell’area intermedia” della Val Cavallina in provincia di Bergamo. Territori a scavalco di aree urbane e zone interne che potrebbero candidarsi a laboratorio di nuove governance territoriali dove anche le imprese tradizionali possono essere coinvolte considerando il ritorno di alcuni segmenti del welfare in termini di coesione e competitività. E forse fare anche da advocacy rispetto a livelli meso (Regioni) e macro (Stato) dove queste istanze faticano a crescere di rilevanza nell’agenda politica.

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