Welfare

Lavoro e disabili. Cosa non va Se gli industriali aprissero gli occhi…

Primi accordi fra privati e non profit sulla base della legge del collocamento dei portatori di handicap. Le imprese sociali formano i lavoratori.

di Giampaolo Cerri

Per fortuna che c’è la cooperativa sociale. Sul fronte dell’inserimento al lavoro dei disabili, il mondo cooperativo sembra al momento l’unica risorsa possibile. L’ultima legge sul collocamento obbligatorio, la 68 del 1999, ha messo in campo alcuni strumenti che fanno dell’impresa sociale in particolare e del non profit in generale, una sponda fondamentale. A tre anni dall’approvazione, su questo fronte si stanno registrando a livello locale i primi protocolli d’intesa, fra imprenditori e consorzi sociali. «Sì, la legge riconosce infatti alle imprese di poter adempiere all’obbligo di assunzione anche stipulando convenzioni per l’inserimento», dice Silvia Guazzini, che si occupa di politiche del lavoro al consorzio Cgm. In pratica, si prevede che per un periodo di 12 mesi, prorogabile di altri 12, un disabile, pur assunto da un’azienda profit, venga collocato in una cooperativa idonea all’inserimento che ne curi formazione e accompagnamento al lavoro e, successivamente, nel caso dell’inserimento vero e proprio, il tutoraggio. I vantaggi di un’alleanza fra profit e non profit su questo terreno sono evidenti: le aziende non devono provvedere direttamente alla selezione del personale (la legge ha infatti introdotto anche la chiamata nominativa dei portatori di handicap, ndr), ma la delegano a chi ne ha le competenze. In più, la formazione e la delicata fase iniziale avvengono in un contesto maggiormente idoneo per il lavoratore svantaggiato. Insomma, chi può insegnare il lavoro a persone disabili, meglio di chi lo fa già, e bene, per mestiere? Cooperazione a una svolta «Le cooperative sociali devono imparare a considerare le aziende profit come clienti oltre che come competitori sugli stessi mercati», conferma la Guazzini, «un processo che implica almeno due cambiamenti: uno culturale, di fondo, e uno imprenditoriale che riguarda la capacità della cooperativa di tipo b di confrontarsi con alcune aree merceologiche di prodotti e di servizi appartenenti a settori non marginali». Sono dello scorso anno le prime intese siglate a livello locale in varie parti d’Italia. Brescia era stata una delle prime: già nel 2000, l’Aib-Associazione industriali bresciani si era accordata con le cooperative del SolCo. «A oggi, sono una quarantina gli inserimenti», dicono dalla sede del raggruppamento cooperativo dove ricordano, nello stesso periodo, un’iniziativa della Provincia (ente competente in base alla nuova legge) che ha coinvolto lo stesso consorzio e 37 aziende private, portando all’inserimento di un centinaio di lavoratori. Il tutto grazie ad attività formative realizzate dalle cooperative sociali per 10 milioni di euro. Anche a Firenze si è messo nero su bianco un accordo. Protagonisti, un anno fa, il consorzio Co&So (oltre 30 coop sociali) e il Comitato piccola impresa di Assoindustria. «Abbiamo voluto sottoscrivere questo accordo che ci consente di dare risposte di profilo sociale a un obbligo di legge», dice il presidente degli industriali fiorentini Enrico Bocci, che ha firmato un’ analoga intesa con l’Amig-Associazione minorati gravi, «fino a oggi si è lavorato molto su iniziative di formazione». Come imprenditore Bocci sottolinea che l’aspetto positivo della nuova norma è senza dubbio «la selezione mirata del personale: non tutti i disabili possono fare tutte le mansioni, come la vecchia legge avrebbe preteso». Il futuro, dice l’industriale, «è sviluppare strutture di rete con l’impresa sociale: le piccole imprese potrebbero mettere in comune il proprio personale svantaggiato esternalizzando, con le competenze delle coop, alcune delle proprie funzioni produttive». Dal Co&So, l’amministratore delegato dell’area fiorentina, Claudia Fiaschi , e il responsabile di alcuni progetti di formazione, Mauro Tamborrino , osservano però che gli industriali fiorentini per il momento non hanno voluto usare questo strumento. «Non mi pare si sia andati molto al di là dell’annuncio, purtroppo», dice la Fiaschi. «Abbiamo lavorato di più sulle attività formative, attingendo al Fondo sociale europeo», dice Tamborrino. Progetti in cui si sono formate alcune decine di magazzinieri, addetti alle pulizie, assemblatori che poi hanno trovato lavoro nelle imprese fiorentine. «Sono i disabili con un basso livello di istruzione il vero zoccolo duro di disoccupazione», spiega Tamborrino; «con la chiamata nominativa, infatti, il portatore di handicap laureato non arriva ormai quasi più all’ufficio di collocamento: le aziende lo intercettano prima». Industriali, dietrofront? Su tutto grava l’ipoteca economica. Come spiega il rappresentante di Confindustria sui temi dell’handicap, Davide Cervellin. «La defiscalizzazione per adattare i posti di lavoro e gli incentivi, pur previsti, non sono mai stati liquidati perché sono mancati i relativi finanziamenti», dice, « e le aziende che hanno assunto nel 2000 non hanno ricevuto ancora un euro». Ma la contrarietà non si ferma qui: «Una legge da riscrivere», prosegue l’industriale, in controtendenza rispetto alle sue associazioni locali; «l’idea di computare uno in cooperativa ma che non abbiamo assunto noi, è un controsenso: una sorta di interinale alla rovescia. E poi, si pensa alle coop come ambiente positivo per il disabile. Ambiente abbandonato dopo 24 mesi: così il lavoratore si integra nel modello della cooperativa, non in fabbrica. È solo formazione? Ma allora perché non inserire i disabili direttamente con stage e apprendistato?». Confindustria ha già consegnato le sue proposte al sottosegretario al Welfare, Grazia Sestini: «Chiediamo di rimuovere i limiti temporali». Ma il punto è che «il sistema impresa non debba farsi carico di un costo assistenziale: l’impresa assume lavoratori, non disabili». Quei due articoli della legge 68/99 Sono due lunghi articoli delle legge 68/99 a creare le potenzialità per l’inserimento lavorativo dei disabili con l’ausilio della cooperazione sociale. L’articolo 11 disciplina lo strumento delle convenzioni. Rapporti giuridici che possono coinvolgere gli uffici di collocamento, le aziende e le coop sociali. Queste ultime possono essere coinvolte nella formazione e nel tutoraggio in azienda dei lavoratori inseriti. L’articolo 12 disciplina invece l’inserimento temporaneo: il datore di lavoro assume formalmente il disabile, impegnandosi (con una convenzione) a fornire alla cooperativa le commesse necessarie a farlo lavorare. Scaduti i termini (12 mesi, rinnovabili di altri 12), il lavoratore viene inserito stabilmente nell’azienda . info Impresa sociale, è la rivista di Cgm dedicata alla documentazione e alla ricerca sulla cooperazione e sul non profit in genere. Nel 2000 ha dedicato alla legge 68/1999 un volume monografico che è ancora una delle pubblicazioni più complete sulla nuova norma. All’interno, contributi di sociologi, cooperatori, amministratori e industriali. Info: Consorzio CGM tel. 030.2893411


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