Welfare

Lavoro e consumo: il patto che non c’è

La strada che non è ancora stata percorsa, e forse nemmeno immaginata, nel dibattito sulle piattaforme digitali è quella di una nuova alleanza tra lavoro e consumo. Le piattaforme cooperative che stanno nascendo in questi mesi dovrebbero partire proprio da qui

di Ivana Pais


L'ampio dibattito in corso sulle piattaforme digitali sta trascurando una questione centrale: il ruolo delle coalizioni sociali. Il modello di capitalismo basato sulla produzione di massa della metà del secolo scorso era fondato su una coalizione di manager di mega-aziende come General Motors o la Fiat e stakeholder interni ed esterni, incluso il lavoro, mentre il modello della fine del ventesimo secolo, costruito su “rete di contratti” — rappresentato da Nike — si fondava su una coalizione di manager e investitori di tipo “smantella e vendi”, orientati all’esternalizzazione e al taglio dei costi di produzione.

Il capitalismo dell’inizio del ventunesimo secolo esce dal campo della produzione per spostarsi in quello dell’intermediazione, crea valore attraverso la capacità di estrarre e sfruttare grandi quantità di dati e si basa su un’alleanza tra proprietari/investitori di piattaforme come Amazon o Uber e consumatori. Il venture capital mette a disposizione capitale paziente in attesa di rendite di posizione derivanti dalla conquista di posizioni dominanti. Le piattaforme, una volta raggiunto il monopolio in un settore, si muovono lateralmente entrando in nuovi mercati.

L’ossessione del cliente non è solo una strategia di marketing: i consumatori producono valore attraverso i loro dati, sostituiscono (almeno parzialmente) il management nella valutazione della forza lavoro e della forza vendita e a volte esercitano la loro “voice” politica a favore delle piattaforme. In questa configurazione, i consumatori sono arruolati — spesso inconsapevolmente — nell’alleanza contro il lavoro.

La critica al modello piattaforma finora ha seguito due strade. La prima è quella del “lavoro digitale” che chiede di riconoscere le attività svolte dal consumatore che creano valore come lavoro. Questo approccio reintroduce la questione del lavoro, ma in un’accezione che lo colloca in una posizione di marginalità e fatica a riconoscere le specificità del consumo. La seconda è la strada delle piattaforme etiche che provano a riaffermare la centralità della dignità del lavoro, ma scaricando i costi sul consumatore. Un approccio che trova i suoi limiti nella dimensione di nicchia del consumo critico.

La strada che non è ancora stata percorsa e forse nemmeno immaginata è quella di una nuova alleanza tra lavoro e consumo. Le piattaforme cooperative che stanno nascendo in questi mesi forse dovrebbero partire proprio da qui.

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