Occupazione
Lavoro domestico, sono 51mila i lavoratori under 30
Secondo l’Osservatorio Domina che ha redatto l’ultimo rapporto annuale che si focalizza sull’evoluzione degli occupati giovani i dati delle serie storiche mostrano una crescita degli occupati nel 2020 influenzata, come nel 2012 dalle regolarizzazioni. Gli occupati italiani comunque registrano una crescita passando dai 14mila del 2012 a quasi 18mila nel 2022 (+21%). La maggioranza è impiegato come badante, mentre il rimanente 42% è colf. L’82% sono donne
di Redazione
Nonostante quello del lavoro domestico sia da sempre considerato un settore in cui vi è una maggiore presenza di lavoratori “anziani” nella realtà gli under 30 che se ne occupano sono 51mila ed il dato è significativo soprattutto per gli italiani.
Il Rapporto annuale sul lavoro domestico, curato dall’Osservatorio Domina, si focalizza anche sull’evoluzione dei giovani (under 30) nel settore del lavoro domestico. Questi 51mila lavoratori domestici (regolari), rappresentano il 5,7% totale lavoratori domestici.
L’analisi della serie storica – si legge in una nota – evidenzia come il valore sia tornato a crescere a partire dal 2020 e come nel 2022 si registri una nuova flessione. La crescita del 2020 esattamente come quella del 2012 è influenzata dalle regolarizzazioni messe in atto nell’anno che di fatto hanno portato a far crescere il peso dei giovani nel lavoro domestico.
Questi dati complessivi nascondono due tendenze opposte, che vengono messe in evidenza considerando separatamente i lavoratori italiani da quelli stranieri. Le serie storiche esprimono chiaramente le tendenze in corso negli ultimi dieci anni: nel 2012 i lavoratori domestici italiani “giovani” erano 14mila, negli ultimi dieci anni il numero è cresciuto arrivando a quasi 18 mila nel 2022 (+21%). Malgrado il trend di crescita sia confermato nel lungo periodo si registra una forte flessione nell’ultimo anno.
I lavoratori stranieri, invece, hanno registrato dal 2012 al 2019 un trend opposto, di calo costante, invertito solo nel 2020-21 a seguito delle procedure di emersione attuate per fronteggiare la pandemia. Complessivamente, il numero di lavoratori stranieri è diminuito del 75% nel periodo 2012-2022. Il calo degli stranieri e il contemporaneo aumento degli italiani hanno avuto come conseguenza diretta l’aumento, in percentuale, della componente autoctona, passata dal 9,9% al 35% del totale under 30. Quindi se nel 2012 solo il 10% dei lavoratori under 30 nel lavoro domestico era italiano, oggi la percentuale è aumenta al 35%.
Giovani lavoratori domestici con nazionalità italiana
Si tratta di quasi 18mila giovani lavoratori domestici che nel 2022 avevano meno di 30 anni. Per quanto riguarda la composizione per genere e per tipologia di rapporto, le donne rappresentano l’82% del totale. La maggior parte di questi giovani domestici (58%) si occupa di assistenza alla persona “Badante”, mentre il restante 42% è inquadrato come Colf.
Mediamente guadagnano 3.700 euro, importo medio che deriva sia dall’orario ridotto (il 55% lavora meno di 19 ore a settimana) sia dalla durata dei contratti per un lavoratore su due non supera i 6 mesi. Solo il 7% supera i 10mila euro di retribuzione annua, del resto meno di un lavoratore su dieci lavora almeno 35 ore a settimana. La maggior parte di questi lavoratori si trova nel Sud 47%, dove la disoccupazione giovanile è un fenomeno più radicato.
A livello regionale, il maggior numero di lavoratori domestici di nazionalità italiana si concentra in Sardegna (3,2 mila), addirittura più che in Lombardia (2 mila) e Lazio (1,8 mila). Pur essendo una regione molto meno popolosa rispetto alle altre due, questo dato non deve sorprendere, dal momento in cui, in Sardegna, ben l’82% dei lavoratori domestici ha cittadinanza italiana.
Andando a vedere l’incidenza di questi lavoratori “giovani” sul totale emerge che in Calabria un lavoratore domestico su 10 è under 30. Di contro, il fenomeno è molto basso in Veneto (4,3%) ed Emilia Romagna (4,4%).
Situazione diversa per quel che riguarda i giovani lavoratori stranieri, che sono oltre 33mila nel 2022. Nella maggior parte dei casi si tratta di colf (66%) e l’analisi di genere mette in evidenza la forte presenza maschile (42%). Elementi che evidenziano come i dati siano influenzati dalla recente regolarizzazione, in molti casi il lavoro domestico è la porta d’ingresso per il lavoro regolare, ma una volta acquisiti i documenti i migranti cambiano settore economico.
Rispetto agli italiani guadagnano di più (5.200 euro), infatti il 41% lavora dalle 25 alle 29 settimane ed il 55% ha dichiarato nel 2022 almeno 6 medi di lavoro. Diversamente dagli italiani si trovano al Nord (59%), dato in linea con la maggiore presenza straniera nelle regioni del Nord d’Italia. Mentre le regioni con la maggiore incidenza sono Campania (7,2%), Calabria (7,0%) e Sicilia (7,0%).
Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario Generale di Domina, «Il lavoro domestico rappresenta non solo una necessità per le famiglie italiane ma anche, specialmente nei momenti di crisi economica, un’opportunità di lavoro per i giovani. Anche per i giovani italiani questo settore può essere un’opportunità di lavoro. In particolare, nelle regioni del Sud caratterizzate da un alto tasso di disoccupazione giovanile, il lavoro domestico può rappresentare un ambito di lavoro sicuro, formativo e duraturo».
In apertura foto di © D. Salmaso/Ag.Sintesi
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