Welfare
Lavoro, Acli: raccontare le donne per infrangere la regola del silenzio
Acli porta al Palazzaccio della Cassazione un incontro sulle donne che hanno fatto la differenza: sullo fondo i numeri della sua ricerca sull'occupazione femminile. Al convegno anche gli sceneggiatori della serie televisiva dedicata a Lidia Poët, la prima donna in Italia a laurearsi in Giurisprudenza
di Redazione
Scalfire il soffitto di cristallo della discriminazione di genere. La consapevolezza che molto si è fatto in tema di donne e lavoro, ma anche che quel confine non è stato ancora abbattuto. Perché? Perché una donna ai vertici fa ancora scalpore e perché si fa fatica ad elaborare un linguaggio che sia rispettoso della parità. Si fa fatica ad abituarsi. Di questo e molto altro si è parlato nel corso di “Prime donne in un mondo dispari: storie di legge e di giustizia”, convegno organizzato in Cassazione da Acli.
Il punto di partenza? I dati della ricerca delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – Acli, uscita nel 2022, “Lavorare dis/pari”, che ha certificato l’attuale condizione di disparità tra uomini e donne nella sfera lavorativa ed economica. L’incontro è stato anche l’occasione per raccontare le donne da una prospettiva diversa e ricordare quelle che hanno contribuito a cambiare le cose, per ripercorrere le conquiste a livello legislativo che le hanno raggiunto per ottenere alcuni diritti fondamentali. A partire da Lidia Poët, la prima in Italia a laurearsi in giurisprudenza nel 1881, che con forza e determinazione si è battuta per esercitare la professione per cui aveva studiato, fino a riuscire ad entrare nell’ordine degli avvocati. «Il 2023», ricorda Chiara Volpato, responsabile nazionale del coordinamento Donne Acli», non è un anno qualunque, ma è il sessantesimo anniversario della legge 66 che ammise le donne ai pubblici uffici e alle professione. Una legge che non sarebbe stata necessaria se non fossero sopravvissuti privilegi, diffidenze e poteri».
La serie su Lidia Poët non è solo intrattenimento, ma vuol dire entrare in un mondo del tutto superato, irto di ostacoli alle donne e in un mondo dominato dagli uomini. Raccontare vuol dire infrangere la regola del silenzio.
Chiara Volpato, responsabile nazionale del Coordinamento Donne ACLI
Un treno proiettato nel futuro
Protagonista della serie Netflix “La legge di Lidia Poët”, piemontese di Perrero (comune del torinese), nata nel 1855, laureata in giurisprudenza il 17 giugno 1881 dopo aver discusso una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne, Lidia non si è mai arresa ad una società che le negava il diritto di esercitare la professione di avvocato. Non basteranno due sentenze a fiaccarla. Portata sul piccolo schermo da Matilde De Angelis, l’avvocata è stata “disegnata” dagli sceneggiatori Elisa Dondi, Davide Orsini e Guido Iuculano. «Lidia è un treno proiettato nel futuro – spiega Elisa Dondi, che non parteciperà alla stesura della sceneggiatura della seconda stagione – e correva ad una grandissima velocità. Le aveva una visione del futuro che gli altri non avevano e una forza vitale trascinante». Una visione che, ricorda sempre Dondi, non viene concretizzata con rabbia, ma con fantasia, eleganza ed ironia. «Lidia mette al centro della sua vita l’indipendenza economica, una consapevolezza che è quasi uno spartiacque: vuol dire non dipendere da nessuno e di autodefinire il nostro percorso».
Lidia è l’emblema di tutti gli emarginati. L'ironia con cui l’abbiamo immaginata ha aperto una breccia nel pubblico, creando nello spettatore più resistente un’empatia nei confronti del personaggio. Grazie a questa operazione anche i ragazzi di oggi possano avvicinarsi a certi temi.
Davide Orsini, sceneggiatore di “La legge di Lidia Poët”
I numeri di Acli
Secondo "Lavorare dis/pari, ricerca su disparità salariale e di genere", studio di Acli pubblicato a ottobre 2022, il cosiddetto "lavoro povero" è una prerogativa femminile: tra i lavoratori/trici saltuari/e coloro i quali hanno un reddito annuo complessivo fino a 15mila euro sono il 68% tra le donne, percentuale che scende al 51,5% tra gli uomini. Ma anche tra i/le lavoratori/trici stabili i valori registrati per la stessa fascia di reddito sono rispettivamente del 24,6% contro il 7,8%. Le donne giovani sono, dunque, quelle più a rischio povertà: nella fascia d’età tra i 30 e 39 anni, ben il 14,5% delle lavoratrici si trova in povertà assoluta rispetto al 6,8% degli uomini; percentuale che sale al 22% se consideriamo anche chi si trova in povertà relativa e al 38,5% per i redditi complessivi fino a 15 mila euro.
Lidia Poët rappresenta un modello di ruolo valido tutt'oggi, per tutte e per tutti. Per la visionarietà, la determinazione e il coraggio con cui ha messo a terra il suo sogno.
Chiara Viale, autrice di “Lidia e le altre. Pari opportunità ieri e oggi: l’eredità di Lidia Poët”
Il coraggio di Rosanna Oliva
Non solo Lidia Poët, il convegno è anche l'occasione per ripercorrere la storia della sentenza 33 del 1960 della Corte Costutuzionale, dalle vive parole di Rosanna Oliva de Conciliis, giurista, attivista, presidente onoraria della Rete per la Parità APS e scrittrice italiana, conosciuta per aver vinto, nel 1960, il ricorso presso la Corte Costituzionale, dopo il rifiuto, in quanto donna, del Ministero dell'interno di ammetterla al concorso per la carriera prefettizia. Una sentenza rivoluzionaria che ha cambiato la vita delle donne e della collettività. Una donna in prima linea anche nella battaglia per il doppio cognome.
C'era una resistenza degli uomini a mantenere il potere e c'è ancora con una visione miope che li penalizza.
Rosanna Oliva
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