Welfare

Lavoro

Per far capire il significato vero di questa parola, Maria Nowak fa ricorso a un numero: nella ricca Europa l’82% delle aziende sono microimprese.

di Christian Benna

L?iniziativa della Nowak è stato un successo strepitoso capace di alleggerire le casse dello Stato dal fardello di tanti sussidi e anche di fare breccia nell?establishment francese. Nel 2000 Laurent Fabius, ministro francese dell?Economia ha chiamato Maria Nowak al suo fianco, nominandola consigliera speciale. Eppure la ?banchiera dei poveri? sa bene che tutto questo è solo un primo passo. Non solo per tentare di mettere all?angolo la povertà, ma soprattutto per cambiare le regole di un mondo del lavoro sprofondato tra la precarietà e il panorama poco esaltante del Bonjour paresse – sull?arte di fare il meno possibile in azienda, dal titolo del best-seller di Corinne Maier, un affresco dolce-amaro sulla moderna alienazione della vita nelle grandi multinazionali. Vita: Signora Nowak, lei sostiene che il mondo stia vivendo l?alba di una nuova rivoluzione. Dall?economia di massa verso una nuova economia dell?individuo. Come cambia il lavoro? Maria Nowak: Negli ultimi 50 anni, in Europa, ci siamo abituati all?idea che il lavoro ?vero? sia quello dipendente e salariato. Ma è stata un?illusione che oggi si sta pagando a caro prezzo sulle spalle dei più deboli. La deindustrializzazione continua a lasciare migliaia di persone orfane della fabbrica, del posto fisso e del reddito garantito. Un dramma sociale, ma inevitabile. E invece in tanti, gli stessi lavoratori ma anche i sindacati, continuano a chiedere maggiori tutele o le famose 35 ore. Sono battaglie anacronistiche, nostalgiche e certo non serviranno a tornare indietro nel tempo. Il tutto mentre in Paesi come la Francia, fino a poco tempo fa, non esistevano leggi adeguate a riconoscere il lavoro indipendente e la piccola iniziativa privata. Vita: L?impresa, grande o piccola che sia, è sempre un rischio. Lei immagina davvero un mondo costituito da liberi professionisti? Nowak: È già così. Solo che nessuno sembra esserne consapevole. La forma di lavoro più diffusa al mondo è indipendente. L?82% delle aziende europee è costituita da micro-imprese o Pmi che funzionano benissimo e garantiscono un modello di lavoro molto migliore delle big corporation. Il problema di fondo dei nostri giorni è che tante persone indigenti sono escluse dall?accesso al credito. E ciò ne è impedisce lo sviluppo individuale e la crescita delle economie nazionali. Ricordo ancora l?immagine di Moussa, un piccolo lustrascarpe che ho incontrato nel Mali. Voleva a tutti i costi lucidarmi i sandali. Io gli ho chiesto: con i soldi che guadagni cosa ne fai? E lui: una metà la tengo per mangiare e l?altra la do al mio padrone. E chi è il tuo padrone? Il proprietario della spazzola. Proprio così disse quel ragazzino. I poveri non sono mai veramente tali, non si può giudicare una persona dal suo portafoglio. Sono però degli esclusi, messi da parte da quel minimo di capitale che ne renderebbe degli imprenditori tout court. Il giorno in cui mi sono resa conto che si poteva permettere alla gente di cambiare la propria vita, allora mi sono impegnata. Per offrire chance, ma non carità o assistenza. Vita: Lei insiste molto nella creatività del lavoro. Ma non tutti hanno queste doti. Nowak: Lavoro più capitale: creazione di ricchezza. È l?equazione economica di base senza la quale non si va da nessuna parte. Il resto ce lo mette l?individuo. Il mondo artigiano ha forgiato con la sua fantasia la nascita dell?Europa. E così è stato fino a metà del secolo. Certe qualità non si perdono. Lo dimostrano le esperienze dei Paesi ex comunisti. Dopo un periodo di crisi, i Paesi emergenti dell?Est hanno ritrovato lo spirito creativo che c?è, con gradi diversi, in ogni uomo. Vita: La grande paura europea è però il precariato. Il lavoro che prende mille nomi a seconda dei contratti e impedisce alla persone di costruirsi un futuro. Lei cosa ne pensa? Nowak: Da noi è necessario cambiare le teste. Modificare la psicologia delle persone. Ed è un compito realmente complesso e delicato. In Europa dell?Est, come accennavo, è stato il crollo del regime comunista ad aver accelerato i processi. Semplice-mente perché la gente non aveva altra scelta. Torme di disoccupati, messi alle strette dalle prospettive della fame, si sono messi a creare delle imprese. In Occidente invece, non c?è stata – per fortuna – un?ondata così travolgente. E credo che oggi ci voglia un?azione dei governi e soprattutto delle collettività locali per dare una sveglia e promuovere nuove forme di impresa, democratizzando la finanza con il microcredito. Vita: Qual è il ruolo dello Stato nelle politiche del lavoro? Nowak: L?iniziativa privata spesso è illegale. Mi riferisco al piccolo venditore ambulante, o a tante imprese di pulizia e a molti addetti dell?edilizia. Tutto questo mondo sommerso deve essere riconosciuto applicando sgravi fiscali, facilitazioni alla creazione di impresa. Purtroppo però i governi nazionali soffrono dei mali della grandi aziende. Hanno grandi orizzonti, seguono l?emotività dell?opinione pubblica, del cosiddetto comune sentire. E allora nel timore di perdere il consenso si trovano ripieghi accollando alla comunità spese folli per mantenere in piedi imprese decotte e salvare giusto per qualche anno i posti di lavoro. Vita: La piccola impresa, o la ditta individuale, come può sopravvivere nel mondo globalizzato? Nowak: Anche le grandi imprese hanno difficoltà a stare a galla nella mondializzazione. Basti pensare agli scandali societari, bilanci gonfiati e crack vari. Ma non si può tornare indietro. E in questo contesto credo che la piccola e la micro-impresa possano viverci benissimo, perché possono offrire servizi e qualità che i big non riescono più a fornire. L?Italia è un modello interessante di studio. C?è Torino che vacilla seguendo gli scossoni della Fiat, ma c?è anche l?Emilia Romagna. Una regione povera fino a mezzo secolo fa e oggi ricchissima di aziende familiari che vanno a gonfie vele, grazie al concetto di rete e alla solidarietà. Le nuove tecnologie consentono gestioni snelle di impresa e di mantenere il contatto con le altre. E il lavoratore ne beneficia: in qualità della vita e a volte anche in salario. I piccoli per sopravvivere hanno bisogno degli altri, non devono sbaragliare la concorrenza, ma farsi forza a vicenda, partecipare come in un lungo distretto alla filiera produttiva. E così si recupera anche la solidarietà economica e del lavoro. Tutti concetti che sono stati accantonati in 50 anni di economia di scala, ma che fanno parte della nostra tradizione. Vita: Eppure in Italia gli appelli che piovono da più parti, dalle istituzioni alle associazioni degli industriali, sono sempre categorici e si ispirano allo slogan «Piccolo non è più bello»? Nowak: Grande è bello solo per quelli che sono già grandi. Ci sono mercati internazionali, ma ci sono anche mercati locali a cui guardare. Nella nostra società c?è un gran bisogno di servizi, piccoli commerci che completano tutte le carenze delle multinazionali. Il modello che mi ha impressionato più favorevolmente è quello delle cooperative. Perché combina la responsabilità individuale e una sorta di solidarietà tra le persone. Vita: Tuttavia se il lavoro del futuro è indipendente, costruito in una lunga rete di relazioni, gli istituti bancari non sembrano essersene accorti. Il mercato del credito è in forte sviluppo: dal credito al consumo a quello sugli acquisti della casa. Resta invece uno sconosciuto il credito alla produzione. Nowak: Il credito non è quasi mai tale perché si basa su garanzie offerte dal debitore. Quindi c?è sempre l?ipoteca, sulla casa o l?automobile. Fare credito a qualcuno significa accordargli fiducia. Credere nelle sue qualità e nella sua creatività. È ciò che le banche non sanno ancora fare perché tendono a prestare denaro solo ai ricchi. Il microcredito cerca di inserirsi in questo gap, ma anche gli istituti nei prossimi anni faranno sentire la loro voce. Il mercato potenziale è enorme, e la stagnazione economica è una minaccia che sta diventando un incubo per tutti: dal basso verso l?alto. Il recupero della produttività è anche il recupero dell?uomo e del suo rapporto con il lavoro.

Christian Benna

Info Chi è Maria Nowak. La banchiera dei poveri ? Maria Nowak, 70 anni, metà francese e metà polacca, è la vera pioniera del microcredito nel mondo sviluppato. La sua Adie (L’Adie) è una vera case history nel campo della piccola finanza: dal 1989 ha creato 27.947 imprese -come puntigliosamente segnalato dal sito – creando poco più di 33mila posti di lavoro tra persone povere ed escluse dal sistema creditizio. Ha appena pubblicato in Italia un bellissimo libro Non si presta solo ai ricchi (Einaudi, 2005)

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