Salute

Lavorare insieme nella Ricerca

di Don Tullio Proserpio

Ho partecipato ad un interessante evento organizzato da Mauro Ferrari per i giovani ricercatori impegnati in questo particolare ambito. Diversa e’ la provenienza e la formazione, per quanti sono coinvolti nell’ambito della Ricerca presso il Methodist Research Institute.

Non mi sembra niente di particolarmente nuovo tuttavia alcune sottolineature mi hanno colpito.

Houston e’ la città, tra quelle degli Stati Uniti, dove vi e’ la maggior presenza di persone provenienti da diversi paesi stranieri. Maggior presenza anche rispetto a New York.
Lavorare insieme porta lavorare di più, lavorare meglio, e si possono così meglio servire le persone (ammalate).

Studi e analisi condotte, puntualmente pubblicati su riviste scientifiche, dimostrano che lavorare insieme porta ad una crescita in termini di risultati finali. Oltre ad un maggior numero di articoli pubblicati, anche migliori terapie studiate in laboratorio, in sinergia con i clinici.

Questo non significa che lavorare insieme sia semplice, tutt’altro! Sentimenti di invida, gelosia, rivalità, desiderio di primeggiare sull’altro, di non vedersi adeguatamente riconosciuto, apprezzato, ecc., sono una costante quotidiana.

Al di la’ di tutto ciò, mi colpiva questo richiamare la centralità della persona ammalata, o comunque sofferente, e il lavorare insieme.

La persona ammalata e’, per lo meno credo debba essere, il senso dell’agire e dell’operare di quanti a diverso titolo sono impegnati nell’ambito della cura. I fatti di cronaca puntualmente, purtroppo, ci ricordano che talvolta non e’ così. Tuttavia come sempre e in tutte le diverse situazioni “fa più rumore una pianta che cade di una foresta che cresce”. Sono tantissime le persone, spesso anonime o poco conosciute, che offrono il proprio servizio a favore delle persone ammalate e dei familiari al fine di alleviare, per quanto possibile, la fatica del vivere situazioni oggettivamente difficili. Persone spesso anonime ma conosciute da Dio; e il bene compiuto da parte di queste persone non sarà dimenticato da Dio, mai!

Lavorare insieme diventa un ‘obbligo’ se si vuole raggiungere lo scopo: aiutare chi soffre. Questo ‘obbligo’ e’ la conferma, ovviamente dal mio modo di vedere e ‘leggere’ la realtà, della verità della Parola del Bibbia. Ossia che l’uomo e’ creato per vivere insieme e insieme aiutarsi lungo il cammino dell’esistenza. Anche se con diverso significato e collocazione, risuonano le parole di Dio all’inizio della Creazione: “Non e’ bene che l’uomo sia solo”.

Non e’ bene vivere isolati come ‘monadi’, non lasciarsi ‘toccare’ dall’altro, diverso da me, con la sua storia, la sua esperienza, con la sua appartenenza o meno ad una Religione specifica, rivelata o no. L’incontro con l’altro aiuta a comprendere maggiormente chi sono io, offre un importante contributo a realizzare la propria umanità.

L’invito a lavorare insieme e il ‘guadagno’ che uno stile così comporta per tutti (questo e’ ciò che emerge dall’evento che ho vissuto al Methodist), credo diventi segno per guardare con serena fiducia e speranza il nostro futuro.

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