Economia

Lavazza: è tempo di Csr 2.0

Presentato il primo Bilancio di Sostenibilità. Per i due vicepresidenti Giuseppe e Marco Lavazza essere sostenibili è nel Dna dell'azienda: già ottant'anni fa il fondatore condannava la distruzione dei raccolti invenduti.

di Antonietta Nembri

Una presentazione corale quella scelta da Lavazza per il suo primo Bilancio di Sostenibilità. Perché come ha ricordato Giuseppe Lavazza, vicepresidente del Gruppo, la parola condivisione è quella che meglio descrive l’approccio con cui si celebrano i 120 anni di storia dell’azienda. Non solo, nel momento in cui si parla di Csr 2.0 che prevede un approccio a 360 gradi, sono di strettissima attualità le parole che il fondatore del gruppo Luigi Lavazza pronunciò nel 1935 in Brasile vedendo bruciare interi raccolti di caffè invenduto: «In un mondo che distrugge i beni della natura io non ci sto».

A 80 anni di distanza Giuseppe Lavazza riprende e amplia il significato di quelle parole affermando che «la sostenibilità è iscritta nel Dna della nostra azienda». Per cui l’investimento per raggiungerla deve essere allo stesso tempo: creativo, scalabile, glocale circolare ossia patrimonio dell’intero sistema. In poche parole un approccio strategico che non può essere un «viaggio in solitaria». E non sono soli i due vice presidenti Giuseppe e Marco Lavazza a Milano in Cascina Cuccagna, luogo scelto per presentare il primo bilancio di sostenibilità. I partner (nella foto di apertura il gruppo dietro il plastico della nuova sede in costruzione a Torino in Borgata Aurora) intervenuti sono stati: Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e partner del progetto Earth Defenders, l’architetto Cino Zucchi che ha progettato la nuova sede in costruzione a Torino (candidata alla certificazione Leed Gold), Ralph Appelbaum architetto che sta realizzando il museo Lavazza, lo chef e ideatore di elBulli Foundation, Ferran Adrià, Maurizia Iachino presidente di Oxfam Italia con cui Lavazza sta realizzando un progetto tra Haiti e la Repubblica Dominicana in ottica di sostenibilità economica, sociale e ambientale e Catia Bastioli, Ad di Novamont, il cui supporto tecnico ha permesso il lancio della capsula compostabile in Mater-BI.

Tra i partner anche il professor Wayne Visser, docente di Cambridge e direttore di Kaleidoscope Futures il cui modello “Creating Integradet Value” ha molti punti di contatto con la visione della Csr 2.0 descritta da Lavazza: un modello sistemico in cui la sostenibilità sociale e ambientale si integrano in quella economica.

Se la vision, nel corso della presentazione è stata affidata a Giuseppe Lavazza, a Marco Lavazza il compito di tradurla in cifre. In pratica, la sostenibilità nel solo 2014 ha generato «un risparmio del 3,9% rispetto al totale dei costi industriali di produzione e saranno reinvestiti in sostenibilità creando così un cerchio virtuoso in grado di generare e rigenerare valore condiviso», ha detto Marco Lavazza mentre alle sue spalle scorrevano le slide con i dati del miglioramento del carbon foot print (-17% di emissioni di CO2 nel 2014 rispetto al 2012). Negli stabilimenti italiani, inoltre il 100% di energia elettrica deriva da fonti rinnovabili. «Siamo condannati all’eccellenza» ha aggiunto il vicepresidente Marco Lavazza che ha chiuso citando una frase di Visser: «Change is a process not an event». Un processo che annunciano alla Lavazza proseguirà.

«La Csr non è un punto di arrivo», ha sottolineato il professor Visser osservando come partendo dalla Csr alcune aziende siano entrate nella fase della filantropia, mentre altre in quella del solo marketing «ma si potrà trasformare la società solo se si aderisce alla Csr 2.0».

Da non dimenticare infine l’impegno della Fondazione Lavazza che nel triennio 2012-2014 ha aumentato le erogazioni (+166%) che sono arrivate a circa 2 milioni di euro con cui sono stati finanziati 34 progetti in 11 paesi e tre continenti, ma soprattutto hanno coinvolto 65mila coltivatori.


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