Politica
Grittani: «Autonomia differenziata? Ideologia separatista»
Davide Grittani, scrittore e giornalista pugliese, è preoccupato dal Ddl che se approvato anche alla Camera può dare «un’accelerata verso l’utilizzo del privato in tutti i settori che segnerà la differenza tra chi se la può permettere e chi no». Ma è possibilista sul fatto che «se si supera l’aspetto ideologico con cui questa norma è stata concepita, il Paese potrebbe approfittarne per discutere in maniera matura e seria di autonomie, delle reali riforme che servono»
«L’autonomia differenziata ha ancora un forte carattere razzista in Italia, ha ancora una forte spinta a marcare le differenze: ora vi facciamo vedere noi se vi lasciamo alla canna del gas, senza una lira, se voi morti di fame riuscite ad arrivare a fine mese. Ha un senso afflittivo e non legislativo. E tutto nei confronti del Mezzogiorno». Davide Grittani è uno scrittore e giornalista pugliese. Nato a Foggia, scrive di letteratura e società e due suoi romanzi E invece io (Robin, 2016) e La rampicante (LiberAria, 2018) sono stati candidati al “Premio Strega”. Dal suo osservatorio fatto di libri, giornali, parole e curiosità, assiste con «preoccupazione» gli effetti che la legge sull’autonomia differenziata potrà avere sulle regioni del Sud. Approvata in Senato pochi giorni fa, il Disegno di legge Calderoli deve ora passare alla Camera che deciderà se attuare o meno la riforma del Titolo V della Costituzione italiana. Se diventerà legge, l’Autonomia differenziata riconoscerà alle Regioni una maggiore capacità decisionale su alcune materie che erano in capo all’amministrazione centrale. Ma sono tante le voci contrarie ad una legge che rischia di dividere ulteriormente l’Italia in due parti: il Nord dei ricchi ed il Sud dei poveri.
Grittani, che idea si è fatto sulla riforma dell’autonomia differenziata? Cosa ne pensa?
Io sono possibilista, cioè, nei limiti di una correzione del Titolo V della Costituzione italiana sono anche favorevole. Oggi c’è una grande confusione dei ruoli e delle competenze, e forse serve un chiarimento a riguardo per superare le tante fragilità rilevate. Durante la pandemia del covid, per esempio, lo Stato ha avocato a sé una serie di competenze che erano delle Regioni o non ha senso che il presidente di una Regione emani un’ordinanza che un’ora dopo viene bloccata dallo Stato. Pensiamo anche al dibattito sul limite dei 30 chilometri orari in città che è un’ordinanza tipicamente di competenza comunale, ma che lo Stato pensa di avocare col ministero dei Trasporti. C’è una fase di confusione forte che sarebbe aiutata da una maggiore nitidezza sul piano del chiarimento dei ruoli. Detto ciò, non posso non vedere, non registrare, che invece l’autonomia differenziata ha ancora un forte carattere razzista in Italia, ha ancora una forte spinta a marcare le differenze. Ha un senso afflittivo e non legislativo. E tutto nei confronti del Mezzogiorno. L’idea è dimostrare sul piano pratico come i soldi spesi al Sud siano stati spesi male, che in alcune circostanze corrisponde anche a verità, al contrario del Nord, che ha capitalizzato sempre in modo virtuoso le risorse economiche. Ma ricordo che il Mose di Venezia, per il quale sono stati spesi circa 6 miliardi di euro, è entrato in funzione 35 anni dopo la sua progettazione, quindi anche al Nord a volte le cose non sempre vanno come dovrebbero.
Ha un senso afflittivo e non legislativo. E tutto nei confronti del Mezzogiorno
Davide Grittani, scrittore e giornalista
Cosa si potrebbe fare per colmare le differenze tra Nord e Sud Italia o per migliorare il Ddl sull’autonomia differenziata?
Se si supera l’aspetto ideologico con cui è stata concepita, il Paese potrebbe approfittarne per discutere in maniera matura e seria di autonomie, delle reali riforme che servono. Per esempio, ci sono degli eccessi sul piano delle concessioni in termini di territori a Statuto speciale, come nel caso del Trentino o della Provincia Autonoma di Trento, che è speciale per una serie di ragioni orografiche, chi chiede il mutuo per l’acquisto della casa deve restituire agli istituti di credito soltanto il montante, ma non gli interessi. Ecco, se applicassimo anche qui al Sud questa concessione forse saremmo tutti proprietari di più case. Dentro un territorio già straordinariamente agiato se tu inserisci anche questo agio è chiaro che le differenze aumentano. Ma ci sono molti margini per migliorare interventi di natura autonomista. Il meccanismo perequativo per cui i debiti della sanità pugliese, che sono enormi, vengono distribuiti su una sanità virtuosa come il Veneto o l’Emilia Romagna, è una cosa folle. E capisco che alimenti determinati ragionamenti. Ma al tempo stesso, l’idea che si possa considerare lo stesso costo di vita tra una città come Milano con quella di Foggia non ha alcun senso. Uno Stato maturo che ha davvero intenzione di accogliere una riforma di questo genere si siederebbe seriamente intorno ad un tavolo per valutare tutti gli impatti positivi e negativi, anche da un punto di vista sociologico e antropologico, che un intervento di questo tipo può generare nei territori. Invece, questa modalità scelta sembra che voglia punire una parte del Paese che si pensa abbia sprecato i soldi pubblici.
Se si supera l’aspetto ideologico con cui è stata concepita, il Paese potrebbe approfittarne per discutere in maniera matura e seria di autonomie, delle reali riforme che servono
Davide Grittani, scrittore e giornalista
Cosa la spaventa di più se la legge sull’autonomia differenziata dovesse essere approvata?
Mi spaventa che a parità di svantaggio ci sarà un’accelerata verso l’utilizzo del privato in tutti i settori che segnerà la differenza tra chi se la può permettere e chi no: sanità, scuola, trasporti, luce, gas e così via. Chi ha i soldi ed è ricco potrà accedere ai servizi migliori, chi è povero si arrangerà. Una spinta verso il settore privato che trova nella radice liberale di Governi di questo tipo un alleato enorme. L’obiettivo di questa voracità non è la maggior efficienza del Veneto o della Lombardia, ma staccare la spina a questi barbari che ci trasciniamo da anni. Basterebbe leggere due libri per capire che il pensiero di questo Paese è nato a Sud, e che la gran parte della spesa pubblica non sta da questo lato dell’Italia. Il vero problema è che per tutto questo tempo è mancato il controllo della spesa pubblica nelle regioni del Mezzogiorno, che in molti casi ha utilizzato male le risorse destinate, oggetto di tangenti gigantesche, di attenzioni predatorie. Quello che forse mi mette i brividi maggiori è una spinta fortemente razzista di questo Paese, mai celata o mal celata, che invece fa del ragionamento sulle autonomie differenziate un ragionamento assolutamente separatista. Un’idea che prende vita da una serie di Regioni che vedono in questo Governo di destra un motivo in più per vedere accampate le loro pretese anche presso le istituzioni: ti togli il macigno della Calabria o della Sicilia, in cui proprio il centrodestra ha governato negli ultimi anni, e risolvi i problemi di tutto il Paese. A me spaventa molto la natura ideologica di questo tipo di approccio. Ci sarebbe bisogno di una maggiore sintonia da un punto di vista istituzionale di cose che non possono parlare lingue diverse, ma se l’obiettivo primario è quello di staccare la spina rispetto ad altre cose, soprattutto regioni che stanno peggio della Puglia come la Calabria, non se la passeranno bene. Al tempo stesso, mi viene da pensare ai fiumi di denaro destinati in Calabria ed usati malissimo negli ultimi 30 anni e penso che tutta questa energia drenata verso una causa persa potrebbe alimentare il pensiero che loro hanno ragione.
L’ultimo romanzo che ha scritto, pubblicato proprio in questi giorni, si intitola Il gregge (Alterego). C’è un collegamento con questo modo di fare politica e di improvvisare riforme come quella sull’Autonomia differenziata?
Il Gregge più che un romanzo politico è una specie di cronaca di un’apocalisse etica dentro quella che secondo me è la fotografia della nostra performance peggiore sul piano dell’etica: le campagne elettorali. Una campagna elettorale immaginaria, di una città immaginaria, con personaggi che sono maschere e di cui mi sono servito per descrivere la ferocia e la mediocrità più incredibile di personaggi che fanno qualsiasi cosa per arridere al consenso e al favore del pronostico.
L’obiettivo è quello di cristallizzare il livello di mediocrità assoluta, di improvvisazione, di scadimento, che è diventato un modello etico ed estetico all’interno di un sistema che reprime ogni tentativo di talento e che accoglie tutta questa mediocrità. E chi si distingue, chi esercita l’arte democratica del dissenso o tenta di sottrarsi da questo genere di gregge, da questa enorme transumanza verso qualcosa che non ha senso, viene visto come una persona strana, di cui non ci si può fidare. Il consenso è diventato una materia liquida, non più misurabile attraverso gli atti, ma a prova di algoritmo, di social. E dentro questa roba qui, si giocano tutti gli interessi del Paese, compresi ragionamenti come quelli sull’Autonomia differenziata. Con questo libro volevo fare una sintesi di tutta questa mediocrità e renderla materia letteraria, per scuotere una riflessione su come non riusciamo più a riconoscere e a sottrarci dal suicidio del pensiero.
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