Formazione

Laureati cercansi per la cooperazione

Gli sportelli informano studenti e docenti sulle possibilità di lavorare nel Sud del pianeta.

di Paolo Giovannelli

Si chiama Esperia il ?programma attivo? che racchiude le speranze della cooperazione allo sviluppo in dieci università italiane. Gli sportelli Esperia sono già operativi presso gli atenei di Viterbo, Parma, Napoli. L?Aquila, Firenze, Catania, Bari, Ancona, Sassari e Cosenza. L?iniziativa targata Istituto per la cooperazione universitaria (Icu) e Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina è rivolta agli studenti – ma anche ai docenti universitari – con l?offerta dei seguenti servizi: informazioni sulle possibilità di lavoro nella cooperazione internazionale, specie in iniziative promosse da ong, su campi di lavoro all?estero anche in aree di crisi, su corsi universitari sul tema dello sviluppo e sulla promozione di piani di studio, nonché assistenza a lavori di ricerca e tesi di laurea sullo stesso argomento. Esperia viaggia anche via Internet.
Soddisfatto il segretario generale dell?Icu, Pier Giovanni Palla: «Con Esperia», spiega, «cerchiamo di ravvivare l?interesse per la cooperazione allo sviluppo nelle università italiane, specie fra gli studenti. Infatti», prosegue Palla, «le nuove generazioni non sempre conoscono il messaggio di altruismo proprio del mondo del volontariato internazionale. E ai professori va ribadita l?importanza di una corretta formazione prima di possibili inserimenti in programmi di cooperazione universitaria nei Paesi in via di sviluppo. Eviteranno così spiacevoli impatti perché, per esempio, un?università della Nigeria è molto differente da una statunitense».
Uno dei responsabili delle attività informative dell?Icu, Luca Cristaldi, tira le somme di Esperia: «Stiamo rispettando il ruolino di marcia. Nell?anno accademico 1997/98 dovevamo aprire dieci sportelli e lo abbiamo fatto. Entro il 1999 arriveremo a trenta».
Cosa chiedono gli universitari che si rivolgono a questo servizio? «Di poter lavorare all?estero», risponde pronto Cristaldi, «in programmi di cooperazione allo sviluppo. Dal 1971 ad oggi l?Icu ha impiegato circa 300 laureati italiani nella realizzazione di 90 programmi in America latina, Africa, Asia ed Europa dell?Est».
L?Icu inoltre ha creato una banca dati proprio sugli aspiranti volontari e cooperanti, trasmessa poi a tutte le organizzazioni di volontariato internazionale che ne facciano richiesta. Molte di esse, nella necessità di selezionare volontari e cooperanti per i propri progetti nel mondo, hanno già ricevuto il ?catalogo? dell?Icu e oggi possono scegliere fra circa 200 nominativi di laureati in Scienze politiche, Ingegneria, Medicina e Agronomia.
Ma che ruolo può oggi giocare il variegato mondo delle Università nelle attività di cooperazione allo sviluppo? Risponde ancora il segretario generale dell?Icu, Palla: «Già in passato, ovunque, il ruolo delle Università avrebbe potuto rivelarsi decisivo. Ma così non è stato. Per meglio dire: anche se la cooperazione allo sviluppo è attualmente in affanno in quasi tutti i Paesi industrializzati, le Università, con la loro storia, la loro concretezza e il loro radicamento sul territorio, possono avere un compito decisivo nell?invertire tale tendenza. Del resto hanno sempre favorito il contatto fra i docenti e gli studenti di diversi Paesi perché l?internazionalità appartiene al loro codice genetico. Ora è però urgentissimo che gli atenei del cosiddetto Nord del mondo riescano ad aiutare efficacemente le strutture universitarie dei Paesi delle aree sottosviluppate del globo. Per studiare e crescere insieme».

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