Famiglia
Laura Laera verso la Commissione Adozioni
Il Csm conferma di aver dato il via libera al collocamento fuori ruolo per la Presidente del Tribunale dei Minorenni di Firenze per andare ad assumere la vicepresidenza della CAI. «Il sistema italiano è un sistema forte», disse un anno fa in Commissione Giustizia, parlando di adozioni internazionali: «Si deve puntare a una collaborazione tra tutte le istituzioni che lavorano nel settore, che ciascuno faccia bene la sua parte e ci sia uno scambio di formazione-informazione»
È dalle 13 che la notizia si rincorre e sui social in tanti le hanno già fatto gli auguri di buon lavoro. Ma lei, giustamente, chiede di attendere l'ufficialità: «a me non è ancora giunta alcuna comunicazione», ripete nel corso del pomeriggio. Alla fine l'ufficialità arriva dal CSM: il plenum nel pomeriggio ha dato il via libera alla messa in fuori ruolo di Laura Laera, per andare ad assumere la presidenza della Commissione Adozioni Internazionali (qui il comunicato stampa arrivato in serata, che parla di Laura Laera come «destinata a ricoprire l'incarico di vice presidente della commissione per le adozioni internazionali, su nomina della Presidenza del Consiglio dei Ministri»). Un passaggio obbligato, preliminare alla nomina vera e propria, che in questo momento – lo precisiamo – ancora non c'è e che dovrà arrivare dal Consiglio dei Ministri. Sarà quindi ancora un magistrato a guidare la CAI: Laura Laera succederà a Silvia Della Monica, il cui mandato triennale è giunto a scadenza lo scorso febbraio. Un passaggio di testimone che in queste settimane è stato accompagnata da molte polemiche.
Nata a Milano nel 1949, magistrato dal 1978, Laura Laera dal 2012 è presidente del Tribunale per i Minorenni di Firenze, dopo aver lavorato per più di venticinque anni al Tribunale per i Minorenni di Milano: una lunga carriera di magistrato, con una competenza specifica sull’infanzia. Nel 2000-2001 ha partecipato all’unica ricerca fatta dalla Commissione per le adozioni internazionali sui fallimenti adottivi. Dal 2009 al 2011 è stata presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF). È sposata con Francesco Greco, procuratore capo di Milano.
Nella delibera del CSM si ripercorrono i passaggi che hanno portato alla collocazione fuori ruolo di Laera. Tutto ha inizio il 6 marzo, quando «il Ministro della Giustizia, in relazione alla nota datata 16.2.2017 del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha chiesto il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura della dott.ssa Laura Laera […] per essere nominata Vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali». Nel vaglio della richiesta – scrive il CSM – «per un verso va valutato l’apporto che la dott.ssa Laera può fornire alla Commissione, sulla base di una esperienza consolidata e poliedrica nella giurisdizione, per l’altro, egualmente necessario – che fa riferimento alla crescita professionale del singolo magistrato destinato alla funzione “non giudiziaria” – sembra evidente, alla luce dei parametri interpretativi enucleati, che tale connotazione sia assolutamente sussistente nell’ipotesi della richiesta riferita alla dott.ssa Laera». Nelle scorse settimane il Consiglio Giudiziario di Firenze aveva espresso parere contrario al collocamento fuori ruolo della dott.ssa Laera: la delibera odierna riferendo di quel parere parla chiaramente di un diniego legato a motivi concernenti la carenza di organico al Tribunale per i minorenni di Firenze.
Ma chi è Laura Laera? Nel 2006, a un convegno dell’AIMMF, ricordò così l’inizio della sua carriera: «quando sono arrivata al Tribunale dei Minorenni di Milano, nel 1986, non avevo neppure idea di cosa significasse essere un giudice dei minori specializzato. Probabilmente non avevo neppure un’idea, se non vaga, del tipo di lavoro che mi sarei trovata ad affrontare, come del resto la maggior parte dei miei colleghi ordinari e credo della così detta gente comune. Ero in magistratura da sette anni, di cui sei passati all’ufficio istruzione. Ciò che mi aveva spinto a chiedere il trasferimento al TM era il desiderio di capire cosa stava dietro alle storie di ordinaria delinquenza che avevo conosciuto come giudice istruttore. Rapinatori, assassini, truffatori, mi incuriosivano come persone e mi domandavo ormai sempre più di frequente cosa li avesse spinti sulla strada della devianza. Spesso trasparivano dagli atti processuali e dagli interrogatori storie personali e famigliari disastrose e condizioni di disagio sociale accentuato. Insomma volevo capire quale era stato il loro percorso evolutivo». Negli stessi anni, intervistata dagli studenti del Centro di Servizio di Ateneo per l'Orientamento allo Studio e alle Professioni dell’Università di Milano, disse che il suo «è un lavoro che richiede un certo grado di maturità ed equilibrio. Anche se non è indispensabile, credo che non guasti aver fatto un training psicoanalitico. Io sconsiglierei questo ufficio ai giudici di prima nomina. Secondo me è meglio arrivare qui dopo aver acquisito un'esperienza precedente nel campo giudiziario. È un lavoro vario, a continuo contatto con l'utenza, quindi poco formale e molto immediato. È un'attività molto arricchente ma molto pesante, soprattutto dal punto di vista emotivo: non è facile decidere di allontanare i bambini dalla loro famiglia, dichiarare le adozioni, gestire un’utenza che è molto complessa. Abbiamo un’utenza molto sofferente, appartenente ad un mondo che quanti non abbiano mai avuto a che fare con un lavoro socialmente utile non immaginano neanche possa esistere. Si tratta quindi di un lavoro molto particolare, che a me piace molto».
Un mese fa il Tribunale dei Minorenni di Firenze, da lei guidato, per la prima volta in Italia ha riconosciuto l’adozione di due bambini da parte di due uomini, cittadini italiani ma residenti nel Regno Unito. I giudici di Firenze hanno disposto la trascrizione anche in Italia dei provvedimenti emessi dalla Corte britannica: ai bambini viene così riconosciuto lo status di figli e la cittadinanza italiana.
Nel maggio 2016 Laura Laera fu audita in Commissione Giustizia nell’ambito della indagine conoscitiva sulla riforma della legge 184 (qui lo stenografico). Qui ha toccato senza reticenza tutti i temi caldi delle adozioni. «Ci si domanda se sia ancora un sistema valido e attuale per i nostri tempi», ha esordito: «bisogna dire che la legge n. 184 del 1983 si fondava sulla famiglia legittima. Il fulcro dell'adozione così come è stata immaginata dal legislatore dell'epoca aveva come suo tema centrale la difesa della famiglia legittima» e che «l’adozione in casi particolari è stata ipotizzata come valvola di sicurezza per tutte quelle situazioni che non potevano rientrare nell'adozione legittimante e che pure erano già presenti all'epoca, anche se in minor numero rispetto a ora. In quel modo si consentiva anche ad altri bambini che non potevano rientrare in quella categoria di mantenere rapporti che magari avevano consolidato già con altre persone non coniugate, quindi anche coppie di fatto, anche single». E ancora: «Capisco le posizioni di alcuni, che sono sulla difensiva rispetto alla famiglia legittima. È del tutto comprensibile, perché è un modello che abbiamo introiettato. I modelli culturali richiedono diversi anni per evolversi e modificarsi. Anche noi giudici, che lavoriamo su questi temi da tanti anni, abbiamo le nostre difficoltà. Quello che si cerca di fare, o almeno che io cerco di fare, è di non avere un approccio ideologico. Il giudice deve lasciare da parte qualunque approccio ideologico sulla materia famiglia, deve affrontare la casistica che gli si presenta di volta in volta con un approccio laico, deve verificare nel caso concreto quale sia la normativa applicabile nel rispetto dell'interesse del minore. Credo che questo sia l'approccio».
I modelli culturali richiedono diversi anni per evolversi e modificarsi. Quello che si cerca di fare, o almeno che io cerco di fare, è di non avere un approccio ideologico. Il giudice deve lasciare da parte qualunque approccio ideologico sulla materia famiglia, deve affrontare la casistica che gli si presenta di volta in volta con un approccio laico, deve verificare nel caso concreto quale sia la normativa applicabile nel rispetto dell'interesse del minore. Credo che questo sia l'approccio
Ricerca delle origini
Sulla ricerca delle origini parlò di quattro mamme che il Tribunale ha contattato su richiesta di figli che avrebbero voluto conoscerle, «tutte e quattro hanno revocato l’anonimato e ci hanno anche ringraziato. Lo dico per tutti quelli che avevano espresso, comprensibilmente, il timore di sconvolgere la vita di queste donne a distanza di così tanto tempo. Non solo non sono state sconvolte, ma hanno accolto questo nostro approccio, naturalmente avvenuto con tutte le delicatezze, il garbo e le attenzioni possibili, ringraziandoci».
Stepchild adoption
Sulla stepchild adoption disse che «l'articolo 44 non distingue il sesso o il genere delle persone, parla di persone che possono adottare. L'interpretazione che si è sviluppata nel corso degli anni ha consentito, sia alle coppie di fatto di adottare bambini ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera a), in alcuni casi c) e d), sia anche alle persone singole. Capite che il passo è breve. Quando si è presentato il caso delle famiglie arcobaleno c'è stata un'interpretazione che ha consentito l'adozione in casi particolari per il figlio del compagno»… «non si tratta di un'interpretazione così nuova ma che viene da lontano, affrontata in diverse sedi dalla giurisprudenza», «ovviamente sono adozioni che richiedono un giudizio caso per caso, quindi la funzione giudiziaria è fondamentale, non deve esserci automatismo in nessun tipo di adozione, ma questa deve essere lasciata alla valutazione del singolo caso concreto».
Adozione internazionale
«Stiamo molto attenti a parlare di adozioni internazionali più facili e veloci», fu la prima affermazione di Laura Laera in quell’audizione affrontando il capitolo delle adozioni internazionali. Perché «in realtà, l'adozione internazionale non è un istituto facile». I tempi di attesa sono come «un tempo di gestazione», «utili anche alla maturazione della coppia, che quando si avvicina al mondo dell'adozione deve compiere un percorso. Adottare non è proprio come divenire genitori di un figlio naturale, è un'altra cosa, più complessa».
Il decreto di idoneità a suo parere va mantenuto, «non sarei così tranquilla nel pensare che sia sufficiente fare la domanda per poi essere presi in carico da un ente per la ricerca del bambino all'estero. Tenete presente che, ottenuta l'idoneità ad adottare, circa il 30% delle coppie non attiva il decreto di idoneità, si perde nel percorso. Questo percorso serve anche a far acquisire ad alcune persone la consapevolezza che forse non è proprio quello che cercavano», giacché «penso che non tutte le coppie possano adottare, ma lo pensano anche le coppie».
A proposito dei fallimenti adottivi (numeri «modesti ma dolorosi») ha citato il caso successo in Toscana di «un bambino africano adottato da una famiglia toscana, presentato come un bimbo orfano, accompagnato da una zia all'aeroporto, e poi si scopre che non era affatto orfano, che quella zia era la mamma e che questo bambino è venuto in Italia convinto di venire qui in affido per studiare, giocare a pallone e poi tornare al suo Paese. Quest'adozione ha dato luogo a una restituzione. Ve lo racconto per dirvi che l'adozione internazionale è un percorso complesso, che richiede grande professionalità da parte di tutti gli enti preposti».
Si deve puntare a una collaborazione tra tutte le istituzioni che lavorano in questo settore, che ciascuno faccia bene la sua parte e ci sia uno scambio di formazione-informazione anche culturale tra noi, come è sempre stato.
Il futuro
Il sistema della adozioni internazionali italiano per Laura Laera è «un sistema forte»: all'estero il fatto che ci sia un controllo giurisdizionale viene percepito come un «certificato di garanzia», tanto che «siamo il secondo Paese nel mondo per ingressi di minori e direi il primo visto che il primo sono gli Stati Uniti d'America». In futuro «si deve puntare a una collaborazione tra tutte le istituzioni che lavorano in questo settore, che ciascuno faccia bene la sua parte e ci sia uno scambio di formazione-informazione anche culturale tra noi, come è sempre stato. Noi abbiamo formato i servizi, e mi riferisco al Tribunale per i minorenni, che prima della riforma era l'unico che faceva la selezione delle coppie. Abbiamo formato, quindi, i servizi, che hanno formato gli enti. È un cerchio, tagliare pezzi del quale credo possa essere pericoloso».
In foto da destra Laura Laera, Presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze con la Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano e Alessandra Maggi, Presidente dell’Istituto degli Innocenti.
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