Cambiamenti climatici
L’attivista brasiliana: «L’interesse economico non può più superare la tutela della natura»
Patricia Krĩn Sĩ Pankararé è la coordinatrice del movimento unito dei popoli delle organizzazioni indigene di Bahia. Domenica 19 maggio racconterà come stanno vivendo le popolazioni indigene in Brasile nel corso del talk “Come mi attivo per la giustizia climatica?”, in programma durante la 14esima edizione del WeWorld Festival
di Anna Spena
Passare il microfono a chi oggi è poco rappresentato e rappresentata per incontrare nuove persone e “uscire dalla bolla”. Questo l’obiettivo della 14esima edizione del WeWorld Festival, l’evento in programma a Milano il 17, 18 e 19 maggio a Base Milano per parlare della condizione delle donne in Italia e nel mondo (a questo link il programma completo del Festival). Tra i talk “Come mi attivo per la giustizia climatica?” dedicato alle connessioni tra cambiamento climatico e parità di genere (Domenica 19 maggio – ore 17.30).
Patricia Krĩn Sĩ Pankararé, 45 anni, è un’attivista brasiliana che parteciperà al panel. Vive nel territorio indigeno di Pankararé nel comune di Glória, nel nord di Bahia, uno stato nel nord-est del Brasile con un territorio variegato, che va dalla costa tropicale fino alla regione desertica del Sertão. Attualmente ricopre la carica di vicepresidente del consiglio di Stato per i diritti dei popoli indigeni dello Stato di Bahia e coordinatrice del movimento unito dei popoli delle organizzazioni indigene di Bahia.
«Sono i popoli indigeni», spiega, «che per primi, e forse rimangono gli unici nel Paese, a prendersi cura dei territori. Da sempre affermano il loro diritto alla sopravvivenza e lottano per tutelare i luoghi più vulnerabili ai cambiamenti climatici». Patricia Krĩn Sĩ Pankararé spiega che in tutto il Paese è sempre più diffuso un senso di “vanità”. Una vanità che non va intesa nel senso letterale del termine ma come «una mancanza di interesse rispetto ai cambiamenti climatici. Soprattutto da parte di chi lavora nel settore produttivo, dall’agribusiness all’estrazione di minerali, dove l’aspetto economico diventa più importante della tutela dell’ambiente».
Il Brasile, con oltre 210 milioni di abitanti, è il Paese più grande del Sud America e il sesto più popolato del mondo. La sua economia è caratterizzata da profonde disuguaglianze sociali ed economiche. Il Paese affronta sfide legate alla politica, all’economia, all’ambiente e ai diritti umani. Il sertão, regione semi-arida del Paese che copre il 12% del territorio nazionale, affronta sfide come la concentrazione di terreni, la vulnerabilità ai cambiamenti climatici e l’insicurezza alimentare. Le comunità indigene, in particolare nelle zone settentrionali, affrontano discriminazione di genere, violenze, limitazioni all’accesso all’istruzione e insicurezza alimentare, esacerbando la loro esclusione sociale ed economica.
Patricia Krĩn Sĩ Pankararé è la prima donna a coordinare il movimento unito dei popoli delle organizzazioni indigene di Bahia: «A questo movimento», racconta, «appartengono 31 popoli indigeni, 200 comunità. Parliamo di quasi 60mila persone. E lavoriamo insieme per affermare i nostri diritti: dalla salute all’istruzione. Ma ci impegniamo soprattutto affinché le politiche statali riconoscano e preservino i nostri territori indigeni. La prima lotta è sempre una lotta per la terra, la nostra terra. Solo se riconoscono i nostri territori si possono implementare politiche pubbliche serie».
Quando Patricia Krĩn Sĩ Pankararé fa riferimento all’importanza della “lotta per la terra”, si muove partendo da una situazione che conosce bene: «Nei nostri territori», racconta, «vengono portate avanti attività agricole e commerciali in maniera completamente illegittima. Questi territori fanno molta gola. Gli imprenditori vorrebbero costruirci resort o sfruttare il più possibile il suolo per estrarre minerali. Abbiamo poca protezione statale e quando c’è poca protezione si tende a lasciare via libera agli imprenditori».
Il Brasile è anche uno dei Paesi più pericolosi per gli attivisti della società civile, specialmente quelli coinvolti in dispute per la terra e questioni ambientali, come Patricia Krĩn Sĩ Pankararé. I conflitti rurali, in particolare nel nord e nord-est del Paese, sono frequenti e coinvolgono dispute per la terra, risorse idriche e condizioni di lavoro.
L’organizzazione umanitaria WeWorld si dedica al sostegno delle comunità indigene brasiliane che spesso affrontano discriminazioni di genere, violenza e barriere nell’accesso all’istruzione e alle risorse fondamentali. Questo impegno è cruciale per contrastare l’esclusione sociale ed economica a cui queste comunità sono sottoposte. Patricia Krĩn Sĩ Pankararé a Milano porterà un messaggio preciso: «La madre del mondo», dice, «è la terra. Tutto ciò che Dio ci ha lasciato di più importante cioè la natura. Io non sono diventata attivista. Io sono nata attivista. Prendersi cura della natura e dell’ambiente è l’unica strada possibile».
Foto di apertura: persone si riuniscono intorno al lago Abaete durante una protesta a Salvador, nello Stato di Bahia, in Brasile,Le dune sono un luogo tradizionale per i membri delle religioni afro-brasiliane per lasciare offerte, soprattutto al lago Abaete, e i manifestanti hanno chiesto alle autorità di intervenire contro una serie di reati ambientali nell’area che considerano sacra. (AP/Rodrigo Abd)
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