Welfare

latte crudo: rischibreali o vere bufale?

qualità Ministero: sì ai self service, ma con etichetta

di Daniele Biella

L atte alla spina, caso bollente ma non troppo. Si temeva il peggio, a inizio dicembre, quando a seguito di dieci casi sospetti di infezione da latte crudo negli ultimi due anni, il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini aveva minacciato la chiusura di tutti gli attuali 1.111 distributori diretti d’Italia. Si sono accese proteste, nate petizioni, perfino l’ipotesi di una lobby dei grandi produttori per frenare il notevole successo del latte a chilometro zero.
Alla fine, il 10 dicembre, arriva l’ordinanza ministeriale: niente chiusure, ma obbligo di scritta «consumarsi solo dopo bollitura» sugli spillatori. E divieto di fare pubblicità che coinvolgano le fasce deboli della popolazione, quelle a più rischio infezioni: bambini, anziani, portatori di malattie immunitarie.
«È una decisione che non porta oneri in più per gli allevatori. Piuttosto, ora c’è più informazione per i consumatori», commenta Aldo Grasselli , 52 anni, da sei alla guida della Simevep, la Società italiana di medicina veterinaria preventiva. «Il latte bollito, comunque, non perde di qualità», precisa Grasselli, sfatando una diffusa convinzione, «al massimo cambia il sapore. Quindi con la bollitura diminuisce il potenziale di rischio del latte crudo, che c’è, soprattutto in relazione all’escherichia coli 0157, batterio che può avere l’animale e che, resistendo anche alla catena del freddo, può portare danni renali alle fasce deboli». Vero allarme o allarmismo? «Né l’uno né l’altro», è la conclusione della Simevep, scesa di recente in campo con una propria proposta: «Per avere una garanzia al 100%, basterebbe integrare i controlli privati delle aziende agricole con quelli pubblici», spiega Grasselli. «In alcune regioni già succede, si tratta di armonizzare gli interventi a livello nazionale. In generale pochi controlli in più, ma “giusti”, ovvero che, senza burocratizzare troppo il lavoro degli allevatori, assicurino la totale trasparenza della filiera». Un’idea, quella della Simevep, «nata dall’importanza di mantenere l’attenzione su un settore in forte espansione, che rappresenta un ottimo esempio di filiera corta», chiarisce il suo presidente.
Resta ora da vedere che anno sarà il 2009 per il latte alla spina. Una prima indicazione arriva dalla Coldiretti: «Stiamo parlando di 550mila quintali di latte, un dato in continua crescita che rappresenta oggi il 5% di quello fresco pastorizzato consumato in Italia. Dopo che l’offerta del latte crudo è stata regolamentata a condizioni che sono tra le più restrittive d’Europa, occorre ora impegnarsi concretamente per promuoverne il consumo a vantaggio delle imprese e dei consumatori».

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