Famiglia

L’assessore pluri figli

I programmi di Giulio Boscagli, riconfermato alla Famiglia in Lombardia

di Benedetta Verrini

Ne ha sei. E, forte di questa esperienza, guida
un dicastero che vuole sostenere le famiglie anche nel fare e crescere bambini. Le idee in campo sono molte. La prima è un aiuto
a chi vuole abortire
per ragioni economiche
Il mandato, appena rinnovato, è di quelli “pesanti”: famiglia, conciliazione, integrazione, solidarietà sociale. Giulio Boscagli è appena stato riconfermato come assessore a uno dei settori più delicati della Regione Lombardia, quello su cui le strategie politiche incontrano la crudezza della realtà. Classe 1948, lecchese, padre di sei figli, Boscagli sa bene cosa significa costruire una famiglia nella regione più complessa e popolosa d’Italia.
Vita: Cominciamo dalla conciliazione. In un territorio che vive di lavoro, sembra una mission impossibile?
Giulio Boscagli: Rientra nella delega come potenziamento di un tema già sviluppato nella precedente legislatura, ad esempio attraverso le due edizioni del Premio Famiglia-Lavoro. Non la sento come una mission impossibile, perché nella nostra regione le donne effettivamente lavorano e questo è già un traguardo. Dobbiamo però lavorare su due fronti: il mondo della produzione, in alcuni casi già sensibilizzato, e il potenziamento dei servizi sul territorio. Prenda l’ipotesi di posticipare l’inizio dell’anno scolastico al primo ottobre: una proposta del genere, non essendo più negli anni 60, richiede come minimo la copertura di una serie di tempi con altri strumenti, servizi extrascolastici e centri ricreativi che armonizzino la vita familiare con gli orari di lavoro.
Vita: Tra gli interventi regionali 2009-2010 c’è il Buono Famiglia, di cui hanno beneficiato migliaia di persone. Sopravviverà alla stretta della Finanziaria?
Boscagli: Dobbiamo ragionare sul futuro, alla luce anche delle risorse che arriveranno. Il primo anno del Buono Famiglia è stato dedicato alla famiglia numerosa, quest’anno andrà alle famiglie con un anziano o un disabile ricoverato, e poi resterà aperto per favorire quanti ne avranno bisogno. Per il prossimo anno c’è la necessità di capire quali sono le priorità.
Vita: Il presidente Formigoni ha promesso un fondo per sostenere economicamente le madri costrette all’aborto dalla povertà. Quando partirà?
Boscagli: Lo istituiremo prima di luglio. Abbiamo guardato al successo del «Progetto Gemma» attivato dai Cav, che con un contributo relativamente basso hanno aiutato tante donne a portare a termine la gravidanza. Credo che una società appena appena decente non possa accettare che ci siano persone costrette a questa drammatica scelta per motivi economici.
Vita: Come giudica l’attivazione del Network delle città per la famiglia e le promesse del governatore del Lazio sull’istituzione di un quoziente familiare?
Boscagli: Mi pare ci sia un po’ di confusione: il quoziente familiare ha senso solo se viene applicato all’imposta sul reddito, quindi esula dalle competenze regionali. In Lombardia abbiamo in corso uno studio, con l’Anci, per trovare una modalità comune di “correttivo familiare” al calcolo Isee, che possa essere applicato in modo omogeneo su tutto il territorio. Ciò permetterebbe una distribuzione coerente delle risorse, incontrando davvero le situazioni più bisognose ed evitando la sovrapposizione di aiuti.
Vita: Come è andata la risposta dell’associazionismo alla legge sulla famiglia che ne stimolava il protagonismo?
Boscagli: Molto bene: in un decennio sono nate circa 600 associazioni familiari. Ora si tratta di mettere ordine: intendiamo fare una legge di riforma complessiva del welfare, mettendo assieme tutte le norme di settore. Tra le “correzioni di rotta” c’è la necessità di superare la logica “spot” dei bandi, su cui stiamo ragionando.
Vita: Lei ha sei figli. È duro crescerli?
Boscagli: Neanche un po’. Certo, ho sempre vissuto a Lecco, una città di dimensioni “umane”. Ma mia moglie ha sempre lavorato. Ci sono stati anni in cui alla mattina suonava la sveglia e fuori tutti: chi all’asilo, chi a scuola, noi al lavoro. Nessun diritto ad ammalarsi, niente week end o ferie esotiche. Avevamo lo stipendio di due insegnanti, ma non era solo una questione di costi: i bambini richiedono tempo e un’organizzazione familiare che dà pochi margini alla libertà personale. E questa è la parte “motivazionale” dell’avere figli, che solo i modelli familiari ti possono insegnare ad amare.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.