Cultura

L’assedio di Bush al Papa

Anticipiamo il commento di Lucio Brunelli, vaticanista del TG2, in esclusiva per VITA magazine in edicola da oggi. Un emissario della Casa Bianca in Vaticano?

di Lucio Brunelli

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Il Papa predica contro la guerra. E l?imperatore Bush decide di inviare a Roma il suo migliore teologo di corte per fargli cambiare idea. Su iniziativa dell?ambasciatore americano presso la Santa Sede, il 10 febbraio si terrà a Roma un simposio che intende dimostrare il carattere etico della dottrina della guerra preventiva. A guidare i lavori sarà Michael Novak, intellettuale cattolico con un passato progressista ma convertito, già ai tempi di Reagan, al verbo neoconservative. La sua notorietà risale ai primi anni 80 quando Time magazine diede spazio alle sferzanti critiche mosse da Novak alla lettera pastorale dei vescovi Usa contro la politica di riarmo nucleare perseguita dalla Casa Bianca. Era una voce isolata, la sua, a quel tempo.
Ma Novak non si perse d?animo. E puntò dritto verso Roma. Pian piano, nonostante le perplessità espresse persino dal cardinale Ratzinger nei confronti della sua teologia del capitalismo, Novak riuscì a farsi aprire qualche porta in ambito ecclesiastico. Ogni tanto suoi commenti compaiono sul quotidiano Avvenire, la sua firma è apparsa in calce al contro-manifesto cattolico sul G8 di Genova, i cui estensori furono il direttore di Tempi, Luigi Amicone e il giornalista Antonio Socci.

La missione Novak
Ora a Novak viene affidato il compito più arduo. Persuadere il Papa e il suo entourage che la dottrina della guerra preventiva, fondamento teorico dell?attacco militare all?Iraq, è perfettamente compatibile con la dottrina cattolica. Va da sé che un simile simposio avrebbe un modesto interesse sul piano culturale, se a promuoverlo, proprio a Roma, non fosse il governo della maggiore superpotenza mondiale. Esso acquista un inedito e clamoroso significato politico, in quanto si prefigge apertamente di influenzare, anzi di correggere, il pensiero dell?unica sede, santa per definizione.
Riusciranno i teologi della Casa Bianca nel loro intento? E saranno solo le armi della teologia che si incroceranno in questa singolare disfida? Onestamente, l?ambasciatore Nicholson ha confidato che finora, nei colloqui avuti nei sacri palazzi, i suoi interlocutori hanno mantenuto le loro posizioni. I gesuiti della Civiltà Cattolica poi, fiutando l?aria, hanno lanciato una vera guerra teologica? preventiva contro le tesi americane. E nell?ultimo editoriale della rivista, pubblicato come sempre con l?imprimatur della Segreteria di Stato, hanno smontato una ad una le pseudo-argomentazioni della nuova dottrina militare. Con lodevole coraggio i gesuiti hanno ricordato che, quanto a inosservanze di risoluzioni Onu, il primato non spetta all?Iraq del dittatore Saddam ma a due fedeli alleati di Washington: Israele e Turchia.
Ma i vassalli cattolici dell?imperatore americano non demordono. La loro ultima ossessione, per non schierarsi con semplicità a fianco del Papa contro la guerra, è la critica a un certo pacifismo irenico e facilone. Critica che ha trovato spazio anche nella controversa Nota dottrinale dell?ex Sant?Uffizio sul comportamento dei politici cattolici. Certo, coerentemente a una secolare tradizione, il Papa non professa un pacifismo assoluto. Quando i cristiani serbi bombardavano la popolazione civile musulmana di Sarajevo, il Vaticano sferzò il mondo occidentale perché agisse, anche con la forza, per porre fine all?assedio-carneficina.
La visione realista dell?uomo, il dogma del peccato originale (il dogma meno dogmatico e più sperimentabile che ci sia), preservano il cristiano da una visione angelica o manichea dei conflitti.

Cuore e ragione
Ma proprio il fatto di non ispirarsi a un pacifismo irenico e imbelle, rende ancora più convincente il no della Chiesa a questa guerra annunciata. Un no basato non solo su principi eterni, ma su un giudizio storico ben soppesato. La mancata evidenza (fino a prova contraria) di una minaccia imminente proveniente da Bagdad; le disastrose conseguenze di un nuovo conflitto su popolazioni già stremate da 12 anni di embargo; la prevedibile recrudescenza del terrorismo islamico che si alimenta in un clima di scontro fra le civiltà; la possibilità di risolvere in ambito Onu il contenzioso .
Questi gli argomenti che stanno dietro il fermo no della Chiesa. Basta un po? di cuore, e un po? di ragione, per riconoscerli veri. I fedeli più semplici, che non s?intendono né di politica né di teologia, seguono d?istinto il Papa e pregano con lui il rosario per la pace. Sono la garanzia più sicura che la Chiesa non si farà confondere dai teologi dell?imperatore e dai loro emuli, sapientoni nostrani.

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