Non profit

Lasciti filantropici, una riforma nel segno del cinque per mille

In un contesto di crisi demografica, con la popolazione che invecchia e sono sempre più le famiglie senza eredi è venuto il momento di ripensare il sistema dei lasciti e delle donazioni a favore degli enti del Terzo settore. Una proposta di Fondazione Italia Sociale punta a una revisione normativa senza toccare i vantaggi fiscali oggi previsti per i trasferimenti che avvengono all’interno della cerchia famigliare

di Gabriele Sepio

Gli enti del Terzo settore al centro della proposta di legge sui lasciti. L’obiettivo è favorire l’assegnazione dei patrimoni ad enti meritevoli attraverso una proposta legislativa che possa allineare la tassazione delle successioni e donazioni a quella degli altri paesi europei. Questo l’intento alla base della proposta avanzata dalla Fondazione Italia sociale che prende le mosse dai dati demografici del nostro Paese. La popolazione invecchia e sono sempre di piu le famiglie senza eredi (si parla di 424 mila unità nel 2030) che si ritroveranno tra dieci ani a trasferire mortis causa qualcosa come 9500 miliardi di euro.

Quale dunque lo scenario da cui parte la proposta di legge? Iniziamo col dire che donazioni e successioni ricevono lo stesso trattamento fiscale. In entrambi i casi, ai fini fiscali, si guarda al legame famigliare tra il disponente e il beneficiario. In particolare, sono previste attualmente quattro aliquote, piuttosto ridotte, in caso di trasferimento di beni o denaro, che vanno dal 4%, se il passaggio avviene tra coniugi/parenti in linea retta, fino all’8% per gli estranei ed i parenti oltre il quarto grado.

Ai trasferimenti vengono collegate specifiche soglie entro le quali l’imposta non è dovuta. Si tratta di franchigie piuttosto rilevanti. Un milione di euro la soglia, superata la quale scatta la tassazione sul valore dei beni trasferiti tra coniugi/parenti in linea retta, mentre tra fratelli e sorelle il limite si ferma a 100mila euro. Tenendo conto delle franchigie e delle aliquote applicabili è possibile affermare che, in fatto di tassazione delle donazioni e successioni, l’Italia è un vero e proprio paradiso fiscale. A tale conclusione non è difficile giungere se si confronta il sistema adottato dal nostro Paese con quello degli altri stati europei. In Francia e Germania le aliquote massime toccano e, in alcuni casi, superano, il 50% del valore dei beni in caso di successione, mentre nel Regno Unito è prevista una aliquota del 40% anche in caso di successione in linea retta, con una franchigia di 325 mila sterline.

Di fronte alla nostra aliquota massima dell’8% per cento e le franchigie che arrivano ad un milione di euro, non stupisce che da tempo ormai si parli di una revisione del sistema fiscale italiano delle successioni e donazioni. In attesa che questo avvenga la Fondazione Italia sociale prova ad avanzare una proposta virtuosa in grado di trasformare un possibile futuro allineamento del sistema impositivo con quello di altri Paesi europei, in una occasione per finanziare il sistema sociale italiano.


L’obiettivo è favorire i lasciti e le donazioni a favore di enti del Terzo settore attraverso una revisione normativa senza toccare i vantaggi fiscali oggi previsti per i trasferimenti che avvengono all’interno della cerchia famigliare. In sostanza la proposta incide solamente sulla fascia di tassazione che interessa i trasferimenti oltre il quarto grado (ad esempio il figlio di un cugino) fino ad arrivare alle ipotesi, non troppo infrequenti, di donazioni o successioni a favore di soggetti completamente estranei a qualsiasi rapporto di parentela o convivenza, oggi colpiti da una aliquota dell’8%.

A fronte della proposta, dunque, si avrebbero in tal caso aliquote variabili, in linea con gli altri Paesi europei, a seconda del valore complessivo netto del bene trasferito. In caso di beni fino a 150mila euro sarà prevista una aliquota del 20% che crescerà fino al 30% laddove il valore netto del bene sia superiore a 150mila e inferiore a 300mila euro, per poi raggiungere un’aliquota del 40% per beni oltre i 300mila euro. Le suddette aliquote, tuttavia, non porterebbero integralmente gettito allo Stato. Rispetto alle maggiori entrate l’erario incasserebbe solo l’8 per cento delle nuove aliquote applicabili. Proviamo a fare un esempio. A fronte di una successione senza eredi legittimi ne parenti entro il quarto grado, del valore di euro 500 mila euro, l’aliquota applicabile sarebbe del 40 per cento rispetto al valore dei beni trasferiti.

Orbene in tal caso solo 40 mila euro (ovvero l’8 %) finirebbe nelle casse dello Stato, mentre il restante 32% (160 mila euro) verrebbe assegnato, in base ad una opzione da indicarsi nell’atto di donazione o di successione, ad un ente del Terzo settore, un ente pubblico o agli enti meritevoli indicati all’art. 3 del D.lgs. n. 346/1990. In sostanza la logica della nuova disposizione potrebbe essere assimilata a quella del 5 per mille. Il dante causa indicherebbe un ente cui assegnare una parte delle entrate tributarie favorendo cosi la destinazione di beni e denari a vantaggio di enti che svolgono attività di interesse generale nell’ipotesi in cui venga a mancare un rapporto di parentela contenuto entro il quarto grado.

In caso di mancata opzione e in assenza di vincolo parentale, comunque, una parte della prestazione patrimoniale riscossa a fronte della successione o donazione verrebbe devoluto ad un apposito fondo filantropico istituto presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

La proposta si aggiunge, peraltro, ad una serie di interventi normativi che, a partire dal gennaio 2018, hanno introdotto un regime di esenzione dall’imposta sulle successioni, donazioni, ipotecarie e catastali in caso di trasferimenti a titolo gratuito a favore di enti del Terzo settore (art. 82 del D.lgs 117 del 2017).

Nello scenario disegnato dalla riforma del Terzo settore una proposta di questo tipo sottolinea ancora di piu l’importanza di introdurre meccanismi virtuosi volti a favorire l’assegnazione della ricchezza e dei patrimoni privati a favore di enti impegnati per il perseguimento del bene comune.

In occasione delle imminenti riforme previste a corollario del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e che toccheranno anche temi fiscali, vale la pena pensare a modelli di tassazione in grado di generare risorse a favore degli enti del Terzo settore, alimentando flussi finanziari da destinarsi ai bisogni collettivi. L’esperienza della pandemia ci ha insegnato che occorre saper guardare alle fragilità con lungimiranza prevedendo la domanda sociale e soprattutto le risorse necessarie a fornire le risposte adeguate.

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