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L’Arsenale dell’incontro a Madaba

È una casascuola dove ogni giorno centinaia di bambini (265) con disabilità passano le giornate a superare sé stessi, le loro “mancanze”. Imparano a leggere, scrivere, camminare, contare, costruire mosaici, coltivare, giocare, tessere relazioni.

di Fabrizio Floris

L’arrivo in una città di notte coincide con il perdersi, le strade sono sconosciute, l’orientamento svanisce e la lingua che non sai porta a smarrirti. Eppure un negoziante ti cerca la strada con il suo telefonino per 15 minuti tralasciando la sua attività, un automobilista condivide la sua connessione dati e presta la macchina al fratello per farti arrivare all’ostello.

Siamo in Giordania e nella piccola città di Madaba c’è un luogo che si chiama Arsenale dell’Incontro (nella foto): una casascuola dove ogni giorno centinaia di bambini (265) con disabilità passano le giornate a superare sé stessi, le loro “mancanze”. Imparano a leggere, scrivere, camminare, contare, costruire mosaici, coltivare, giocare, tessere relazioni. Molte attività sono svolte con le famiglie così anche in genitori imparano. Le metodologie impiegate sono innovative e aiutano le persone a sentirsi importanti, a scoprirsi capaci, basta trovare il modo giusto, mettersi al livello adatto perché l’educazione tiri fuori tutto il potenziale che c’è in ognuno. I più precisi realizzano mosaici, altri imparano a coordinare i movimenti con la musica e il ballo, i timidi si guardano allo specchio, i piccolini imparano l’alfabeto, le forme, i colori con poche parole e molta pratica.

Sono tanti perché la media di disabili sulla popolazione raggiunge il 13% (in Italia il 7%). Tante classi con pochi bambini alla volta, training individuali e tanta attenzione, studio come se ogni figlio fosse il proprio figlio e bisogna farsi venire un’idea, Idea l’a need: sono nati così percorsi sensoriali, cromatici, cucine adatte ai piccoli per riconoscere i prodotti, gli oggetti, i luoghi dove riporli. Due ore sotto la guida di Irene che da Milano ha deciso di dedicare la vita a questa parte di mondo insieme a Chiara e Chiara Maria. Hanno fatto strada senza farsi strada. “Alla fine, dopo la visita”, commenta Alessandra, “ti rendi conto che la normalità è un concetto che va al di là dei nostri schemi, capisci di avere molte più disabilità di quelle che hai visto, sono meno evidenti, ma più profonde, intime e forse ci vorrebbe un Arsenale solo per te, per quelli come te che hanno smesso di sognare perché la speranza è per quelli che camminano”.

Come scrive Szymborska in Piccoli annunci: «Anche una vista affilata fino all’onniveggenza / a nulla ti servirà senza il senso del partecipare».

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