Cultura

Larkin, poeta che incide le parole nella mente

Recensione del libro di poesie di Philip Larkin dall titolo "Finestre alte"

di Redazione

Per un uomo che vive sentendo e immaginando, dice Leopardi nello Zibaldone, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi: vede con gli occhi una torre, una campagna; sente con le orecchie un suono di campana; e nello stesso tempo coll?immaginazione vede un?altra torre, un?altra campagna e ode un altro suono.«In questo secondo genere di oggetti», chiosa il poeta, «sta tutto il bello e il piacevole delle cose». Di cose quotidiane, umili e apparentemente insignificanti, ce ne sono tante nelle poesie anti-metafisiche di Philip Larkin raccolte in Finestre alte (Einaudi, 10 euro). Ma il poeta inglese le riscatta dalla loro banalità, vedendo anche in una finestra o in un bicchiere, quel «secondo genere di oggetti» di cui parlava Leopardi. E lo fa con versi dal timbro tagliente che incidono le parole nella mente. Li abbiamo appena letti che già navigano nella nostra circolazione, come qualcosa di intimo e insieme remoto. Non ci sono solo cose in queste poesie, ovvio, ci sono anche coloro che dalle cose sono circondati: gli uomini. Con tutto il loro carico di gelido disincanto e montaliana attesa d?un imprevisto inteso come speranza. Lo stile deliberatamente sommesso e prosaico, corrispondente alla nostra vita quotidiana, ha fatto sì che le raccolte di Larkin abbiano a Londra tirature da concerti rock. Per depurarsi da quell?idea che s?è imposta in Italia che vuole la poesia come regno dell?enfatico, del sublime, del retorico, Larkin è il poeta ideale.


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