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L’Arci: occhio a non chiudersi nel palazzo

"Sulla Tav, insistiamo per il no: anche Prodi capisce le nostre ragioni. Il 5 per mille? Giusto bocciarlo. Intervista al presidente Paolo Beni che avverte "dare più ascolto alla società"

di Riccardo Bagnato

«Mobilitare la società. Cambiare l?Italia». Tempo di elezioni, e si sente. Anche se il motto è quello del congresso nazionale dell?Arci che, precisa il presidente Paolo Beni, «cade a un mese dalle elezioni politiche casualmente, in realtà si tratta del nostro appuntamento quadriennale». E il primo congresso ordinario senza Tom Benetollo, che verrà ovviamente ricordato, e il primo di un?associazione, conferma Beni, «maturata tantissimo e cresciuta nella presenza territoriale». Un appuntamento «che giunge opportunamente per fare il punto sugli obiettivi per i prossimi anni di questo associazionismo diffuso», aggiunge, primo fra tutti «trovare una sintesi, un modalità operativa, perché i temi dei nuovi movimenti sociali e la dimensione della grande associazione nazionale, insieme alla capillare presenza sul territorio, producano un senso civico, sociale e politico compiuto».

Per questo non disturba a Beni, toscano, cinquantenne, la polemica scatenata sulla questione della Tav, semmai infastidisce: «C?è un programma, e ci sarà uno sforzo collettivo enorme per realizzarlo. Si tratta di una mediazione alta e non al ribasso. In cui è importante cogliere la profonda discontinuità rispetto alle politiche di questi anni, per esempio, sull?immigrazione». Sì ma? «sulla questione Tav è presto detto, non abbiamo da farci tanti giri di parole: l?Arci ha condiviso le ragioni di un?intera popolazione che si è mobilitata, sindaci in testa, istituzioni locali, cittadini. Qui è emerso prima di tutto un grande problema di democrazia, questo il punto. Il movimento della Val di Susa, in realtà, ha posto il sacro santo diritto delle comunità locali di avere voce in capitolo su questioni importanti che riguardano il proprio futuro. E lo stesso Prodi sostiene questo: non si possono fare scelte così di grande impatto senza il pieno coinvolgimento delle popolazioni interessate. Il resto è polemica».

Polemica, già, ovvero campagna elettorale e programmi. In quello di Prodi, ad esempio, si dedica un capitolo al terzo settore. E sorpresa, a pagina 191 campeggia un obiettivo ambizioso: la riforma del Codice civile per la sistemazione organica della legislazione italiana sul terzo settore. «Un passaggio indispensabile», commenta Beni. «L?attuale legislazione sul non profit è insufficiente, inadeguata a valorizzare tutte le potenzialità del non profit, frammentata, risente di momenti particolari e di spinte settoriali». Ma una legislatura basterà? «è possibile farcela». Obiettivo numero uno a parte, il programma ne elenca altri: l?adozione dei decreti attuativi della legge sull?impresa sociale, l?8 per mille anche al non profit, e il sostegno al servizio civile. «Sull?impresa sociale c?è molto da fare», continua Beni, «perché di questa legge possano godere in modo trasparente anche le altre realtà non profit, e non si riduca a ricalcare il ruolo che hanno già le cooperative. Anche per questo è urgente trovare un quadro omogeneo che riconosca il terzo settore nel Codice civile, all?interno del quale sarà possibile inquadrare meglio l?impresa sociale».

E sull?8 per mille? Qual è la differenza con il 5 per mille deciso nell?ultima Finanziaria? «Il 5 per mille ha maglie troppo larghe, va evitato che per questa strada nascano associazioni fittizie semplicemente per fare raccolta fondi». Ammesso e non concesso, basterebbe riformarlo? «Certo, ma quello che vogliamo, in realtà, è essere equiparati ai soggetti che attualmente beneficiano dell?8 per mille». E sui fondi per il servizio civile? Nel programma tanti elogi, ma non si capisce come verrà finanziato… «Va detto innanzitutto che la legge 64 («Istituzione del servizio civile» del 2001, ndr) ha funzionato, c?è stata una crescita nella qualità dei progetti. La fase sperimentale è quindi finita: ora bisogna battersi perché venga finanziata, su questo si gioca la credibilità di un progetto politico».

Così, se il programma è buono, qualche perplessità arriva invece sul fronte della campagna elettorale: «Purtroppo non stiamo assistendo a un bello spettacolo, complice la nuova legge elettorale. C?è una forte tendenza dei partiti ad accentrare e ad aprirsi meno alla società civile». Proprio il contrario di quello che è l?Arci, e che cercherete di aumentare al prossimo congresso? «Sì, e lo diremo chiaramente: non è tempo di chiudersi nel palazzo, ma di aprirsi alla società. Tanto più se si va al governo».

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