Provate ad immaginare una partita di calcio, quasi una finale tra due grandi squadre nazionali, seguita da milioni di spettatori ed appassionati nella quale, con pieno fair play delle squadre e sano agonismo, ci si aspetti di vedere del buon calcio a tutto favore dello sport e dello spettacolo.
Provate ora ad immaginare che si “decida” di avere a disposizione (!) un arbitro al quale però non è concesso il fischietto e che agli assistenti dell’arbitro siano date delle bandierine troppo piccole.
Immaginando lo stupore che simile situazione potrebbe ingenerare in chi segue con passione lo sport nazionale per eccellenza, occorre pensare che questa sia stata, almeno fino a qualche mese fa, la situazione in cui è stato gestito in Italia il rapporto tra il fisco ed il comparto non profit, che l’arbitro della partita sia stata l’Agenzia del terzo settore (già Agenzia per le onlus) priva di fischietto ma tenace nel cercare di regolare la partita “urlando” (vedi il pezzo a firma Meroni, «Dieci anni di “marcata” ostilità», sul numero 13 di questo settimanale, 30 marzo 2012, pag. 8) e che noi poveri consulenti del comparto si sia assunto il ruolo di semplici guardalinee cercando di sbracciarci per segnalare ciò che non andava proprio bene. In tutto questo, ovviamente, gli spettatori e gli appassionati non hanno potuto far altro che guardare la partita supportando la propria squadra, da un lato, con sistemi quali il 5 per mille e, dall’altro, con la consuetudinaria diffidenza dei fans del motto “nel non profit si evade travestiti da società civile”.
Provate adesso ad immaginare come la stessa partita possa essere giocata senza l’arbitro (leggi soppressione dell’Agenzia per il terzo settore) o con un componente della squadra più forte che smette la maglia della sua squadra e veste la tipica casacca nera arbitrale (vedi ministero del Lavoro): la regolarità della partita dovrebbe allora per lo meno rimettersi, oltre che al fair play delle due squadre, alla smemorata, ma necessaria terzietà del nuovo arbitro e alla speranza che qualcuno gli dia un buon fischietto.
Per capire realmente come potrebbe inasprirsi la partita dopo eventuali falli di qualche giocatore di una delle squadre, basterebbe leggere l’articolo di Latini sul numero 13 di questo settimanale, 30 marzo 2012 (pag. 20, «Non profit Usa. L’impetuosa crescita dell’economia-specchio finisce sotto la lente del Fisco«) nel quale si evidenzia la crescita del comparto non profit statunitense, del tutto in controtendenza con la crisi finanziaria mondiale del profit, l’estrema attenzione che questo fenomeno ha destato nell’Internal Revenue Service e, si badi bene, la creazione di un’apposita e specialistica task force.
Tutto quanto sopra, ovviamente, non vuole e non può essere letto come il timore a che il fisco non giochi in modo doverosamente corretto la propria partita, anzi; i timori piuttosto arrivano dal mettere assieme tutti i pezzi del nuovo puzzle: manca l’arbitro o, se va bene, ne sarà nominato uno, ci sono novità normative che facilitano gli accessi e le ispezioni nel comparto specifico, la diffidenza verso il contribuente “auto-liquidante” le proprie imposte continua ad imperare, il comparto non profit continua la sua crescita a differenza del comparto profit, il grigiore normativo continua a regnare nel comparto non profit e la vita delle strutture di questo tipo continua ad essere appesa alla probabilissima e comune equazione dello “sbagli fiscalmente = rischi di chiudere bottega sociale”.
In tutto ciò, mentre tanti supporters si apprestano a destinare il loro 5 per mille Irpef 2012, noi consulenti di comparto continuiamo a sbandierare le nostre piccole bandierine quando qualcosa sembra essere davvero irregolare.
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