Non profit
L’«Aquilone», quel che resta dell’Aquila
Il centro commerciale è il nuovo cuore del capoluogo
di Redazione
La zona ovest della conca aquilana è quella che ha subìto meno danni. Qui tre anni fa è sorto l’ipermercato. Che oggi si è trasformato nel nuovo punto d’incontro degli abitanti Chi vive lontano dall’Abruzzo e si informa solo attraverso la televisione è portato a pensare che L’Aquila, il capoluogo ferito dal sisma del 6 aprile, sia stata già ricostruita o al più basterà attendere un paio di mesi. In realtà oggi esistono due città. Quella che non c’è più e quella che cerca di andare avanti in maniera molto caotica. A voler semplificare, e non sembri una battuta, oggi ci sono L’Aquila e l’Aquilone.
L’Aquilone è un centro commerciale. Sì, avete letto bene: un centro commerciale. Quando fu inaugurato, nel dicembre di tre anni fa, molti aquilani lo avevano guardato con sospetto, tanto che ci fu chi ipotizzò che sarebbe stato un fallimento. E questo contribuisce anche a comprendere meglio qual è il dramma che oggi vivono gli abitanti della città abruzzese.
Il centro storico per gli aquilani è stato sempre il luogo per eccellenza della città ma non solo per le sue bellezze artistiche e per il suo carico di storia quasi millenaria. Ma anche come il centro pulsante dell’economia. Basti pensare che piazza Duomo dal Medioevo ospita (meglio ospitava) tutti i giorni il mercato. Prima con i prodotti agricoli del circondario e con gli oggetti dell’artigianato. Più di recente anche con tutto ciò che si può trovare in un supermarket. Per sintetizzare, senza correre il rischio di banalizzare, il mercato di Piazza Duomo era il vero grande centro commerciale della città. O almeno così veniva percepito.
Tutte le megastrutture che sono nate negli ultimi 15 anni in periferia, che pure hanno dato un duro colpo alle piccole attività commerciali, sono state viste come una necessità ma fuori dalla storia, dalle tradizioni e dal sentire profondo degli aquilani. Questo spiega anche perché L’Aquila è fra le poche città storiche in Italia che non ha mai potuto avere una isola pedonale degna di questo nome. I suoi abitanti, e i commercianti, non hanno mai voluto perdere il “possesso” fisico dell’intra moenia.
Ecco dunque che la fuga dalla vecchia e traballante L’Aquila si è fermata in uno dei simboli della modernità. Ogni città ha bisogno di luoghi dove ritrovarsi: c’è necessità di piazze, luoghi di culto, spazi ricreativi. Noi aquilani abbiamo dovuto improvvisare. Per cui sui bordi delle strade di periferia spuntano cartelli con le indicazioni più disparate: «Abbiamo riaperto in via…»; oppure «Non molliamo, siamo sempre aperti».
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