Malattie genetiche rare

L’appello: la cura c’è, si faccia presto con lo screening

Per la leucodistrofia metacromatica è stato messo a punto dall'istituto di ricerca di Fondazione Telethon Tiget un trattamento salvavita che è efficace solo se tempestivo. Una diagnosi tardiva è quindi ancora oggi una condanna. Ne abbiamo parlato con una delle ricercatrici che hanno lavorato alla terapia genica Francesca Fumagalli

di Nicla Panciera

Sono oltre undicimila i neonati lombardi che dal luglio 2024 a oggi hanno ricevuto il test di screening neonatale per la leucodistrofia metacromatica (Mld), una gravissima malattia neurodegenerativa di origine genetica per la quale esiste una terapia genica salvavita la cui efficacia dipende dalla precocità del trattamento e, quindi, dalla diagnosi tempestiva, senza la quale diventa impossibile salvare i piccoli pazienti da una malattia genetica altrimenti letale. Si stima colpisca 1 bambino ogni 100 mila, si contano quindi tre-quattro nuovi casi l’anno in Italia. La storia di Gioia, una bambina di Formigine, ha colpito tutti. Il progetto pilota in corso in Lombardia e in Toscana è finalizzato proprio alla raccolta dei dati sul test diagnostico richiesti per il suo inserimento tra gli screening neonatali.

La terapia genica salvavita, messa a punto all’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica SR-Tiget del San Raffaele di Milano e frutto di vent’anni di studi, è stata approvata nel 2020 in Europa e poi negli Stati Uniti dove ci sono, rispettivamente, sei e cinque centri qualificati al trattamento. Ne abbiamo parlato con Francesca Fumagalli, specialista in Neurologia presso l’Unità di Immuno-ematologia Pediatrica e l’Unità di Neurologia e Neurofisiologia dell’Ospedale San Raffaele. Tra i suoi vari lavori, anche lo studio, apparso su Lancet, con i risultati a lungo termine di efficacia e sicurezza della terapia. «Ora che è disponibile una terapia efficace, sarà fondamentale avviare il prima possibile i programmi di screening alla nascita per questa patologia» dice.

La malattia

La MLD è una malattia neurologica molto grave, progressiva, con una prognosi infausta e una qualità di vita estremamente scadente per tutti i pazienti affetti. Essa è provocata da un difetto nell’enzima arisolfatasi A, per via del quale si genera un accumulo di sostanze tossiche, dette sulfatidi, soprattutto a livello del sistema nervoso. «Il gene non funzionante codifica per l’enzima arilsulfatasi A, responsabile del metabolismo dei solfatidi, sostanze tossiche. L’enzima è una sorta di spazzino, la cui assenza porta al loro accumulo nel sistema nervoso» ci spiega Fumagalli. «Il difetto genetico che causa la leucodistrofia metacromatica può essere corretto attraverso la correzione delle cellule staminali ematopoietiche. Tramite dei vettori virali, si può reinserire il gene mancante nelle cellule ematopoietiche del bambino malato e queste cellule reinfuse riescono a portare l’enzima a tutto il sistema nervoso, con l’eliminazione della sostanza tossica. Ma è necessario intervenire prima dell’accumulo, il danno provocato al sistema nervoso centrale essendo irreversibile». I bambini, infatti, perdono progressivamente la capacità di camminare, parlare e interagire con il mondo circostante: la maggior parte di loro muore in età infantile e ha a disposizione soltanto cure palliative.

La terapia

«Nel corso degli studi clinici condotti a partire dal 2010, avviati al termine degli studi in vitro e in vivo che avevano dimostrato l’efficacia del trattamento sui modelli animali, sono stati trattati 39 bambini e il follow-up più lungo è arrivato a 12 anni» ci spiega la ricercatrice. «Questi studi hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia del trattamento nel prevenire lo sviluppo dei sintomi della malattia nei bambini presintomatici. In presenza di un carico di malattia, invece, i bambini sviluppano comunque una malattia più lenta e lieve». Lidmeldy, questo il nome del farmaco a base di terapia genica, è approvato per la forma giovanile-precoce, per bambini che non abbiano manifestato i segni clinici della malattia o che comunque camminino e non abbiano ancora declino cognitivo, e per la forma tardo-infantile prima della comparsa dei sintomi. «Il percorso terapeutico è lungo e impegnativo, dopo l’infusione la correzione del difetto genico richiede del tempo per essere completa, per questo abbiamo delle finestre temporali precise oltre le quali il trattamento non è più efficace, quindi non è indicato» chiarisce Fumagalli.

La diagnosi

Il danno da accumulo di sulfatidi si manifesta sulla funzione motoria e cognitiva e causa sintomi aspecifici, quindi ci si orienta inizialmente verso altre ipotesi diagnostiche più comuni in età pediatrica. «Solo con esami come la risonanza e l’elettromiografia, si evidenziano le lesioni alla mielina tipiche della MLD che indirizzano verso ulteriori indagini genetiche che confermano la malattia quando spesso è tardi» puntualizza Fumagalli. «Il test diagnostico utilizzato negli studi pilota in Lombardia e in Toscana, finora rispettivamente su 11mila e 40mila neonati, è lo stesso utilizzato negli altri centri europei e prevede tre livelli: una misurazione dell’accumulo dei sulfatidi, un dosaggio dell’enzima Arilsulfatasi A e un test genetico» spiega Fumagalli, evidenziando come il rischio di falsi positivi sia praticamente nullo. Inoltre, all’estero i genitori vengono avvertiti solo a diagnosi certa e non, come in Italia, dove è richiesta l’autorizzazione al test genetico, al penultimo passaggio.

Francesca Fumagalli del San Raffaele

La necessità dello screening

Lo studio pilota in Lombardia è promosso dalla Fondazione Telethon grazie a un accordo con la Fondazione per l’Ospedale dei Bambini Buzzi e coordinato dall’Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano. L’adesione è su base volontaria, previo consenso informato da parte dei genitori. Oltre alla Lombardia, ad oggi solo la Toscana offre lo screening neonatale per la MLD (già dal marzo 2023), coordinato dal Meyer di Firenze e finanziato anche grazie all’Associazione Voa Voa Amici di Sofia.

Nonostante la gravità della malattia, in Lombardia, solo 17 punti nascita su 72 hanno aderito al progetto e il tasso di adesione (dei genitori) è stato del 41,3%. Per migliorare queste partecipazioni, servirebbe più sensibilizzazione: «Una sensibilizzazione verso le famiglie sull’importanza dello screening, che tra l’altro non comporta nessuna procedura aggiuntiva rispetto agli screening neonatali attuali» commenta Fumagalli. Per quanto riguarda i punti nascita, «pur trattandosi di un carico di lavoro aggiuntivo, incluso il momento di comunicazione con i genitori e la raccolta del consenso, sarebbe auspicabile un loro maggior coinvolgimento. Abbiamo messo a punto un trattamento efficace, capace di modificare la storia naturale della malattia, grazie al quale vediamo ragazzini di 12, 14 anni che camminano e parlano come i loro amici, invece di essere allettati con gravi disabilità e una scarsa aspettativa di vita. Ogni bambino con leucodistrofia metacromatica individuata con lo screening è trattabile e quindi guaribile. Per noi è davvero frustrante dover dire ai genitori che per il loro bambino non c’è nulla da fare perché è troppo tardi».

Foto di Fondazione Telethon (Giorgia, una bimba con leucodistrofia metacromatica con la ricercatrice Francesca Fumagalli)

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