Non profit

L’antidoto alla crisi? Si chiama associazionismo

In un Paese in pieno malessere le Acli mostrano una percentuale di cittadini che non si arrendono. Sono gli iscritti alle associazioni sociali. E non hanno paura del futuro

di Benedetta Verrini

Il bicchiere degli italiani è mezzo vuoto. Lo è soprattutto per quanti si isolano nel proprio privato o si distaccano da qualsiasi impegno politico o civile. Eppure, in mezzo a questa moltitudine (il 65%) che guarda il futuro con angoscia e incertezza, esiste anche un fronte di irriducibili ottimisti, un?Italia che s?impegna nel sociale, che dona, che fa consumo critico, che scende in piazza e discute di politica, che si ritiene motore del cambiamento del Paese. Sono loro gli ?anticorpi della società civile?, come li definisce il IX Rapporto sull?associazionismo sociale curato dall?Iref, l?istituto di ricerca delle Acli.

Chi s?impegna e chi no

Il documento, che arriva a tre anni di distanza dal precedente, parte da un?ipotesi di lavoro molto coraggiosa: la nostra società civile ha sviluppato delle risorse per reagire a uno stato conclamato di decadenza? La risposta è assolutamente positiva, a cominciare dalla buona tenuta di tutte le agenzie sociali. Anche in un clima di sfiducia generale, l?associazionismo ha conosciuto una crescita sorprendente passando da un 18% di iscrizioni nel 2002 al 23% del 2006. Aumentano poi il volontariato nelle parrocchie (38%) e l?impegno a un consumo responsabile (68%), ?tengono? le donazioni (46% degli italiani).

Tutto bene, dunque? Non proprio. La ?scheda psicosociale? dell?Italia è complessa. È divisa in due facce, a loro volta ulteriormente sfumate. C?è un 60% degli italiani che manifesta un pesante malessere e diserta i luoghi della partecipazione civica. Si tratta di quanti hanno scelto il radicamento nel privato (17%) e gli italiani che vivono un totale distacco passivo (43,4%) dalla vita sociale e democratica. I primi hanno operato una scelta di vita: niente coinvolgimenti nell?agone politico, la pubblica amministrazione è un fardello, la propensione alla solidarietà è vissuta come possibilità remota e residuale. Per il secondo gruppo di italiani, i passivi, non c?è stata scelta. Una particolare cornice socio-culturale (bassa istruzione, età, residenza nel Sud, fuoriuscita dal mercato del lavoro) li ha resi estranei a qualsiasi forma di impegno. Per loro il volontariato e l?adesione al terzo settore sono attività del tutto estranee al vissuto (le percentuali qui si approssimano allo zero), il consumo responsabile è una pratica sconosciuta (100%) e la propensione a donare è al di sotto della media di dieci punti percentuali (35%).

Gli anticorpi sociali

Poi c?è l?altra faccia dell?Italia. Quella degli ?anticorpi?. Quel 40% di persone che hanno fatto del civismo politico (25,9%) e dell?attivismo solidale (13,7%) il loro stile di vita. Li accomuna un elevato livello d?informazione, l?attitudine a scendere in piazza per promuovere i propri diritti e un sostegno deciso al welfare state. I primi sono più orientati dal punto di vista politico: sono iscritti a partiti, sindacati e organizzazioni di categoria (il 30,4%, dieci punti percentuali in più del totale), ritengono di dover partecipare alle decisioni della comunità per sentirsi pienamente cittadini (il 21,2%), hanno una forte sensibilità ecologista (53,4%, il 17% in più del totale). Per loro, l?affiliazione alle associazioni del terzo settore è quasi naturale (51%, il 28% in più del totale) e donare è una prassi (57,5%).

Negli attivisti solidali, invece, la spinta partecipativa non ha carattere politico: qui il tasso di azione volontaria raggiunge il 100% e vi è una relazione molto stretta con le organizzazioni non profit: il 56,9% di loro sono iscritti ad associazioni e l?80,9% effettua donazioni, con un impegno dichiarato a favore dei diritti dei più deboli (il 27,7%, il 15% in più del totale).

In questa Italia non c?è sfiducia nel futuro. L?emersione da quell?isolamento che ?ammorba? l?altra parte del Paese alimenta una diffusa serenità nei rapporti con il prossimo, solidarietà diffusa e un confronto sereno con le istituzioni. Ed è tutta qui la conclusione del nuovo Rapporto Acli: la partecipazione è un antidoto contro l?indifferenza e l?isolamento sociale. Il bicchiere, qui, è mezzo pieno.

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