Politica

l’antica fabbrica di ambasciatori adesso vola da sola

Istituto per gli studi di politica internazionale

di Redazione

Tra i prossimi eventi ci sono le tavole rotonde sul dopo Gaza e tra gli ultimissimi, approfondimenti su Obama e i rapporti tra Russia e Occidente. È il calendario dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale fondato a Milano nel 1934, ovvero uno dei più antichi centri di ricerca indipendente sui temi di politica estera d’Italia.
Associazione di diritto privato, ente morale dal 1972, dal 1940 ha una sede prestigiosa nel cuore di Milano: Palazzo Clerici. «Una proprietà del Demanio che ci è stata data in comodato e che comporta oneri e onori», spiega il direttore Paolo Magri riferendosi all’impegno dell’istituto di occuparsi della manutenzione dello storico stabile, per cui dal 1991 al 2008 sono stati investiti oltre 3 milioni di euro. Di contro il Palazzo è aperto al pubblico, e riceve oltre 20mila visite l’anno.
Sono quattro le direttrici sulle quali si sviluppa l’attività dell’Ispi: ricerca, pubblicazioni, formazione e organizzazione di eventi, che solo negli ultimi tre anni sono stati oltre 500 con circa 80mila partecipanti e oltre 300 relatori coinvolti ogni anno, di cui il 40% stranieri. D’intesa con il Mae, il ministero degli Affari esteri e in collaborazione con analoghi istituti stranieri, sono poi organizzati Fori di dialogo bilaterale con diversi Paesi (Argentina, Egitto, Francia, Germania, Olanda e Russia), che vogliono stimolare il confronto tra imprenditori, politici, personalità della cultura e dei media su temi di interesse comune. Uno dei fiori all’occhiello dell’istituto è che nell’ultimo quinquennio il 21% degli ammessi alla carriera diplomatica sono stati studenti Ispi.
Dal punto di vista delle risorse, negli ultimi due decenni molto è cambiato. «Fino a dieci anni fa l’85% dei nostri fondi derivava da associazioni d’impresa, enti e contributi statali, di cui un terzo dal Mae. Oggi la situazione si è ribaltata», spiega Magri, ricordando come «la parte più significativa del nostro bilancio arriva dalle commesse di ricerca e dall’attività formativa», che è notevole: sono infatti circa 80 i corsi attivati all’anno con oltre 1.700 studenti e 150 docenti.
Una risposta alla minore disponibilità economica di pubblico e imprese, ma anche un’opportunità per «riorientare le attività cercando di focalizzarci sulla politica internazionale». Tutti cambiamenti che hanno inciso anche sulla gestione economica: «Ci siamo rivolti agli utenti, ci siamo messi per così dire “sul mercato”, così da avere anche un riscontro sull’utilità di quello che facciamo», conclude Magri. «Se mi occupo di formazione è importante sapere quanti sono disposti a pagare per quello che offri, distinguendo bene tra ricerca pura e applicata». E i numeri sembrano dare ragione alla scelta.


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