Volontariato

L’anno d’oro delle banche armate

Raddoppiate anche le autorizzazioni concesse dal governo. L'industria bellica italiana tira sempre di più. Gli attivisti pronti a dare di nuovo battaglia

di Daniele Biella

Dopo anni di “quiete” e alcuni virtuosi dietrofront, nel 2008 le banche “armate” sono tornate all’attacco. Da evidenziatore il dato delle autorizzazioni concesse agli istituti bancari dal ministero dell’Economia: 1.612, quasi il doppio rispetto alle 882 del 2007. Per un valore complessivo di 4 miliardi 285 milioni, più del triplo di due anni fa (un miliardo 329 milioni). E nel giro di un solo anno è triplicato anche il valore delle esportazioni definitive: 3 miliardi 701 milioni contro il miliardo 224 milioni del 2007.
La parte del leone (vedi tabella) spetta al Gruppo Bnp Paribas, che raccoglie da solo il 36% del totale: un miliardo 344 milioni, quasi tutti (un miliardo 253 milioni) autorizzati a una banca interna al gruppo, l’italiana Bnl-Banca nazionale del lavoro, che nel 2007 aveva dato supporto alle aziende armiere per “soli” 62 milioni. Seconda, a debita distanza ma con il record di autorizzazioni (362) e il triplo della cifra dell’anno precedente (da 174 milioni a 519), Deutsche Bank. Poi, appena giù dal podio, dopo Société Generale, si ritrova l’italianissimo Gruppo Intesa Sanpaolo, con il 7% del mercato totale. Altre due italiane nella top ten: al sesto posto, Ubi Banca, nel 2008 al 6% del mercato contro lo 0,27% del 2007; al nono, Unicredit Group, che però dal 2007 al 2008 è scesa da 404 a 119 milioni. Seguono, Gruppo Monte dei Paschi di Siena (46 milioni), Banco di Sardegna (19), Banca Valsabbina (11) e Banca Carige (8).
Quali sono i motivi di questa escalation? «Almeno tre», spiega Andrea Beretta, ricercatore della Rete disarmo, «il maggior numero di autorizzazioni verso Paesi a rischio come la Turchia, la corsa a modernizzare i propri eserciti da parte dei Paesi entrati di recente nella Ue e l’aumento della richiesta di Paesi ricchi, occidentali e arabi, vista l’eccellenza in molti settori dell’industria bellica italiana». Tutto questo a 19 anni dalla legge 185, che regola le esportazioni di armi. Il rischio è che anche nel prossimo futuro l’azienda delle armi continui a crescere. «Per evitarlo», suggerisce don Fabio Corazzina, portavoce della Campagna banche armate, «occore che la società civile torni a farsi sentire con il vigore del passato». Come? «Ogni cittadino chieda spiegazioni in merito alla propria banca. E se non le ottiene, prenda provvedimenti».

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