Sostenibilità
L’animal welfare policy di Prada è “deludente”
Le critiche espresse dagli animalisti di Lav e Humane Society International/Europe - Hsi. Per le due organizzazioni infatti si è «persa una grande occasione per compiere scelte coraggiose e sostenibili. Nessun segnale di una progressiva dismissione di materiali animali critici. Incoraggiamo il Gruppo a farlo!»
Sono quattro i punti critici segnalati dalla Lega Anti Vivisezione- Lav e da Humane Society International/Europe – Hsi dopo la pubblicazione da parte del gruppo Prada della sua prima “Animal Welfare policy”. Per le due associazioni animaliste, infatti, il documento non ambisce a eradicare la sofferenza animale dalla supply chain dell’azienda.
La policy – specifica una nota – rappresenta un’autoregolamentazione delle modalità di approvvigionamento di materie prime ricavate da animali quali piume (per imbottiture e decorative), pelli (da quella bovina alle “esotiche”) e filati (lana di pecora, cashmere, mohair, alpaca e altri filati) e deferisce a sistemi di certificazione elaborati da queste stesse industrie che spesso non sono trasparenti, sostenibili e credibili in termini di benessere animale.
Unica nota positiva il no alla lana d’angora
«Una grande delusione! Dopo gli importanti traguardi raggiunti nel 2020 con gli annunci della definitiva dismissione di pellicce prima e pelle di canguro poi, a seguito del proseguire delle relazioni con l’azienda in particolare sulle filiere più critiche quali sono quelle delle pelli esotiche e delle piume, ci saremmo aspettati ulteriori impegni di sostenibilità» dichiara Simone Pavesi, responsabile Lav Area Moda Animal Free.
«Il Gruppo Prada si è invece limitato ad elencare quali sono le Certificazioni “Responsabili” da cui continuerà ad approvvigionarsi; unica positiva novità» aggiunge Pavesi, «la rinuncia alla lana d’angora (un filato ricavato da conigli e con metodi cruenti)».
Cresce la domanda di prodotti cruelty-free
Sulla stessa lunghezza d’onda Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Hsi/Europe, che commenta: «Se qualche anno fa abbiamo celebrato il Gruppo Prada per le sue scelte etiche in merito a certi materiali di origine animale, oggi la loro nuova policy, invece di costruire su quei principi etici, desta preoccupazione per ciò che l’azienda intende come standard accettabili di benessere animale e per la sua disponibilità a deferire a sistemi di certificazione gestiti dall’industria».
In particolare Pluda aggiunge: «Non possiamo che scuotere il capo di fronte all’uso di materiali estremamente problematici come le pelli di rettili selvatici, cacciati o allevati contro natura, o le piume che potrebbero derivare dall’industria cruenta del foie-gras. Dal dialogo con l’azienda ci saremmo aspettati più ambizione, in linea con la crescente domanda di prodotti veramente cruelty-free».
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I 4 punti critici
Tra i punti più discutibili della Animal Welfare Policy di Prada, evidenziamo i seguenti:
- nel paragrafo “Vision and Goals” Prada dichiara: “il Gruppo mira a procurarsi fibre e materiali animali solo da catene di approvvigionamento responsabili attraverso solidi schemi di verifica, con parametri misurabili e tracciabilità integrata”; questa affermazione – precisano gli animalisti – è tuttavia incoerente con quanto poi l’azienda stessa scrive in riferimento ai sistemi di certificazione da cui si approvvigiona e che, per esempio per piume e pelli di struzzo risulta che “Il Gruppo è consapevole che lo standard (il Saobc ovvero il South African Ostrich Business Chamber) è ancora in fase di piena implementazione e richiede ancora attenzione per quanto riguarda la robustezza e la creazione di una catena di custodia”.
- Nel paragrafo “Core principles” l’azienda dichiara che: “si impegna a eliminare gradualmente in futuro altri materiali di origine animale la cui provenienza, secondo evidenze scientifiche, non è in linea con questa policy”; tuttavia, questa policy si limita a citare standard industriali (anche riconoscendo il fatto che, alcuni, sono incompleti e necessitano di ulteriori verifiche) che sono scritti dagli stessi allevatori/fornitori dei materiali animali cui fanno riferimento; l’azienda non definisce propri standard cui i fornitori dovrebbero adeguarsi. Inoltre, si legge nella nota, la decisione dell’azienda sulla eventuale dismissione di determinati materiali non dovrebbe essere in funzione di sole valutazioni “scientifiche”, ma deve tenere conto anche di considerazioni etiche e dell’opinione pubblica.
- Nel paragrafo “Animal welfare commitment” l’azienda dichiara che: “I sistemi standard prescelti vengono selezionati in base alle loro prestazioni e devono contenere criteri validi nei settori chiave della tracciabilità, della trasparenza, della qualità delle pratiche relative al benessere degli animali e della metodologia di verifica.”. Tuttavia, diversi standard industriali citati nella Policy non sono pubblici, quindi mancano in trasparenza (per esempio per i rettili quello dell’International Crocodilian Farmers Association ed il Responsible Reptile Sourcing Standard; ma anche quello della South African Ostrich Business Chamber per la filiera di pelle e piume di struzzo)
- Infine, il Gruppo Prada dichiara che la pelle animale è un key material; ciononostante, nella Animal Welfare policy del Gruppo non c’è traccia di standard industriali o specifiche azioni dell’azienda in termini di maggiori tutele per gli animali di questa filiera oltre a quanto già prevedono le minime norme di legge vigenti nei Paesi da cui il Gruppo si approvvigiona (Paesi che, non essendo esplicitati, possono anche essere extra-Ue quindi con parametri anche inferiori a quelli europei).
Serve una roadmap ambiziosa
«Le filiere produttive di materiali animali per la moda, oltre a criticità etiche, implicano palesi problemi di impatto ambientale legate alle emissioni di gas serra, al consumo e all’inquinamento dell’acqua, al consumo di suolo. Considerato che il Gruppo Prada si è voluto fortemente impegnare sul fronte della Sostenibilità del comparto moda, aderendo ai network “The Fashion Pact” (iniziativa avviata dal presidente francese Emmanuel Macron con François-Henri Pinault, ceo Kering Group) e della “Fashion task force” nell’ambito della Sustainable Markets Initiative di re Carlo III, incoraggiamo e chiediamo al Gruppo Prada di definire e rendere pubblica, per coerenza, una roadmap ambiziosa, da qui al 2030, per la riduzione e dismissione di materiali animali critici» concludono Lav e Hsi/Europe.
Per approfondire l’Animal Free Fashion, il rating di Lav nato per promuovere una moda etica, sostenibile, rispettosa degli animali e dell’ambiente qui
In apertura photo by Alyssa Strohmann on Unsplash
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