Formazione
L’Angola, il paese mangiato dalla globalizzazione
A tre anni dalla fine della guerra civile il paese vive nel caos sociale ed economico. Missionari e ong sono in prima linea. «La scuola è la sola chance per un futuro diverso»
da Luanda (Angola)
La globalizzazione abita a Luanda. A tre anni dalla fine della guerra e del pensiero unico, marxista-leninista, tutto si è aperto al mercato. L?invasione è stata devastante. Il peggio del libero mercato ha trovato una sintesi perfetta con i mali dell?Africa. Questa sintesi si chiama Luanda. Metropoli da 4,5 milioni di abitanti, ma sono una stima (il 40% della popolazione dell?Angola), tre quarti dei quali vive nei barrio più putridi. In ogni angolo si accumula la spazzatura. La gente, con dei carrettini improvvisati, raggiunge un pozzo e raccoglie l?acqua che poi trasporta percorrendo strade piene di buche, bagnate da acque nere maleodoranti. La puzza è intensa. I bambini non si curano né dell?odore né della sporcizia. Fanno quello che ogni bambino fa per strada: gioca.
L?immenso mercato
Dalle 7 del mattino fino alla sera, tutta la città è un enorme ingorgo. La grande maggioranza degli angolani urbanizzati sono commercianti illegali. I giovani riempiono le strade di Luanda vendendo qualsiasi cosa, oggetti per la casa, orologi, batterie, tegole, mattonelle, lampadine, biscotti, verdura, frutta, bibite, agli occupanti dei veicoli intrappolati negli ingorghi del traffico cittadino.
Gli automobilisti e i passeggeri dei candongeiro (mezzi pubblici) hanno tutto il tempo per scegliere la merce che desiderano. Merce che arriva da Roque Sentiero. Qui a Roque, vero motore dell?economia informale, si vende di tutto, dalla verdura alla carne, dalle lampade al neon ai computer più moderni.
I vialetti del mercato li percorriamo accompagnati dai missionari salesiani che svolgono la loro opera nei quartieri più poveri della città. Hanno aperto una scuola di alfabetizzazione per la gente. Non solo. Anche un centro di raccolta dei bambini che si perdono nel dedalo delle bancarelle. Vengono accolti, nutriti e istruiti. Le mamme, poi, si rivolgono lì per ritrovare i propri figli.
Padre Tirso, ci accompagna attraverso le opere che stanno sorgendo come funghi: centri di alfabetizzazione, scuole vere e proprie, centri artigianali e professionali. In un solo centro, a Boavista, passano 6700 persone per l?alfabetizzazione, 4700 tra ragazzi e ragazze per la scuola primaria, più quelli che stanno imparando un mestiere. Le scuole che lavorano a pieno ritmo, con turni estenuanti anche per gli insegnati. Si comincia alle 8 del mattino per finire alle 11 di sera. Le aule sono sempre piene. Ci spiega Carlotta Carpi del Vis: «L?attività è iniziata nell?aprile del 2004 ed è un progetto finanziato dalla Ue per cinque anni. Fino ad ora abbiamo ricevuto più di 300 curriculum e abbiamo contattato 85 imprese, 90 ragazzi hanno fatto un colloquio e 25 hanno trovato un lavoro. Siamo soddisfatti perché la risposta è molto buona».
Verso il voto
Piccoli segni di speranza in una città che è tutto fuorché africana, vittima dell?invasione degli uomini d?affari di mezzo mondo. Gli americani, i vietnamiti, i coreani e i cinesi. Josè Eduardo dos Santos, presidente dal 1979, vive un idillio con gli Stati Uniti e dalla Cina, in un anno, ha ricevuto crediti per 2 miliardi di dollari. Con la Russia ci sono rapporti cordiali. Il Paese, intanto, si sta avviando alle elezioni, sempre rimandate, ma che ora dovrebbero tenersi nel settembre 2006. Dos Santos ha ricevuto la benedizione di George W. Bush, con il Portagallo i rapporti sono più che ottimi, ed è amico intimo del presidente della Commissione Europea Barroso. La sua elezione, dunque, è scontata.
Altri cercano di intercettare il malcontento che regna nel partito del presidente, l?Mlpa. Nelle elezioni Dos Santos dovrebbe avere vita facile. Ma un?incognita incombe: attraverso i ?nuclei di difesa civile?, di stalinista memoria, l?Mlpa, ha armato chiunque. A Luanda, se non tutti, quasi tutti i suoi abitanti, possiedono un?arma. In capitale si vive una ?pacifica convivenza?, non certo la pace vera. Tutto è pronto per esplodere. «Il governo non fa nulla per il popolo» ci dice padre Piccoli, brasiliano, superiore dei salesiani, «ma si occupa solo della classe ricca. C?è confusione nella testa degli angolani: prima il colonialismo, poi il marxismo ed ora non sanno quello che sono. Hanno tolto il marxismo, dall?oggi al domani, hanno introdotto il capitalismo sfrenato».
E poi c?è il problema dei capi militari. Il governo è consapevole che non potrà ricompensarli tutti. E allora, da che parte si metteranno i generali? In molti temono un colpo di Stato perché non c?è un?alternativa all?Mpla. Intanto, mentre le cancellerie internazionali premono sull?Angola, le risorse sono enormi: petrolio, diamanti, uranio, legno e terre da coltivare, la gente si arrangia come può.
«L?Angola sembra non avere soluzione», dice padre Piccoli. «La vera sfida sono i giovani. Il governo ha istillato paura nelle teste di ognuno. Per questo stiamo sulla barricata dell?alfabetizzazione, della scuola, per costruire una nuova Angola».
Numeri tragici
Abitanti: 11.190.786 (luglio 2005)
Età media: 18 anni
Mortalità infantile: 191/1000
Attesda di vita: 36 anni
Tasso di fertilità: 6 figli per donna
Popolazione con l?Aids: 3,9%
Morti di Aids: 21mila (2003)
Anlafabetismo: 68%
Popolazione sotto la linea della povertà: 70%
Pil procapite: 1700 euro (dati 2004)
Disoccupazione: oltre il 50%
Rifugiati interni: 40/60mila persone (2005)
Spese militari: 10,6% del pil (2004)
Un’esperienza di accoglienza a Luanda
Sorrisi in casa Margherita
C arlito è un bambino fortunato. Mamma Berta e papà Kadafi lo hanno preso con loro quando aveva solo un mese. La mamma naturale di Carlito è morta durante il parto. Il padre lo ha portato a Berta ed è scomparso. Eppure Carlito è un bambino fortunato. Berta e Kadafi infatti hanno 5 figli e altri 14 che come Carlito hanno trovato lì la loro casa. Li hanno raccolti dalla strada, strappati alla colla o alla benzina da sniffare, all?accattonaggio e ai pericoli di una metropoli che non si cura dei propri figli. La casa famiglia Margherita è diventata, ormai, un?istituzione del quartiere. Tutta la comunità cristiana sostiene Berta e Kadafi. Ma non solo. La comunità dei missionari salesiani e l?associazione LumbeLumbe, una onlus romana, li aiutano. «Con la guerra», spiega Berta, «le famiglie si sono disgregate. I bambini hanno cominciato a vagare per le strade. Noi li abbiamo accolti. Ma non abbiamo nessun senso di possesso. Anzi. Ci auguriamo che in molti ritrovino la loro famiglia naturale, come è successo in tanti casi. Una tv ha fatto un servizio sulla nostra casa, mostrando i bambini. In molti sono stati riconosciuti e i genitori sono venuti a prenderli. Di questo siamo felici».
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