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L’anatema di Napolitano
Il Presidente interviene duramente a difesa dei magistrati
“Sulla giustizia siamo al limite” scrive senza giri di parole il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e la sua scossa morale lascia il segno. Il caso dei manifesti comparsi a Milano (“Via le Br dalle procure”) è del resto solo l’ultimo anello di una lunga catena di attacchi alla Procura di Milano provenienti dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E ieri si è sfiorato l’ennesimo, pericoloso, scontro istituzionale.
“Ignobili i manifesti anti-pm” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA che riferisce tra virgolette una delle frasi del presidente della Repubblica. Molti i servizi dedicati al tema, da pagina 2 a pagina 9. “Il Colle e i manifesti antitoghe: offesa alla memoria di chi morì” scrive Marzio Breda, raccontando la reazione del Capo dello Stato. “Va ben oltre i toni accorati ed esorcistici degli appelli istituzionali – spiega Breda -, il messaggio che il presidente della Repubblica dedica all’ultima escalation del conflitto aperto dal centrodestra (Berlusconi per primo ha parlato di «brigatismo giudiziario» ) contro la magistratura. È un testo deliberatamente duro, senza attenuanti verso chi alimenta un incendio che cova già da troppo tempo. Espressioni sulle quali il capo dello Stato ha riflettuto per l’intero fine settimana, optando poi per le più acuminate e aspre, e quindi le più inequivocabili, per far sentire il suo avvertimento. Tutto questo dopo aver inutilmente atteso per due giorni di vedere se le invettive antigiudici sarebbero cessate (e così non è stato, nonostante qualche imbarazzata e balbettante presa di distanza dall’inventore dei manifesti choc), e dopo che il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, era già intervenuto con un richiamo condiviso dal Colle. Un testo affidato da Napolitano allo stesso Vietti, per annunciargli che il 9 maggio si celebrerà al Quirinale il «Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice» . Una lettera in cui spiega che «quest’anno il nostro omaggio sarà reso in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane» . Tra loro, aggiunge Napolitano, «si collocano in primo luogo i dieci magistrati che, per difendere la legalità democratica, sono caduti per mano delle Brigate rosse e di altre formazioni terroristiche» . A fianco del pezzo l’elenco dei dieci magistrati uccisi: Emilio Alessandrini, Mario Amato, Fedele Calvosa, Francesco Coco, Guido Galli, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione. Un elenco che fa pensare: molti di questi nomi sono ormai dimenticati da tempo. A pagina 3 la reazione del sindaco di Milano: “Il sindaco Moratti scuote il Pdl: via l’autore di quei cartelloni”. Racconta Elisabetta Soglio: “In mattinata la Moratti ha allertato i propri uffici legali e ha verificato che esiste la possibilità di far ritirare la candidatura: «C’è una modalità prevista dal regolamento elettorale— fa sapere— e chiedo che questa persona la segua. Resterà una lista di 47 candidati invece di 48, ma è il passo di trasparenza che ci chiedono tutti i nostri elettori e che noi dobbiamo garantire» . A pranzo, poi, il sindaco ha incontrato lo stesso Mantovani insieme al coordinatore cittadino Luigi Casero e al vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi per il consueto appuntamento di esame dei sondaggi sulla campagna elettorale del sindaco uscente. E i tre sono tornati a fare pressioni su Mantovani perché convinca Lassini a rinunciare alla candidatura”. Spunta così il ruolo sorprendente di un cattolico del Pdl, Mario Mantovani, coordinatore lombardo del Pdl, amico di Lassini, l’autore della campagna dei manifesti: intervistato dal CORRIERE ammette di aver cambiato idea, dopo aver in qualche misura difeso la permanenza in lista con la Moratti del candidato indipendente. “Berlusconi non arretra ma evita lo scontro aperto” è il titolo di pagina 5. Scrive Marco Galluzzo: “Fosse per lui direbbe che se l’aspettava e che è persino d’accordo con Giorgio Napolitano, che ormai è effettivamente questione di limiti istituzionali, ma che i limiti sono stati ampiamente superati e con molta disinvoltura dai magistrati, da quelle toghe milanesi che ormai definisce «cellula» e che lo hanno ascoltato e spiato, solo per citarne una, «contro ogni prescrizione di legge» , senza che nessuna istituzione, tantomeno il Colle, protestasse per una gravissima violazione del principio di equilibrio fra i poteri dello Stato e delle garanzie previste anche per il presidente del Consiglio. Fosse per lui si leverebbe, come fa in privato, più di qualche sassolino dalle scarpe, indicando nel presidente della Repubblica un arbitro troppo tiepido con le violazioni altrui (per esempio con le parole recenti del segretario dell’Anm contro la maggioranza e la sua legittimazione a governare) e troppo inflessibile con le iniziative che invece a lui, il Cavaliere, sono riconducibili: proprio come la storia dei manifesti che equiparano i pm milanesi ai terroristi, affissi da un suo uomo, un candidato locale del Pdl che non ha per il momento voglia di sconfessare, e che magari avrà fatto un errore marchiano ma che «politicamente ha ragione» . Direbbe queste cose Berlusconi se non fosse che è consapevole che è meglio fermarsi un attimo prima dello scontro aperto con la prima carica dello Stato, che giudica senza rinvenire tracce di sincera imparzialità e con il quale i rapporti non sono mai stati così tesi”. Interessante la ricostruzione di Luigi Ferrarella in apertura di pagina 6: “L’inchiesta tocca i vertici del Pdl lombardo”, indagato Di Capua, braccio destro del coordinatore. “Quella dello stretto collaboratore di Mantovani – scrive Ferrarella -, un 30enne che è anche consigliere comunale pdl a La Spezia, sarebbe per di più stata non una malaccorta iniziativa personale, ma al contrario una operazione tutta «made in Pdl» : al punto da essere stata preordinata dal braccio destro del coordinatore regionale del partito in un incontro proprio nella sede milanese del Pdl in viale Monza. Di Capua è stato infatti indagato, per l’ipotesi di reato di «vilipendio all’ordine giudiziario» , dopo che a indicarne il ruolo nelle recenti campagne pubblicitarie firmate dalla misteriosa «Associazione dalla parte della democrazia» è stato uno dei due titolari dell’azienda di comunicazione politica che la Digos e il pm Armando Spataro avevano interrogato sabato, la «Bergomi&Falcone»”. Ci mette del suo, come sempre, Daniela Santanché, in una veloce intervista, sempre a pagina 6: “Ci sono cose peggiori di questa. Lassini resti, magari avrà zero voti”. Ovviamente pensando esattamente il contrario: “Secondo me qui si continuano ad usare due pesi e due misure – dice il sottosegretario all’attuazione del programma – Prenda la vicenda del dicembre scorso: uno tira una statuetta addosso al presidente del Consiglio e Marco Travaglio spiega che esiste il diritto all’odio. E il diritto ad essere arrabbiati perché sei stato 50 giorni ingiustamente in carcere?”.
“Napolitano difende i giudici” è il titolo; “Ignobili quei manifesti sulle Br in procura, stiamo toccando il limite” è il sommario con cui LA REPUBBLICA sceglie di aprire. Sono cinque le pagine dedicate al difficile passaggio istituzionale. Comincia Carmelo Lopapa riferendo della lettera che il Capo dello Stato ha deciso di inviare al vicepresidente del Csm, Vietti. Una missiva in cui il presidente ha espresso grave preoccupazione per i contrasti fra politici e magistrati, annunciando l’intenzione di dedicare il prossimo 9 maggio, giornata per le vittime del terrorismo, ai giudici assassinati. Un monito che le forze politiche ricevono con diversi atteggiamenti: si va dal silenzio della Lega alla soddisfazione delle opposizioni passando per la replica del Pdl: l’invito di Napolitano, ha detto Osvaldo Napoli, «non può essere unilateralmente indirizzato alla politica e al premier». Che però, puntualizza Francesco Bei nel suo retroscena, è senz’altro il più piccato dalla lettera: “Ma ora Berlusconi punta al duello finale «Sulla prescrizione scontro inevitabile col Colle»” è il titolo del pezzo di Bei. Descrive un premier al solito indulgente nei suoi stessi confronti («non ho nulla da rimproverarmi») e pronto ad attaccare a testa bassa, incurante degli appelli alla calma delle colombe del Pdl, in prima fila Gianni Letta. «Se i pm dovessero prevalere, mi spolperebbero, mi toglierebbero le aziende, dovrei lasciare l’Italia. Ma non accadrà mai», avrebbe detto il cavaliere preoccupato anche per i sondaggi che danno la Moratti sotto e che prefigurano il ricorso al ballottaggio. Diverso il parere di Gianfranco Fini, che non le manda a dire: «il patto segreto è presunto, l’evidente vaneggiamento è sotto gli occhi di tutti» ha detto nel corso di un incontro con Luca Palamara dell’Anm. Un incontro nel quale Fini ha ribadito che «la magistratura è il pilastro della legalità e dello stato di diritto». Da segnalare l’intervista a Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo: spiega come sia vero che l’Europa chieda un processo più breve (cavallo di battaglia del Pdl in questi giorni) ma che lo chiede «nel senso di una giustizia più efficiente ed autorevole». Per fare i processi più velocemente, ci vogliono risorse, mezzi umani legislativi e finanziari. A chiudere la serie, doppia pagina sulla situazione milanese: Letizia Moratti sta puntando i piedi per escludere dalla lista Roberto Lassini, l’ideatore degli infami manifesti (lui si difende, evocando il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni…). È talmente determinata da aver minacciato una lettera per dissociarsi pubblicamente dalla candidatura di Lassini. Intanto però nel suo stesso partito cresce il gruppo degli scettici. Persino il volitivo La Russa ammette: «non ce la farà al primo turno». Il commento è affidato a Barbara Spinelli: “La menzogna come bandiera”. Ovvero la strategia di Pinocchio esemplificata in diverse maniera dalla analista che conclude: «si dice senza temere smentite che Berlusconi è stato sempre assolto nei processi. È un falso: su 16 processi, solo 3 lo hanno assolto, gli altri o sono stati prescritti o è stato abolito il reato con leggi ad hoc. Si dice che i suoi processi iniziarono appena entrò in politica. È un falso…», e via elencando.
«Manifesti anti procure, Napoletano va alla guerra ma l’autore non molla» è il titolo in prima pagina de IL GIORNALE, sotto l’occhiello «l’amarezza di Berlusconi». L’articolo di Adalberto signore è a pagina 5: «Dopo giorni di affondi da parte del Cavaliere, alla fine – piuttosto prevedibile – arriva la reazione di Napolitano, messa nero su bianco in una lettera inviata al «suo» vicepresidente dell’Anm». La presa di posizione del Colle viene letta nel contesto della campagna elettorale per le amministrative: «Dice ai suoi il premier, “questo sarà un referendum pro o contro di me”. Insomma, “sarà il popolo a decidere se stare con me o con i magistrati”. E il fatto che Napolitano abbia deciso di intervenire (“I manifesti di Milano – ha detto ieri – sono un’ignobile provocazione”) non passa ovviamente inosservato. Un messaggio, quello del Colle, considerato sì “scontato” ma anche “inopportuno” visto che Napolitano non ha certo avuto lo stesso entusiasmo quando c’era da prendere le distanze da quella parte di magistratura che secondo il premier usa le sue prerogative solo per fare politica. Scontato, dunque, che tutta l’opposizione – dal Pd all’Idv passando per l’Udc – vada a ruota del Colle e ne lodi le parole. Scontato, ancora, che Fini non perda l’occasione per fare asse con Napolitano. Se Napolitano può essersi anche sentito chiamato in causa dai durissimi affondi portati avanti dal premier negli ultimi giorni, infatti, il presidente della Camera invece agisce “in perfetta malafede”. Alla fine «l’impressione di Berlusconi, dunque, è che il Colle abbia deciso di scendere in campo in un momento in cui la campagna elettorale sta entrando nel vivo». Ma il presidente del Consiglio non si scoraggia, secondo Il Giornale: «Ma se pensano davvero di arrivare al governissimo – diceva ieri ai suoi il premier – si sbagliano di grosso. Vinco a Milano e Napoli e governo fino al 2013».
Politica a pagina 9 del SOLE 24 ORE, con le dichiarazioni del presidente al centro dell’articolo principale e il Punto di Stefano Folli “Torna la domanda-chiave: può resistere la legislatura fino al 2013?”: «L’iniziativa di questo signore – a suo tempo vittima di un errore giudiziario – rischia di danneggiare la coalizione che sostiene il sindaco Moratti più di una guerra perduta. Ma è ovvio, tuttavia, che non è solo il turbamento per la vicenda milanese a muovere Napolitano. Le «esasperazioni» sulla giustizia conducono in via diretta alle polemiche innestate in un crescendo senza precedenti dallo stesso presidente del Consiglio. È a lui che, senza nominarlo, si rivolge il capo dello Stato, consapevole di dover coniugare in questo caso il massimo di cautela formale e di chiarezza sostanziale. Ma sarebbe difficile non vedere il vero significato delle sue parole. Il bersaglio immediato resta dunque lo sciocco manifesto e il suo autore, quello politico è assai più ingombrante e conduce dalle parti di Palazzo Chigi. È evidente che il Quirinale ritiene indispensabile una messa in guardia prima che sia troppo tardi, visto che la campagna per il voto amministrativo sta entrando adesso nel vivo e non sappiamo cosa può capitarci nelle prossime due o tre settimane. D’altra parte, l’idea di Berlusconi è palese. Radicalizzare al massimo lo scontro; trasformare il normale conflitto maggioranza-opposizione in una contesa all’ultimo respiro tra maggioranza e magistratura, attribuendo a quest’ultima (o a una parte di essa) un rilievo politico di fatto. È un gioco spregiudicato che devasta le istituzioni, ma che forse in termini elettorali può dare qualche frutto perché serve a mobilitare i «fan», i sostenitori, eccitati dall’odore della polvere da sparo. Ma a questo punto torna la domanda cruciale che già si era posta nelle scorse settimane: è pensabile andare avanti in queste condizioni fino al 2013? La risposta ufficiale degli ambienti governativi è sempre la stessa: sì, perché c’è una riforma della giustizia in gestazione, accompagnata da un ambizioso piano per lo sviluppo economico. Eppure tutti sanno che i passaggi decisivi sono altri. A Milano e a Napoli Berlusconi ha bisogno di un risultato squillante. Soprattutto a Milano. Se le cose dovessero andar male, la collana governativa rischia di sgranarsi in modo irreparabile. Ecco perché il premier ha scelto di partire alla carica, non contro Bersani o Di Pietro, ma direttamente contro le procure. A costo di sovrapporsi a iniziative improvvide di candidati minori (del resto, non era Berlusconi ad aver parlato giorni fa di “brigatismo giudiziario”? Frase che gli è stata attribuita senza smentite)».
“Napolitano a Vietti, basta scontri”. Questo il titolo dell’articolo d’apertura a pagina 3 di ITALIA OGGI dedicato al richiamo di Napolitano. In prima, invece, tutto tace. In compenso Franco Adriano raccoglie le osservazioni del presidente della Repubblica, le mette insieme agli attacchi di Berlusconi contro Fini, di Fini contro Berlusconi, di Stefania Craxi contro tutti e due, di Montezemolo contro tutti e tre, mischia più o meno sapientemente il tutto, et voilà, l’articolo è servito.
IL MANIFESTO ha la prima pagina dominata dal primo piano del presidente Napolitano. Sopra la foto il titolo “Collera”, dove la parola “colle” è in arancione e “ra” in nero. «”Si sta toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni”: Napolitano scrive al vicepresidente del Csm per denunciare l’altissima tensione. È solo l’inizio della campagna elettorale» si legge nel sommario che rinvia alle pagine 4 e 5 dedicate alla presa di posizione del Presidente della Repubblica. Al tema è dedicato anche l’editoriale di Norma Rangeri “Oltre il limite”. «Nelle campagne elettorali Silvio Berlusconi non teme rivali. E una campagna elettorale che inizia con i muri di Milano tappezzati di manifesti con “via le Br dalle procure”, ne è la conferma. Il forsennato attacco alla magistratura con cui il presidente del consiglio ha inaugurato la corsa alle urne ha provocato ieri una durissima replica del capo dello stato. (…)Per il presidente Napolitano “siamo al limite dell’esasperazione» e «nello scontro politico c’è il pericolo di degenerazioni”. Il capo dello stato si riferisce ai manifesti contro i giudici milanesi, opera materiale di un candidato consigliere comunale del Pdl, ma logica conseguenza del comizio berlusconiano, a Milano, contro “le toghe eversive”, contro “i pm associazione a delinquere” (…)». E continua «(…) Per il finale di legislatura Berlusconi ha programmato l’azzeramento di ogni garanzia costituzionale: la riforma della giustizia ne è premessa e conclusione. Stiamo per assistere al voto definitivo del senato sulla prescrizione breve mentre ci prepariamo allo spettacolo parlamentare di una nuova legge per bloccare il processo Ruby. (…)» per concludere: «Il forte calo di Berlusconi negli ultimi sondaggi (nove punti da gennaio) accentua la necessità di cancellare dall’orizzonte gli insidiosi e popolari referendum di giugno (acqua, nucleare, legittimo impedimento) e, invece, di trasformare in referendum sulla sua persona la competizione di maggio. Che deve vincere, ad ogni costo, per frenare la crisi che lo tallona (…)». La pagina 4 si apre ricordando, nel sommario, la presa di posizione di Napolitano che: «teme un mese di propaganda ad alzo zero su giustizia e processi del premier. (…) E invita a ricordare il 9 maggio i giudici uccisi dalle Br. Ma a Milano il candidato dei manifesti resiste». L’articolo di apertura titola “Una campagna oltre ogni limite”. Scrive Andrea Fabozzi: «Un manifesto imbarazzante, un candidato impresentabile in lista e adesso anche la dichiarata ostilità del presidente della Repubblica. Si sta trasformando in una corrida la decisione di Silvio Berlusconi di fare delle sue udienze a Milano una tribuna di propaganda anti giudici (…) Ma l’obiettivo delle critiche di Napolitano e della levata di scudi dell’opposizione non può essere solo Lassini (…) È fatale dunque che il discorso di Napolitano sia più largo, e infatti il capo dello stato nella sua lettera a Vietti ricorda “il mio costate richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti” (…)»
Su AVVENIRE “Giustizia, esasperazioni pericolose” è il titolo di spalla che il quotidiano dei vescovi dedica alle dichiarazioni di Napolitano. A pagina 11 l’articolo di Angelo Picariello parla di «scontro arrivato al limite della degenerazione…. I toni di Giorgio Napolitano si fanno espliciti anche oltre il consueto per condannare l’ignobile provocazione del candidato milanese del Pdl Roberto Lassini… ». Esultano i magistrati: Palamara (Anm) esprime «apprezzamento e ringraziamento al capo dello Stato, il nostro punto di riferimento»; Vietti (Csm) esorta tutti a «riflettere sulle parole di Napolitano» ma sprona anche i magistrati che «non possono arroccarsi nella difesa dello status quo». In prima pagina nell’Altro Editoriale il direttore di AVVENIRE, Marco Tarquinio, sostiene: « Va ridato equilibrio alla dialettica politico-istituzionale in via di drammatica degenerazione. E anche se, oggi, appare un’impresa titanica, questo significa innanzi tutto ridarsi con urgenza il senso del “limite”, della “misura” e della “responsabilità”…. il presidente Napolitano ha severamente condannato l’ignobile e intollerabile associazione tra Procure e Br compiuta in un manifesto politico affisso a Milano. Simili follie non accadono per caso e riflettono una crisi verticale. Sono lo specchio purtroppo fedele di una lunga e violenta battaglia tra potere esecutivo e potere giudiziario (e tra poteri mediatici fiancheggiatori) che promette di fare solo sconfitti. Ma questo non ce lo possiamo permettere e non può essere consentito. Le urne non si ribaltano né in tribunale né in redazione e le sentenze assolutorie non si fanno per plebiscito. L’abbiamo scritto due giorni fa e torniamo a ripeterlo: questa è l’ora dei passi seri e generosi. Ogni passo indietro (o di lato) su questa via dissennata e rischiosa sarà un passo avanti».
“Napolitano: basta esasperazioni”. LA STAMPA apre sulla lettera del Presidente della Repubblica, dando spazio alle vittime degli “anni di piombo”. Una lettera «decisa d’istinto» scrive Paolo Passarini a pagina 2, «scritta con una trasparente dose di irritazione dopo la lettura dei giornali, poi – si è saputo – tenuta in “stand by” in attesa di “possibili correzioni che non sono arrivate”, e infine resa pubblica». A chi non coglie la gravita di equiparare magistratura e terrorismo, scrive LA STAMPA, Giorgio Napolitano annuncia che la cerimonia del 9 maggio sarà dedicata «in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane». E il giornale diretto da Mario Calabresi dà voce anche alle vittime, come il figlio di Francesco Coco, Massimo, che aveva 16 anni quando il padre, fu assassinato sotto casa, primo magistrato ucciso dalle Brigate Rosse. Circa il silenzio del premier sulla vicenda, dice: «Una sua parola ci vorrebbe. Non ho competenze per dire alcunché sulla questione Berlusconi relativamente agli accertamenti giudiziari, ma non si devono strumentalizzare “gli anni di piombo” per motivi elettorali, e va richiamato all’ordine chi lo fa. Io lo faccio».
E inoltre sui giornali di oggi:
ARRIGONI
IL MANIFESTO – Grande richiamo in prima per “L’ultimo saluto di Gaza Vik”, mentre all’interno è dedicata l’intera pagina 9. La pagina si apre con il titolo “Vittorio Arrigoni un «vincitore» a Gaza” riassume il sommario: «L’addio a “un sognatore che non si è mai arreso2. Dall’ospedale di Shifa al valico di Rafah, costeggiando il mare da cui “Vik” era arrivato nella Striscia e da dove proverà ad arrivare la prossima flotilla, quella su cui avrebbe desiderato imbarcarsi anche la madre. E oggi la salma arriva al Cairo, dove è prevista una fiaccolata organizzata tramite Facebook». A piè di pagina un articolo si parla delle indagini “Hamas mette una taglia sugli assassini di «Vik»”, le foto dei ricercati sono sul sito della polizia, mentre il ministro degli esteri Frattini dice ce ci sono «molti punti oscuri».
DONAZIONI
CORRIERE DELLA SERA – Primo piano a pagina 17 a cura di Dario Di Vico: “Dalla Lombardia il boom delle donazioni. Ecco il «tesoretto» per il welfare non statale”. Scrive Di Vico: “È boom di donazioni in Italia e l’epicentro è la Lombardia. Persino un sindaco di centrodestra, Giorgio Ginelli di Jerago con Orago nel Varesotto, nei giorni scorsi ha portato a casa per il suo Comune un assegno di un milione di euro, il 30%del suo budget. Ma come detto non si tratta di un caso isolato, tutt’altro. Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Cariplo tutto il movimento filantropico è in grande crescita: nel solo 2010 nel territorio delle province lombarde e di Novara le donazioni pervenute alle «giovani» fondazioni di comunità sono state 4.200 per un totale ampiamente superiore ai 13 milioni di euro”. E dopo una serie eclatante di esempi di donazioni, ecco il parere del professor Barbetta, di Fondazione Cariplo, raccolto da Di Vico: “«La grande diffusione delle donazioni locali ci deve far riflettere — spiega il professor Barbetta —. Vuol dire che il filantropo vuole giustamente controllare l’uso del suo denaro, non vuole correre il rischio di non sapere assolutamente più niente di cosa sia avvenuto dopo il suo gesto» . Ma oltre alla possibilità di controllare il movimento delle donazioni «chiama» anche professionalità. E lo sviluppo nel Nord delle fondazioni di comunità è la risposta al momento più valida. Per evitare che anche solo un euro vada disperso (come avviene nel primo welfare, quello statale) ci vuole quella che Barbetta chiama «un’intermediazione filantropica che sappia selezionare i progetti e seguirli»” .
HOUSING SOCIALE
IL SOLE 24 ORE – “Al via housing sociale da 2,6 miliardi”: « Un piano di housing sociale che sbloccherà un investimento complessivo di 2.654 milioni, con un contributo del Tesoro di 295 milioni, pari all’11% del totale. Gli investimenti privati programmati nel «piano nazionale di edilizia abitativa» ammontano a 1.925 milioni, il 72% del totale, mentre le regioni contribuiscono con 263,6 milioni (circa il 10%) e altri enti pubblici (fra cui i comuni) con 170,3 milioni (6,4%). Saranno disponibili in tutto 14.790 alloggi, di cui 11.590 di nuova costruzione, 3.023 da ristrutturazione, 177 da acquisto di immobili esistenti: 5.991 appartamenti andranno al mercato dell’affitto, permanente o per almeno 25 anni, 6.001 a riscatto, 2.801 al libero mercato.
Il via libera del Cipe ratificherà le intese che il ministero delle Infrastrutture ha siglato in questi mesi con 14 regioni. Per rendere operativo il piano serviranno la conferenza Stato-Regioni e un decreto del presidente del consiglio dei ministri.
PARMALAT
AVVENIRE – Piccolo richiamo in prima pagina sulla sentenza Parmalat che ha assolto le banche straniere e i loro manager facendo cadere l’accusa di aggiotaggio; per il pm dovevano pagare 3 milioni e 600 mila euro d risarcimento. A pagina 8 il commento di Adiconsum parla di verdetto scandaloso e ingiusto. Secondo il segretario generale Giordano: «Il messaggio politico è devastante. I titoli spazzatura continueranno a circolare. Chiediamo più controlli, come negli Usa».
MIGRANTI
IL MANIFESTO – Richiamo in prima, a piè di pagina nella fascia verde, e due pagine dedicate (la 2 e la 3) allo “Scontro Italia – Francia, la testata dell’Europa”. Le due pagine si aprono con il titolo “L’Europa scarica l’Italia”. Scrive Anna Maria Merlo da Parigi: «L’Italia non la spunta nel braccio di ferro ingaggiato con la Francia sulle spalle dei migranti. Ieri, Parigi ha inviato a Bruxelles una lettera di spiegazioni su quello che è accaduto domenica: il blocco del treno Ventimiglia-Mentone – si sostiene – è stato dovuto a ragioni di “ordine pubblico”, per “evitare incidenti” a causa di una manifestazione “non autorizzata” neppure dall’Italia. (…) Dal braccio di ferro italo-francese, dove prevalgono da entrambe le parti ragioni di politica interna, oltre alla tragedia che pesa sui migranti, è l’Unione europea a uscirne sconfitta. Il binomio franco-tedesco ha fatto muro e l’Italia, che negli anni di Berlusconi ha preso le distanze da Bruxelles, dove conta sempre meno, si è trovata isolata (solo Malta e la Grecia hanno qualche comprensione per l’atteggiamento italiano). (…) Vista dalla Francia, l’Italia si è messa volontariamente ai margini dell’Unione europea, per aver privilegiato – sia per le politiche migratorie che per quelle economiche ed energetiche – le relazioni bilaterali, per di più con paesi discutibili (Libia di Gheddafi, Russia di Putin), alle più ampie intese comunitarie. Il braccio di ferro sui migranti tunisini è arrivato in un momento particolarmente delicato per il potere in Francia. Sarkozy è bassissimo nei sondaggi e teme, se si ripresenta alle presidenziali del 2012, di non poter andare al ballottaggio, scavalcato da Marine Le Pen. Per questo Claude Guéant rincorre l’estrema destra sul terreno dell’immigrazione e dell’islam. (…)». A cavallo delle pagine 2 e 3 si trova l’articolo “Scordati «inshallah», sul treno dei desideri si dice «bon jour»” , Alessandra Fava racconta i viaggi in treno da Ventimiglia alla Francia, ci sono i racconti di alcuni giovani tunisini e poi si legge: «(…) Ventimiglia insomma è tornata a essere frontiera. Si è toccato con mano domenica quando la Francia ha bloccato per tutta la giornata i treni da e per l’Italia con la scusa che si rischiava arrivassero a Mentone gli attivisti del treno della dignità, un’iniziativa promossa da centri sociali e associazioni italiane e francesi a sostegno della libertà di spostamento all’interno dell’Europa e che ha coinvolto anche avvocati italiani e francesi con la missione di verificare il tipo di controllo che la polizia esercita sugli immigrati, molti dei quali forniti di documenti riconosciuti dalla Ue. “Le frontiere si attraversano al buio e nel silenzio – ha commentato la rete Welcome, tra gli organizzatori del treno, alla fine di una giornata passata nella piazza della stazione di Ventimiglia con le forze di polizia italiana in tenuta antisommossa – Abbiamo voluto sfidare queste frontiere alla luce del sole, perché si metta fine a questa violenta ipocrisia e prenda forma una Europa libera e degna. Il treno della dignità continua tutti i giorni perché qualcuno di noi continuerà a proteggere i nord africani alla frontiera” (…)».
EUROPA
AVVENIRE – Due pagine dedicate alle ricadute del terremoto politico in Finlandia. Sotto il titolo “Europa sempre più scettica tra crisi economica e migranti” analizza “l’effetto Helsinki” sui Ventisette: la vittoria dei “Veri finlandesi” e il no del loro capo Timo Soini al salvataggio del Portogallo hanno creato panico e agitazione a Bruxelles. Secondo l’economista Franco Bruni “A Bruxelles manca una regia politica e i piani di rientro imposti dall’Ue non servono: «Prima di tutto occorre uscire dalla logica dell’unanimità nelle decisioni… Il punto non è tanto l’euroscetticismo, ma la debolezza di fondo degli Stati fondatori. Solo la Germania ha intuito la necessità di una svolta che sia innanzitutto politica».
WEB
ITALIA OGGI – Ettore Bianchi scrive: «Se Internet fosse esistito 500 anni fa, i monaci lo avrebbero usato». La notizia è che i monaci benedettini americani si sono rivolti al web per cercare nuovi adepti. L’abate Caedmon Holmes, a capo dell’Abbazia di Portsmouth da 4 quattro anni, spiega che non c’era altra scelta. L’indirizzo è www.portsmouthabbeymonastery.org.
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