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L’analisi giuridica che serve al Terzo settore

Lo scorso venerdì 2 luglio, in coincidenza del primo anniversario dalla sua fondazione, l’Osservatorio Terzjus ha presentato il suo primo Rapporto sullo stato e le prospettive della legislazione sul terzo settore, e lo ha consegnato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Pubblichiamo qui il testo dell’intervento del Direttore scientifico di Terzjus

di Antonio Fici

Il volume che qui si presenta è, se non andiamo errati, unico nel suo genere. Mancava infatti nel già vasto panorama della letteratura giuridica un’opera specificamente dedicata a valutare lo “stato di salute” di una normativa e il suo “impatto” sui suoi utenti e destinatari, non già per un puro esercizio teorico, bensì al fine di trarre insegnamenti concreti per il futuro, cioè indicazioni utili a correggerla, modificarla ed integrarla per renderla più efficace nel perseguimento dei suoi obiettivi.

In questo senso, il Terzjus Report (scaricabile qui), che avrà cadenza annuale, si occupa della realtà del diritto, o meglio del diritto nella sua realtà. Chi lo ha ideato e curato concepisce infatti il diritto come uno strumento di soluzione di esigenze concrete e bisogni specifici. Uno strumento, come tanti altri, da valutarsi, molto pragmaticamente, per la sua capacità di risolvere problemi reali. Così, le regole giuridiche non sono intese come dogmi, ma come strumenti al servizio di obiettivi concreti, e nel caso specifico del Terzo settore, del bene comune. È muovendo da questa prospettiva che deve leggersi questo Rapporto, così come deve, più in generale, apprezzarsi l’attività di Terzjus in favore del Terzo settore.

Questa visione del diritto è peraltro sicuramente agevolata da una legislazione speciale, come quella sul Terzo settore del 2017, che sempre più abbandona l’approccio astratto del codice civile in favore di quello più concreto degli status, quale è quello di ente del terzo settore. A questa legislazione interessano meno i tipi astratti di enti (l’associazione, la fondazione, la società) e sempre più le concrete modalità di azione di un ente, ovverosia ciò che esso fa (le attività di interesse generale), perché lo fa (le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale) e come lo fa (senza scopo di lucro, impiegando volontari, ecc.). Parimenti, la sua attenzione si concentra non già sulla persona in astratto, bensì su figure concrete di esseri umani, quali gli associati, i volontari e i lavoratori degli enti del terzo settore, o i destinatari delle attività di interesse generale.

Se questa è la funzione del diritto, si comprende allora perché l’analisi giuridica possa, anzi debba, combinarsi con analisi di altro tipo, economiche, sociologiche, statistiche, politologiche, ecc. Il dialogo tra scienze sociali è infatti necessario affinché si predispongano norme efficaci ed efficienti, che soddisfino le istanze per cui sono state prodotte. È così che, in questo Rapporto, accanto a contributi di taglio eminentemente giuridico, come quelli di cui alla prima parte, che hanno l’obiettivo di fornire al lettore un quadro quanto più possibile chiaro e completo della nuova legislazione sul Terzo settore, in prospettiva de jure condito, figurano contributi di natura statistica e sociologica, come quelli presenti nella seconda parte, diretti a valutare e descrivere quanti potranno essere gli enti del terzo settore nell’immediatezza dell’avvio del RUNTS e come la riforma sia stata percepita dai suoi principali destinatari, ovvero gli enti del terzo settore e le persone che li guidano. Per quanto “bella” possa essere la nuova legislazione sul Terzo settore e/o densa di significati e risvolti teorico-sistematici, che senso può avere se non è apprezzata da coloro cui si rivolge? se non soddisfa i loro interessi e, per questa via, il bene comune?

Questi contributi sono necessari in prospettiva de iure condendo, una chiave di analisi che non può mancare in un rapporto di questo genere. Tale prospettiva non muta il ruolo del giurista, che quando suggerisce modifiche normative non lo fa perché intende elevarsi al ruolo di rappresentante del (terzo) settore, ma soltanto perché vuole offrire strumenti utili a chi, essendovi preposto, intenda esercitare la funzione di rappresentanza in maniera informata, colta, e perciò efficace.

I focus tematici che occupano la terza parte del Rapporto sono stati selezionati dai curatori del volume sulla base dell’attualità ed importanza dell’argomento che approfondiscono. Per ciascun tema, il lettore potrà conoscere lo stato dell’arte, i potenziali benefici, le persistenti criticità e le prospettive future.

Il tanto (ed ancora oggi) atteso RUNTS è di centrale importanza perché dal suo avvio ed efficace funzionamento dipende l’implementazione dell’intera Riforma (all’iscrizione nel RUNTS segue infatti l’acquisizione dello status di ente del terzo settore), oltre che la possibilità per gli enti del terzo settore di cogliere specifiche opportunità, come quella di conseguire, in forma automatica, la personalità giuridica di diritto privato. Dipende inoltre la crescita del settore, ancora oggi cristallizzato sulla composizione precedente, mentre ci sono molti enti che stanno già alla porta in attesa di entrare e non possono farlo.

I rapporti tra enti del terzo settore ed enti pubblici hanno interessato il dibattito degli ultimi anni, anche grazie all’impulso della Corte costituzionale (con la fondamentale sentenza n. 131/2020, cui Terzjus ha dedicato il suo primo Quaderno) e del Ministero del Lavoro (con le recenti Linee-guida contenuto nel decreto del 31 marzo di quest’anno).

Non meno centrali e delicate sono le questioni relative a lavoro e volontariato negli enti del terzo settore, al bilancio sociale e alla valutazione d’impatto sociale, al rapporto con la nuova legislazione sullo sport che dovrà essere coordinata in maniera attenta con la legislazione sul Terzo settore perché altrimenti si pregiudicheranno (ingiustificatamente) non solo gli enti del terzo settore ma anche gli enti sportivi dilettantistici, non solo il mondo del terzo settore ma anche il mondo dello sport.

La riforma del Terzo settore, si diceva, dovrebbe fornire adeguati strumenti di azione ai cittadini interessati a perseguire, in forma individuale o collettiva, il bene comune. In ciò risiede la sua capacità di dare concretezza a precisi precetti costituzionali come quelli di solidarietà, eguaglianza sostanziale e sussidiarietà orizzontale (e “circolare”). Per questa ragione, nella quarte parte del Rapporto, si raccontano storie di enti che si sono avvalsi (o intendono avvalersi) della nuova legislazione per realizzare precisi obiettivi di utilità sociale in maniera più efficace ed efficiente. Per questi enti, le nuove norme non sono state foriere di oneri bensì di opportunità. Se così è, il diritto ha realizzato la sua funzione di interesse generale, ed ancor più in questo caso, considerata la particolare natura giuridica degli enti del terzo settore.

Chiude il volume, nella sua quinta parte, un capitolo in cui, riassunti gli esiti della ricerca, si formulano alcune (tra le tante possibili) proposte migliorative della vigente legislazione, interpellando e coinvolgendo altresì i potenziali responsabili del necessario cambiamento, perché il diritto “vivente” non è frutto esclusivo della legislazione, ma, muovendo da essa, si forma grazie a molteplici interventi, non solo “dall’alto”, da parte delle autorità pubbliche preposte all’attuazione della Riforma o chiamate a risolvere eventuali controversie da essa originate, ma anche “dal basso” ad opera di attori diversi, tra cui i professionisti intellettuali maggiormente coinvolti da questa Riforma (notai, avvocati e consulenti legali, commercialisti e revisori legali) e ancor più medesimi enti del terzo settore. In questo senso, la Riforma del 2017 è tutto fuorché statalista. Allorché, ad esempio, il legislatore lascia spazio ai controlli ex ante dei notai (art. 22 del Codice), ai controlli in itinere dei revisori legali (articoli 30 e 31 del Codice), agli statuti-tipo e ai controlli ex-post delle reti associative (articoli 47, comma 5, e 93, comma 5, del Codice), non fa altro che attribuire a soggetti da esso diversi ruoli di concreta produzione normativa cui però corrispondono specifiche responsabilità. Questo Rapporto, così come gli altri “prodotti” ed attività di Terzjus, intende essere uno strumento, si spera utile, per la società civile che intenda svolgere efficacemente anche questa funzione.

Il Terzjus Report 2021 è il frutto dell’opera di tanti e ciascun singolo apporto è stato indispensabile per l’esito positivo dell’iniziativa. Infinite grazie desidero dunque rivogere ai curatori dei singoli capitoli, ai nostri finanziatori, allo staff di Terzjus, ai soci, agli amministratori e al Presidente di Terzjus per averlo reso possibile.

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