Mondo
Lampedusa, un film necessario per contrastare la propaganda
La nuova miniserie di Rai Fiction, prodotta da Nicola e Marco De Angelis per Fabula Pictures, con la regia di Marco Pontecorvo racconta la ricerca di pace, libertà e felicità dei profughi
Il maresciallo Serra della Guardia Costiera, interpretato da Claudio Amendola, setaccia ogni giorno la costa tra Italia e Libia per salvare in mare i migranti che per il miraggio di una vita degna fuggono verso l'Europa a bordo di imbarcazioni precarie che, nella maggior parte delle volte, vanno in avaria o, addirittura, fanno naufragio nel corso della traversata. A Lampedusa i migranti cercano pace, libertà e felicità, eppure spesso arrivano cadaveri. Ad accogliere chi riesce a salvarsi è Viola, Carolina Crescetini, che dirige il Centro di Prima Accoglienza dove convivono gruppi, etnie, religioni e culture diverse in condizioni difficili.
“Lampedusa – dall’orizzonte in poi” è la nuova miniserie di Rai Fiction, prodotta da Nicola e Marco De Angelis per Fabula Pictures, con la regia di Marco Pontecorvo, in due puntate in onda alle 21.15 su Rai 1 il 20 e 21 settembre. Una storia che sembra romanzata e invece rappresenta la quotidianità di tanti uomini e donne che operano per prestare i primi soccorsi nell’emergenza degli sbarchi a Lampedusa.
«Il progetto nasce da un’idea di Claudio Amendola che è venuto a parlarcene con i fratelli De Angelis», precisa il Direttore di Rai fiction Eleonora Andreatta. «Per i suoi riferimenti continui al reale e gli avvenimenti che giornalmente venivano riportati nelle news di un fenomeno migratorio di grande portata e purtroppo spesso drammatico, ci è sembrato un film necessario per il servizio pubblico».
«La genesi di questa fiction è lunga», racconta il regista Pontecorvo. «Claudio (Amendola) vedendo un programma televisivo rimase veramente toccato da un racconto di un ufficiale della Guardia Costiera: in una notte di tempesta del 2008 cinque pescherecci, con a bordo anche il personale della G.C., riescono a trarre in salvo più di seicento persone da due barconi appena galleggianti, in condizioni di mare praticamente impossibili. Solo la collaborazione tra pescatori e militari aveva consentito questo straordinario salvataggio. La Rai accolse molto positivamente l’idea di farne una fiction. Abbiamo comunque deciso di partire solo come ispirazione da quell’evento, da quel momento di forte solidarietà, per raccontarne anche altri. Quindi abbiamo fatto ricerche, visto immagini, visitato luoghi, conosciuto i protagonisti veri di storie simili, studiato le procedure, sia di salvataggio durante gli sbarchi, che di accoglienza nei Centri di Prima Accoglienza. Siamo così entrati in un mondo conosciuto solo attraverso i telegiornali».
Claudio Amendola invita a combattere la disinformazione che c’è intorno a questo argomento e a contrastare la propaganda ostile ai migranti. «Mi ricordo il terrore della gente e dei turisti che arrivavano sull’isola ma la realtà dei migranti e degli abitanti si sfiorano appena. Si deve iniziare a considerare il problema dell’immigrazione per quello che è, non un mezzo per guadagnare denaro o consensi elettorali. Si tratta di un’emergenza quotidiana. Sfruttare questa situazione per interessi personali lo trovo disumano. Più difficile è andare a fondo e vedere quali responsabilità ci sono dietro a tante tragedie. Il perché è presto detto: abbiamo una responsabilità storica che deriva dalla presenza coloniale di molti paesi europei in Africa».
Dopo il reportage di Fabrizio Gatti sull'Espresso, che ha documentato le condizioni disumane in cui vivono più di 1400 migranti nel centro di accoglienza e richiedenti asilo (Cara) di Foggia, Carolina Crescenti racconta che invece esiste anche un’altra faccia dell’accoglienza degna di questo nome. «Gli operatori e il personale volontario si prodigano ogni giorno, con grande generosità e spirito umanitario, per garantire sostengo e assistenza a chi giunge in Italia dopo estenuanti viaggi attraverso il Mediterraneo e permettere una pacifica convivenza all’interno e all’esterno del Centro». Ma non è un’impresa facile. I migranti che sperano di fuggire verso una vita migliore si ritrovano intrappolati per mesi in un centro di Accoglienza sovraffollato.
«Per questo invito chi non frequenta i salotti televisivi per sfruttare questa tragedia di andare a Lampedusa e guardare con i propri occhi quello che succede laggiù», ha aggiunto Crescentini. «Non si può parlare di certe cose se non le hai viste. Non si può solo parlare di statistiche e di numeri, dietro ci sono delle storie, c’è un’umanità, ci sono problemi veri che devono essere conosciuti, compresi e condivisi».
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