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Lampedusa, è urgente il corridoio umanitario

Dal maggio 2012 la pediatra 65enne di origini monzesi Franca Parizzi guida l'assessorato a servizi sociali, salute e accoglienza migranti del Comune dell'isola: nel suo racconto, storie a forte impatto. "L'aiuto è un obbligo morale, chiunque mette piede sull'isola lo capisce. Le soluzioni ci sono, serve la volontà di attuarle"

di Daniele Biella

La storia dell’assessore all’accoglienza e primo soccorso ai migranti del Comune di Lampedusa e Linosa parte da lontano. Anzi, sarebbe più corretto dire da molto più in alto: Franca Parizzi, 65 anni, fino a tre anni fa aveva sempre vissuto in Lombardia, nella ricca Monza, “dove i migranti li vedi sugli autobus come in altri luoghi pubblici, spesso integrati, di certo non riversi senza vita nelle acque del mar Mediterraneo”. Parizzi, medico pediatra con 30 anni di servizio all’ospedale monzese San Gerardo, una volta raggiunta la pensione non ha avuto dubbi, e tre anni fa si è trasferita a Lampedusa (anche il figlio 37enne l’ha raggiunta da poco), “dove da 40 anni passavo le vacanze estive, tanto da sentirmi più che a casa. Quello che non m’aspettavo, ma che ho accettato senza riserve, è la chiamata di Giusi Nicolini, storica attivista di Legambiente eletta sindaco nel maggio 2012, che mi chiese di diventare uno dei quattro assessori del Comune delle isole Pelagie, che oggi conta 5750 persone a Lampedusa e 450 a Linosa”, racconta la referente per l’accoglienza ai migranti ma non solo, perché tra le sue deleghe ha i servizi sociali, la salute e le pari opportunità.

Assessore ad accoglienza e primo soccorso ai migranti in un luogo dove troppo spesso chi fugge dall’Africa va incontro a sofferenza e morte. Come riesce a portare avanti il suo ruolo?
È chiaro che vedere persone morire annegate è sconvolgente, così come sentire le storie atroci dei sopravvissuti è per certi versi insostenibile sul piano umano. Ti cambia la percezione della vita, così come il significato della parola solidarietà: più guardi in faccia le persone che arrivano dal mare, o meglio che vengono salvate in mare dato che sono sempre meno gli sbarchi veri e propri (le persone sono recuperate al largo di Lampedusa dalle motovedette), più le ascolti maggiore è l’obbligo morale che senti verso di loro. L’umanità è un percorso obbligato, che piaccia o meno a chi parla di arginare i flussi, di respingimenti o altri termini simili. A essi chiedo di venire in visita sull’isola, perché qui è del tutto differente dal trovarsi il ‘diverso’, lo straniero, su un autobus di linea a Monza. E più sei vicino al dramma più capisci il tuo ruolo, la tua responsabilità. Poco tempo fa abbiamo soccorso una madre eritrea con una bambina che a un mese e mezzo di vita pesava 1,5 chilogrammi, dopo essere nata di 1,8 kg: goccia dopo goccia, siamo riusciti a farla sopravvivere, e ora che è fuori pericolo ha addosso una tremenda voglia di vivere.
 

 

Oltre alle altre mansioni canoniche del suo assessorato, di che cosa si occupa nello specifico per quanto riguarda i rapporti con i migranti?
Parto dal presupposto, come penso tutti oramai sappiano, che come Comune possiamo agire in modo indiretto verso di loro, dato che le persone ospitate temporaneamente a Lampedusa devono dormire nel Cspa, Centro soccorso e prima accoglienza, dove trovano anche una prima assistenza medica e legale. Detto questo, ci si attiva in molti modi, soprattutto nei periodi come questo, dove si devono affrontare emergenze (come quella della bambina eritrea), il sovraffollamento è altissimo e le condizioni dentro al Centro sono indecenti, dato che a fronte di una capienza di 250 posti si è spesso in più di mille, e addirittura vengono fatti i turni per dormire all’interno o all’esterno della struttura. Al di là della disponibilità come amministrazione per tutto quello che possiamo servire, non passa giorno senza che facciamo sentire la nostra voce alle autorità, che si tratti di chiedere migliori condizioni ai migranti o, in particolare, sollecitare le prefetture per intervenire in casi di rischio per la salute delle persone. In questi giorni la situazione di alcuni minori è terribile, così come lo è quella di diverse donne in stato avanzato di gravidanza, dato che avrebbero bisogno di cure e soprattutto di sostegno psicologico: la gran parte di esse è stata violentata da aguzzini e trafficanti nelle lunghe attese prima della partenza per l’Europa. Quello che stiamo chiedendo con forza è che vengano portate in strutture specifiche dove possa essere garantito loro l’accompagnamento per arrivare al parto e decidere se tenere il bimbo o affidarlo ad altri.

Come vede la popolazione lampedusana?
Solidale, in tutti i sensi. Stiamo parlando di persone che, quando i migranti, durante il giorno, escono dal Centro per avere qualche ora di sollievo lontani dal sovraffollamento, danno loro vestiario, cibo, ma soprattutto si fermano a parlare, e non di rado li invitano a pranzo, soprattutto in questo periodo in cui sono molte le famiglie con bambini, per la quasi totalità provenienti da Eritrea e Siria. L’importante per la popolazione dell’isola è che non si ripeta quanto accaduto nel 2011, quando la stagione turistica estiva è stata gravemente compromessa dall’emergenza sbarchi, tra l’altro resa tale e per certi versi esasperata da alcuni organi competenti. Da allora il turismo, linfa vitale per la nostra economia, è ripreso e la preoccupazione è scesa notevolmente.

Pensa che la tragedia del 3 ottobre 2013 con 380 migranti annegati a fronte di 155 sopravvissuti (89 dei quali sono stati trasferiti in un luogo di seconda accoglienza solo ieri 12 novembre, mentre gli altri sono ancora nel Cspa nonostante per legge non dovrebbero rimanerci più di 72 ore) sia un punto di non ritorno?
Sì, nulla è più come prima. La vista di quei corpi senza vita arrivare al molo ha turbato tutti, e i decisori politici nazionali e internazionali che sono venuti nei giorni successivi alla tragedia erano profondamente sconvolti dopo aver visto con i propri occhi quanto stesse accadendo e in particolare dopo aver parlato con i superstiti. Ora il lavoro da fare è molto, non dobbiamo lasciare cadere nel vuoto la possibilità di cambiare le cose, noi stiamo facendo tutto il possibile, per esempio il sindaco Giusi Nicolini sta intervenendo in vari incontri ufficiali italiani ed europei, portando consigli e richieste alla luce della nostra esperienza diretta.

Quali priorità, quali soluzioni si possono intravedere?
Ci vuole l’istituzione di un corridoio umanitario che permetta ai profughi di compiere il viaggio in modo sicuro e permetta loro di raggiungere i parenti dove essi siano, senza essere bloccati in Italia a causa del regolamento Dublino II dell'Unione europea. La quasi totalità di chi arriva non desidera rimanere nel nostro paese, è un passaggio obbligato che a volte genera situazioni inammissibili, come il fatto che ci siano ancora sull’isola superstiti del 3 ottobre scorso. Oppure capitano episodi imbarazzanti: so di una famiglia siriana che appena arrivata ha chiesto di poter prendere taxi e hotel, avendo i soldi per pagarli, e posso solo immaginare come si siano sentiti quando è stato detto loro che non avevano libertà di movimento e dovevano attendere disposizioni dalle autorità. Il sistema di accoglienza europeo deve necessariamente essere più efficiente, per il bene di tutti, e bisogna fare presto.

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