Mondo

Lampedusa, catena di speranza

Il salvataggio di 500 profughi, una pagina di umanità

di Franco Bomprezzi

Una notizia drammatica, con un “lieto” fine, la salvezza di tutti i profughi che stavano per annegare a due braccia di mare dalla costa di Lampedusa. I giornali, travolti dalla politica, se ne accorgono per fortuna e raccontano nuovamente con attenzione il dramma che si sta compiendo quotidianamente nel Mediterraneo.

“Si tuffano tutti in mare per salvare 500 migranti” è il titolo di falsa apertura, oggi sul CORRIERE DELLA SERA, corredato da una foto commovente: un operatore della Croce Rossa, a Lampedusa, protegge fra le sue braccia un neonato appena portato in salvo. La notizia: un barcone con più di 500 migranti si è incagliato nella notte tra gli scogli vicino al porto di Lampedusa. Tra loro molte donne incinte e bambini. I soccorritori  si sono gettati in mare; finanzieri, uomini della Guardia costiera, carabinieri, poliziotti e volontari hanno così formato una catena umana per salvarli. Il presidente Napolitano ha detto che l’Europa è solidale e ha invitato l’Europa a fare la sua parte. I servizi alle pagine 12 e 13. Sempre in prima, parte un commento di Isabella Bossi Fedrigotti: “Se i naufraghi ritrovano la speranza”, che si trova poi a pagina 36. Leggiamo: “Spesso votano Lega, non raramente si uniscono al coro di chi grida «fuori gli immigrati» – scrive la Bossi Fedrigotti – ma la pietà nei confronti di questi ultimi poi, un po’ a sorpresa, dopotutto prevale, come fosse un istinto di umanità insopprimibile nonostante sia stato fatto e detto molto, negli ultimi anni, per avallare i peggiori sentimenti di uomini contro uomini”. Bello il pezzo di Felice Cavallaro a pagina 12: “Catena umana, salvati 500 naufraghi”. Scrive l’inviato: “Tutto avveniva intorno alle 3, mentre a Lampedusa approdava un’altra motonave con 842 migranti giunti da Tripoli. Motonave gemella di quella affondata per sovraccarico venerdì davanti alle coste libiche con centinaia di dispersi. Uno scenario dell’orrore che ha convinto i finanzieri a pilotare con i propri uomini l’ultimo barcone di una notte senza fine. Ma quando erano a dieci metri dagli scogli, si è spezzata la catena del timone. Pochi attimi e la prua è finita sulle rocce, la chiglia incastrata nel fondale, la fiancata piegata, i 500 migranti spinti verso fuori, le mani aggrappate ai ferri, uomini, donne e bambini schiacciati gli uni sugli altri. Sono state le loro grida a richiamare chi li attendeva al molo. «Sentivamo le voci, ma non potevamo vedere nessuno e ci siamo arrampicati fra i sassi in cima, scoprendo il disastro di una barca dove tutti rischiavano di morire» , racconta l’inviata dell’Adnkronos, Elvira Terranova, il taccuino gettato via per soccorrere i primi bambini e restare incollata a Severin, il nigeriano di 4 mesi che s’è trovata fra le braccia, inzuppato, terrorizzato, subito coccolato, avvolto in una termocoperta, alla ricerca di genitori che non ha trovato per due ore: «Erano diversi i bimbi senza mamme, uno l’ha preso il tenente Miserendino, un altro il commissario Empoli, io stringevo quella creatura chiedendo ad ogni donna… Gli cantavo le canzoncine, lo accarezzavo, ma i suoi occhi interrogavano tristi. Poi, un grido. Era la madre che ringraziava Dio e mi abbracciava. E il piccolo è tornato a sorridere. Mentre io piangevo…»” . Importante l’appello di Napolitano, raccontato da Alessandra Arachi nella pagina seguente: “Il capo dello Stato fa sapere di guardare con apprensione a questa nuova ondata di sbarchi, e rivolge un suo appello all’Europa: «In questi giorni partono dalla Libia imbarcazioni al pericolo del naufragio e della morte, per iniziativa di trafficanti criminali senza scrupoli e nella complicità di autorità irresponsabili. L’Italia sta dando prova di solidarietà e spirito di accoglienza; tocca all’Europa fare la sua parte e operare perché la Libia si dia un governo consapevole delle sue responsabilità» . Da Bruxelles è stata Cecilia Malmström, commissaria europea agli Affari interni, che ieri ha seguito la tragedia sfiorata nel mare di Lampedusa, ad intervenire. E in una nota ha voluto prendere l’impegno per garantire l’intervento concreto dell’Unione europea. Ha detto la Malmström: «Sto seguendo costantemente il deterioramento della situazione umanitaria in Libia. E i resoconti di uomini, donne e bambini dell’Africa subsahariana, costretti ad abbandonare il Paese dal regime di Gheddafi, sono particolarmente preoccupanti.» . Per questo Cecilia Malmström ritiene che «ci sia bisogno di un’azione concertata per facilitare la rilocazione e l’insediamento dei nordafricani in cerca di protezione internazionale»”.

“Lampedusa, barcone sugli scogli gli abitanti salvano 500 profughi”: LA REPUBBLICA dedica l’apertura alla politica (“Il Colle e Bossi difendono i giudici”) e nella foto-notizia si concentra sulla tragedia sfiorata. Due pagine all’interno per raccontare «l’incredibile catena umana di coraggio, generosità e solidarietà» che ha sottratto al mare 528 persone. «La barca su cui viaggiavano», racconta Francesco Viviano, «fuori controllo per la rottura del timone, si era schiantata contro gli scogli. A bordo, con i migranti, c’erano anche tre uomini della Guardia di finanza… La prontezza e la professionalità dei finanzieri ha impedito che questo drammatico incidente si tramutasse in qualcosa di peggio». All’alba, tutti i profughi, tra cui 24 donne incinte e numerosi bambini, erano in salvo. Il presidente Napolitano ha espresso «sincera ammirazione per le forze dell’ordine e i volontari che hanno salvato centinaia di profughi africani». Uno dei sopravvissuti racconta che i soldati di Gheddafi spingono le persone ad andare verso l’Italia. «Così come hanno trovato una soluzione al problema Bin Laden», ribatte dal canto suo il sindaco di Lampedusa, «l’Europa o gli Stati Uniti facciano lo stesso con Gheddafi. A Lampedusa siamo vicini alla disperazione». In appoggio il racconto dei testimoni, cominciando da Giuseppe Casuccio, appuntato della Finanza: «il timone era impazzito… vedevo gli scogli avvicinarsi, non ho avuto altra scelta, ho lasciato la marcia ingranata e ho aspettato l’impatto, ma sapevo che l’elica in movimento ci avrebbe in qualche modo “ancorato” evitando che la barca si rovesciasse». «Abbiamo creato una catena umana d’emergenza e mano nella mano abbiamo cominciato a salvare uno ad uno i migranti sul barcone. Solo le grida dei colleghi che ci dicevano “stanno finendo, stanno finendo”, ci hanno dato la forza di tirarli fuori. E quando abbiamo saputo che erano tutti vivi, tutti, è stato uno dei momenti più belli della nostra vita», racconta il tenente Marco Persi. Nel frattempo però i centri di accoglienza sono al collasso: «nonostante gli sforzi sinceri della Protezione civile il Piano per l’accoglienza si è scontrato contro i numeri dell’ultima emergenza. Le Regioni devono fare di più: molte alle promesse non hanno fatto seguire i fatti», spiega una qualificata fonte del Viminale. Il capo della Protezione civile si dice pronto a fare i nomi e i cognomi di chi si oppone.

IL GIORNALE dedica spazio in prima pagina agli sbarchi. Manila Alfano firma “Altro che italiani razzisti. A Lampedusa si tuffano per salvare i clandestini”. «Lampedusa non è più una frontiera. Non rimbalza. Non chiude le porte. Lampedusa ti abbraccia e ti porta a riva. Ti salva. Adesso lo sguardo su questo pezzo di mare ha un colore diverso. Lì c’è l’Africa, qui l’Europa, in mezzo una storia. Questa. La storia di chi più di Obama merita un Nobel di pace, perché l’Italia non è un Paese di razzisti e lo ha dimostrato davanti a 528 naufraghi in balìa del mare». E poi la cronaca di una notte difficile «È sabato notte e il barcone arriva ad un soffio dalla banchina, c’è un vento che soffia troppo forte, i marinai troppo poco esperti, il timone che si rompe, la furia delle onde, la barca che sbatte sugli scogli, i pianti dei bambini, le preghiere delle donne, il panico, la gente che si butta a mare, i soccorritori che li seguono. Sono da poco passate le 4 di mattina, la riva è a dieci metri, ma il barcone si incaglia tra gli scogli. Si tuffa per primo un uomo del Nucleo sommozzatori della Guardia Costiera. Sa che i salvagente non bastano; è gente che non sa nuotare, ci sono bambini piccolissimi aggrappati alle mamme, c’è anche un uomo con la cravatta che annaspa, che chiede aiuto. La catena umana inizia così, con quattro sommozzatori che recuperano, restituiscono, tornano a cercare, senza sosta, senza perdere un attimo». L’editoriale è invece a cura di Magdi Cristiano Allam e titola “Ma i veri assassini sono i burocrati”. «Io non solo sono favorevo­le, ma ritengo necessa­rio, anzi doveroso e im­pellente, accreditare in seno al diritto internazio­nale, europeo e italiano il reato di immigrazione clandestina che sanzioni innanzitutto gli Stati che favoriscono la partenza dei clandestini, poi la cri­minalità organizzata che gestisce il loro trasferi­mento lucrando spregiu­dicatamente sulla loro pelle, infine gli stessi clan­destini che, consapevol­mente, pagano per imbar­carsi sulle ca­rrette del ma­re per entrare illegalmen­te in un altro Stato», spiega il giornalista. Che aggiunge «Se abbiamo veramente a cuore la vita di tutti, sen­za alcuna eccezione, se al tempo stesso teniamo al­la salvaguardia del no­stro stato di diritto – pena il venir sempre meno del­la credibilità della nostra civiltà – , ebbene è arriva­to il momento di affran­carci sia dall’ipocrisia di chi predica bene e razzo­la male sia dal buonismo di chi pensa di poter far del bene agli altri danneg­giando se stesso».  Più in basso Roberto Fabbri si chiede “Gli aerei volano, i barconi salpano. E la Nato cosa fa?”. Nella pagina successiva “Per Gheddafi serve il trattamento Bin Laden” a cura di Vincenzo Pricolo. A dirlo è «Bernardino De Rubeis, si lascia andare a uno sfogo che illustra bene la situazione di Lampedusa: “Cos’ come hanno trovato una soluzione al problema Bin Laden, l’Europa o gli Stati Uniti facciano lo stesso con Gheddafi in Libia. Lo so che sono parole dure, ma noi siamo ormai vicini alla disperazione».  

“A Lampedusa nuova emergenza”: LA STAMPA apre con un servizio sul barcone di immigrati africani arrivato nell’isola italiana e proveniente dalla Libia. Che mette in evidenza la solidarietà scattata da parte dei lampedusani: “Catena umana per salvare 500 disperati, titola il pezzo di cronaca a pagina 2. A piede un’intervista al sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, che è un vero appello al sostegno dell’Unione europea: «Secondo le stime più credibili» afferma Mantica, «ci sono tra i 300 e i 400 mila africani che si sono spostati verso il Maghreb e la Libia. Una parte è già rientrata in patria, ma la maggioranza non può, specie chi viene dall’Africa Orientale: sudanesi, etiopi, eritrei, somali. Potenzialmente parliamo di 50mila persone». Bisognerà che l’Italia trovi un  modo per accogliere queste persone, che non sono rimpatriabili perché rifugiati, chiarisce Mantica, ma «in un quadro europeo», «non sarà facile collocarli, specie se si vuole evitare eccessive concentrazioni» e, a differenza dei tunisini,  si tratta per la maggior parte di intere famiglie con bambini, di donne incinte, «serve un’assistenza ancora più intensa e attenta».

E inoltre sui giornali di oggi:

L’AQUILA
CORRIERE DELLA SERA – “L’affare dei giochi d’azzardo (e L’Aquila aspetta i soldi)” è il titolo di pagina 24. Si dà conto dell’inchiesta di Report, il programma di Raitre condotto da Milena Gabanelli. “Ha scritto e riscritto alle Finanze. L’ultima volta, non più tardi di un paio di mesi fa. Ma senza risultati. «Ad oggi di questi fondi non ce ne sono tracce» , ha dichiarato Stefania Pezzopane, assessore alle politiche sociali del Comune dell’Aquila in una intervista a Report. I soldi sono quelli che dovevano arrivare alle zone terremotate dai giochi, com’è previsto dal decreto Abruzzo. Almeno 500 milioni l’anno: ma secondo quanto ha ricostruito la puntata della trasmissione di Milena Gabanelli su Raitre andata in onda ieri sera, a due anni di distanza non è arrivato ancora un euro. «L’industria dei giochi nel frattempo ha fatturato circa 120 miliardi. E nelle casse dello Stato ne sono finiti circa 20. Ma dove sono andati i soldi destinati per legge alle popolazioni colpite dal terremoto?» , si chiede l’autore del lungo servizio, Sigfrido Ranucci. Che spiega: «Abbiamo chiesto al sottosegretario all’Economia Alberto Giorgetti, competente sui giochi, ma dopo averci dato la sua disponibilità… ha detto di no. Abbiamo chiesto anche al ministro Tremonti, ma neppure lui ci ha risposto… »” .

EGITTO
LA STAMPA – “Islamisti bruciano due chiese copte. Al Cairo 12 morti”. La “vendetta” degli estremisti per l’uccisione di Bin Landen prende a obiettivo le minoranze cristiani nei Paesi a maggioranza islamica, in uno schema che si ripete sempre allo stesso modo. E’ successo nel week-end in Egitto, dove due chiese a Est del Cairo sono state incendiate e centinaia di ultraortodossi mussulmani hanno assediato ala chiesa di Santa Mina dopo che era corsa voce che vi fosse rinchiusa una ragazza cristiana convertita all’Islam. «Da due mesi si ripetono incidenti del genere» dice a LA STAMPA Youssef Sidhom, direttore dell’unico giornale cristiano d’Egitto. «I copti sono terrorizzati e si chiedono dove sia la polizia, dove sia la sicurezza, cosa faccia l’esercito», la loro situazione dopo la rivoluzione che ha scacciato Mubarak sono addirittura peggiorate.

THYSSEN
LA REPUBBLICA – Monta la polemica per l’applauso che l’assise di Confindustria ha riservato all’amministratore delegato condannato per omicidio volontario. Cgil, Uil e Cisl unite nella condanna. «La sentenza va rispettata da tutti, anche da Confindustria, è la magistratura che va applaudita» spiega Farina della Cisl. In appoggio l’intervista all’unico sopravvissuto al rogo nello stabilimento, Antonio Boccuzzi: “È un colpo al cuore vuol dire che chi lavora non merita rispetto”.

IMMIGRAZIONE
ITALIA OGGI – I figli degli immigrati clandestini che hanno conseguito un diploma o una laurea oppure intendono arruolarsi nell’esercito, devono essere regolarizzati. E’ il messaggio che il presidente Obama ha lanciato al Dade College di Miami e che dovrebbe, secondo il pezzo “Immigrati, la legge va al restyling”, tradursi a breve in un riformulazione della proposta di legge The Dream Act, bloccata dal Congresso l’anno scorso. La legge prevede la possibilità di legalizzare migliori di giovani talento.  

GUERRE
IL SOLE 24 ORE – Marco Ratti e Paolo Migliavacca firmano a pagina 9 un articolo in cui cercano di mettere nero su bianco quanto costano le guerre. Titolo del pezzo “Il conto salato delle guerre” a lato una spalla “Tripoli «divora» ogni mese 40 milioni di dollari”. Bastino due cifre: «in tutto – scrivono gli autori del servizio – le persone che hanno perso la vita dall’avvio dei conflitti in corso sono oltre 1,6 milioni (elaborazione su dati Peace Reporter). E i costi diretti raggiungono la cifra-record di circa 1.700 miliardi di dollari». E ancora: «Secondo l’elaborazione del Centro per gli studi strategici e internazionali americano, la Grande guerra è costata agli Stati Uniti 253 miliardi di dollari, quella del Vietnam 686 miliardi, la Seconda guerra mondiale oltre 4.100 miliardi. Ciò significa che nella storia contemporanea, già ora i conflitti in Iraq e Afghanistan balzano rispettivamente al secondo e al quarto posto per i costi sostenuti (considerando anche l’apporto degli alleati degli Usa, 900 miliardi di dollari nel primo caso e 550 miliardi nel secondo)». Anche se si tratta di cifre enormi, il valore reale dei danni potrebbe essere ancor più elevato. E di molto. «Un rapporto di Oxfam (un’Ong britannica) di qualche tempo fa, ad esempio, ha provato a valutare gli effetti sullo sviluppo economico dei Paesi africani coinvolti negli scontri. Risultato: ogni anno i conflitti armati bloccherebbero la crescita del Pil in media del 15% nei paesi coinvolti».

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