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Lamorgese: “Precedenti decreti avevano reso inefficace il sistema di accoglienza”
In un'intervista rilasciata al quotidiano Avvenire il ministro dell'Interno fa luce sul nuovo decreto in materia di sicurezza e immigrazione: "Mi limito ad osservare che i precedenti decreti avevano stressato il sistema di accoglienza al punto di renderlo inefficace perché, di fatto, sono stati esclusi dai centri moltissimi immigrati finiti in una terra di nessuno in condizioni di precarietà e clandestinità"
di Redazione
Rimettere al primo posto la dignità delle persone e garantire la sicurezza nei territori. In una lunga intervista rilasciata ad Avvenire il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sottolinea alcuni passaggi del nuovo decreto che superano i decreti sicurezza di Matteo Salvini, suo predecessore al Viminale.
«Mi limito ad osservare che i precedenti decreti avevano stressato il sistema di accoglienza al punto di renderlo inefficace perché, di fatto, sono stati esclusi dai centri moltissimi immigrati finiti in una terra di nessuno in condizioni di precarietà e clandestinità», dice Lamorgese intervenendo sul testo legislativo “recepito in pieno dal Consiglio dei ministri”, ma a cui “non è stato facile arrivare”.
«Abbiamo cercato di non perdere mai di vista due parametri di riferimento fondamentali in tema di immigrazione: la dignità delle persone che vengono accolte e la sicurezza delle comunità che accolgono – dice Lamorgese ad Avvenire –. Ci siamo mossi tra queste due sponde per rimodulare le norme dei decreti 112 del 2018 e 53 del 2019 che, negli ultimi due anni, hanno sostanzialmente desertificato il sistema di accoglienza diffuso nei territori, finendo così per alimentare un esercito di ‘fantasmi’ senza volto e senza identità. Perciò, anche per garantire la sicurezza dei nostri territori e delle nostre comunità, abbiamo ridisegnato un Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) capillare, diffuso in piccoli centri presenti in tutte le regioni, in cui gli immigrati hanno un nome, i documenti, un domicilio certo e magari anche la possibilità di essere impiegati regolarmente o di essere reclutati per lavori socialmente utili».
Sulla questione della protezione umanitaria il ministro ha aggiunto: «Il valore aggiunto di questo decreto sta nel fatto che interviene con il bisturi, e non con l’accetta, sul nodo della protezione umanitaria, che va affrontato nel rispetto degli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese. Abbiamo operato con una tipizzazione dei casi speciali, che ora comprendono pure chi, nel proprio Paese, rischia di essere sottoposto non solo a tortura, ma anche a trattamenti inumani e degradanti; chi è fuggito per gravi calamità; chi presenta gravi patologie o è stato minacciato nel diritto alla vita privata e familiare. Aggiungo che la Presidenza della Repubblica, con le osservazioni formulate in occasione del varo dei decreti del 2018 e 2019, ha tracciato una linea che accompagna tutti i punti cardine del provvedimento».
Sul tema dei soccorsi in mare da parte di navi della Ong il ministro risponde che è un “giudizio ingeneroso” sostenere di sentirsi ancora criminalizzate: «Lo ritengo un giudizio ingeneroso, perché chiunque si trovi ad operare salvataggi in mare, comprese le Ong, deve agire in un quadro normativo di riferimento e rispettare le regole. Stabilire un perimetro per le operazioni Search and Rescue non significa criminalizzare: tant’è che, nel nuovo decreto, il provvedimento di divieto o di limitazione del transito e della sosta per le navi nel mare territoriale, per ragioni di ordine e sicurezza pubblica o di violazione delle norme sul traffico dei migranti, non si applica alle operazioni comunicate ai competenti centri di coordinamento e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle prescrizioni impartite dagli organi interessati. Inoltre, non sono più previste le sanzioni amministrative fino a un milione di euro, oggetto di una delle osservazioni della Presidenza della Repubblica. Pertanto la violazione del provvedimento torna a seguire, per tutti e non solo per le Ong, il regime sanzionatorio penale del codice della Navigazione che prevede la multa da 10mila a 50mila euro. E sarà un giudice al termine di un dibattimento a stabilire l’eventuale sanzione» conclude Lamorgese.
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