Formazione

L’ambiente entra in classe

Il ministro Gelmini ha introdotto l'educazione ambientale all'interno delle lezioni di cittadinanza. Ma quel che manca agli studenti italiani, a detta di un'esperta dell'Unesco, è la preparazione scientifica, vera base di una coscienza ecologica.

di Elisa Cozzarini

Anticipazione del prossimo numero di Ecomondo, il mensile di ambiente, energia e risorse realizzato in collaborazione con il WWF Italia,  interamente dedicato al tema dell’educazione ambientale, in edicola con Vita da oggi

«C’è qualcosa che non si è detto dei dati Pisa-Ocse sulla scuola: esiste una forte correlazione a livello mondiale tra la bravura nelle materie scientifiche e la consapevolezza e capacità di discutere delle questioni ambientali». Parola di Michela Mayer, della Commissione italiana Unesco che si occupa del Decennio dell’educazione allo sviluppo sostenibile (Dess).
Ecomondo: Cosa indica questa correlazione?
Michela Mayer: È semplice: c’è chi dice che non ha senso parlare di educazione ambientale in una scuola in cui non si conosce l’abc delle materie fondamentali. Invece trattare di sviluppo sostenibile va di pari passo con lo studio della matematica e delle scienze. Significa dare un senso all’educazione, fornire ai ragazzi gli strumenti per sviluppare una coscienza critica. In sostanza dare meno nozioni e più competenze per utilizzare e ricercare le informazioni che servono. Nella scuola italiana si confonde spesso educazione con informazione. Altro dato Pisa-Ocse è che gli ottimisti, che pensano che i problemi ambientali si risolveranno con il progresso della scienza e della tecnica, sono quelli che ne sanno meno.
Ecomondo: Le Nazioni Unite hanno proclamato gli anni tra il 2005 e il 2014 Decennio dell’educazione allo sviluppo sostenibile…
Mayer: Sia l’educazione sia lo sviluppo sostenibile sono processi a lungo termine. È in gioco un cambiamento profondo del sistema scolastico. L’educazione allo sviluppo sostenibile è considerata alla pari dei Millennium goals. È come dire che si sta combattendo contro una nuova forma di analfabetismo, che ignora una questione cruciale per il futuro dell’umanità: lo sviluppo sostenibile.
Ecomondo: Si parla solo di scuola?
Mayer: No, anzi. Anche dai dati di Pisa emerge l’importanza dell’educazione informale, che ha grande influenza su quella formale. Mi spiego: si può fare una bellissima lezione di educazione stradale, ma poi se i ragazzi vedono che i genitori superano i limiti di velocità e non mettono le cinture di sicurezza, serve a poco. Se le discrepanze tra ciò che si insegna e ciò che avviene nella società sono troppo evidenti, i precetti che arrivano dalla scuola perdono di valore. Per questo il Dess pone un forte accento sul lavoro con le famiglie, la società, l’ambiente in senso ampio.
Ecomondo: Cosa si sta facendo in Italia, ad esempio?
Mayer: Ogni anno si lancia una settimana su una tematica precisa. Nel 2006 era l’energia, nel 2007 i cambiamenti climatici e quest’anno, in novembre, si parlerà di riduzione dei rifiuti. L’obiettivo è non solo coinvolgere le scuole, ma far scendere in campo la società civile, rendendone evidente l’impegno con mostre, spettacoli, dibattiti pubblici, banchetti informativi.
Ecomondo: A che punto è l’Italia?
Mayer: Si procede lentamente e in modo un po’ confuso, anche per i cambi di governo e perché il mondo della scuola sta vivendo continui ribaltoni. Un nostro punto di forza è l’esistenza di un accordo Stato-Regioni nell’ambito dell’Infea, il Sistema nazionale per l’informazione, formazione ed educazione ambientale. Negli ultimi anni le Regioni hanno investito molto in iniziative sulla sostenibilità. L’aspetto negativo è che non abbiamo ancora una strategia per l’educazione ambientale. Esiste solo un accordo di programma tra i ministeri.
Ecomondo: La scuola è in difficoltà: come affronterà le nuove sfide?
Mayer: L’autonomia avrebbe potuto aprire la strada all’innovazione anche nella modifica dei curricula. Ciò non è avvenuto, per la mancanza di finanziamenti ma anche per i pochi stimoli esterni, effetto di una società che ha perso la fiducia nel sistema scolastico. I genitori chiedono la scuola che hanno avuto loro, non capiscono che oggi serve altro. La formazione universitaria è inadeguata perché non offre metodologie per l’insegnamento. È un circolo vizioso.
Ecomondo: Come se ne esce?
Mayer: Il ministro Gelmini propone il ritorno al 7 in condotta e al grembiule. Niente in contrario, ma ci vuole anche altro. Bisogna rendere i ragazzi protagonisti di ciò che avviene a scuola, uscendo dallo schema dell’informazione ripetuta e dando gli strumenti per risolvere problemi concreti. L’insegnante deve saper uscire senza paura dal programma, affrontare tematiche che non hanno una risposta certa, come la questione energetica, che implicano un aggiornamento continuo e possono stimolare una discussione. La Gelmini sostiene che l’educazione ambientale è compresa nella civica. Parlerei piuttosto di educazione alla cittadinanza, che significa anche partecipazione e dev’essere trasversale a tutte le materie.

Info: www.wwf.it/educazione

 

 


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