Mondo
L’altro nemico dello zar Milosevic? Le truppe di Internet
Le bombe della Nato sulla Serbia,i massacri delle squadre speciali a Pristina:dal cyber spazio arrivano le news su un conflitto che non ha testimoni stranieri.
Davanti al black out imposto dal regime serbo ai giornalisti e corrispondenti di tutto il mondo in seguito al bombardamento della Nato, la guerra scorre su Internet. Fili ad alta tensione che entrano ed escono dall?infinito dramma del Kosovo e riproducono fotogrammi istantanei di una tragedia che per la prima volta viene ricostruita dai protagonisti e non più solo dagli osservatori stranieri.
Sento il rumore degli spari…
Nella rete ci sono le immagini e le testimonianze degli albanesi sotto assedio e le testate dei quotidiani segnati dalle croci della censura di Belgrado. I siti albanesi ?forbidden? dai serbi e i siti serbi che forniscono dettagliati resoconti delle attività terroristiche dell?Uck contro i cittadini serbi. Gli attacchi del governo di Belgrado e la controinformazione della resistenza albanese. I giovani attoniti che da un capo all?altro del mondo condividono il terrore della guerra. E poi milioni di parole sputate fuori da decine di links che cercano di trovare un nesso alla follia della guerra sotto il fuoco incrociato delle bombe alleate e al genocidio perpetrato contro gli abitanti del Kosovo.
La guerra che scorre su Internet non assomiglia certo alla camera fissa della Cnn durante l?ultimo bombardamento su Baghdad che evocava quasi la simulazione di un videogame . No, la guerra del Kosovo che scorre su Internet è vera, palpabile, atroce. Così si può sentire l?angoscia di Adona, una studente sedicenne kosovara che scrive via e-mail a Finnie, un ragazzo di Berkley (California): «Caro Finnie, ti scrivo dal mio balcone. Vedo un sacco di gente correre da un posto all?altro, trascinando valigie, bauli, persone, ricordi. Sento il rumore degli spari. Vedo quartieri circondati dai militari. Ho preparato già la mia valigia. Ti scriverò finché ci sarà l?elettricità. Mio fratello più piccolo ha nove anni e ora sta dormendo. Spero che i suoi sogni non vengano interrotti. È solo un bambino. I miei compagni di scuola hanno scritto sulle loro cartelle: la pace é l?intervallo fra due guerre. Ora ho capito cosa volevano dire».
La testimonianza di Adona è stata ripresa dalle televisioni di tutto il mondo grazie alla Cnn che ha riprodotto nel suo sito web cnn.com/SPECIALS/1998/10/Kosovo il programma della radio dei giovani ?Youth Radio? di Berkeley. Ma la rete non è solo uno spazio infinito per raccogliere le parole, le richieste di aiuto, le urla disperate della popolazione albanese e serba che cerca di non affondare. No, in rete si toccano anche le ragioni di questo conflitto, si può sentire l?odio etnico che incendia i siti web proprio mentre il numero delle vittime aumenta di ora in ora e i profughi si ammassano alle frontiere. Nel sito
www.gov.yu/kosovo/state.html il governo di Belgrado fornisce il resoconto del terrorismo albanese nel Kosovo con numeri e grafici alla mano.
Nel link ?Terrorism in Kosovo e Metohia? le fonti serbe raccontano la persecuzione da parte albanese e segnano i 110 attacchi terroristici compiuti dal 1991 al marzo del 1998 contro le forze di polizia di Belgrado, nel link ?Why an albanian State? spiegano la loro supremazia etnica sugli albanesi del Kosovo e nel sito www.srpska-mreza.com/mlad/ Monasteries.htm lasciano la parola alla Chiesa ortodossa, simbolo dello spirito nazionalista serbo che, illustrando i monasteri e i tesori ortodossi in territorio kosovaro e ricordando che nel Medioevo furono i centri spirituali a diventare dei bastioni dell?ortodossia serba dopo l?occupazione turca, danno la loro versione della saga del Kosovo: «I serbi hanno il Kosovo nel sangue», si legge nel sito ortodosso.
Per noi serbi è una guerra santa
«Si tratta di un fenomeno trascendente che può essere spiegato solo dal simbolismo e dalle emozioni che la parola Kosovo rappresenta per i serbi. Per i serbi il Kosovo è un territorio sacro, la culla della nazione e il centro dell?impero serbo nel medioevo». Ma di fronte ai numerosi siti serbi (vale la pena di segnalare anche www.serbia-info.com/Kosovo.html che appartiene al ministero dell?Informazione di Blegrado) ci sono alcuni siti albanesi sopravvissuti alla censura e alle fiamme appiccate dai militari serbi a Pristina.
La sede del Kosovo information centre (Kis) che prima dell?attacco Nato era una delle principali fonti di informazione kosovare sulla rete è stata bruciata dalle forze serbe, mentre il quotidiano albanese Koha Ditore ha cessato le pubblicazioni e nel suo sito web appare solo la scritta ?Forbidden, non sei abilitato per accedere a questo server?, mentre per il Kosova Sot, quotidiano albanese del Kosovo, costretto al silenzio l?11 marzo da una multa di 800.000 dinari da versare al governo di Belgrado, è riuscito a sopravvivere nel sito web www.kosovasot.com/Support.html per chiedere sostegno economico e firme di proteste. Per ora la voce della resistenza kosovara è stata affidata al www.kosovainfo.com che raggruppa tutti i siti sopravvissuti alla guerra reale e virtuale.
Il principale link è rappresentato dal Kosova Crisis center che raccoglie e rimanda quasi in tempo reale i frammenti della tragedia. Dall?immagine del neonato ucciso e avvolto in una coperta nel villaggio di Drenica durante uno scontro fra i soldati del Uck e le forze serbe agli appelli per ritrovare familiari dispersi; dalla lista (incompleta) delle esecuzioni serbe avvenute dall?inizio del raid Nato, fino ai lanci di agenzia su ogni avvenimento in corso. Il Kosovo centre of crisis è l?unica fonte di notizie sulla rete della resistenza albanese.
Il diavolo, Milosevic e l?Albright
I loro dispacci hanno informato l?opinione pubblica mondiale dell?assassinio di Baton Haxhiu, direttore del quotidiano Koha Ditore e del poeta Alun Gashi. Ma per capire la crisi dl Kosovo sin dall?inizio c?è anche la stazione cibernetica del giornalista free lance Mario Profaca www. b92.net filmati, voci, corrispondenze e-mail della tragedia grazie al server americano, il Real Networks che fa rimbalzare i segnali digitali in Olanda per poi finire in una stazione radiofonica austriaca che a sua volta manda segnali radiofonici in Jugoslavia. Uno straordinario esperimento multimediale mondiale a cui avremmo voluto assistere in tempo di pace. ?
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