Cultura

L’altro gay pride

Sono più di 500 in Italia gli omosessuali credenti, riuniti in 26 associazioni. Anteprima dal settimanale VITA in edicola questa settimana

di Sara De Carli

L’attivismo non è la loro cifra. Qualunque sia la bandiera in causa. Gli omosessuali credenti riuniti in associazione preferiscono la contemplazione all’azione, che si tratti di scendere in piazza con il movimento Lgbt o di impegnarsi in parrocchia. Il dato emerge dal “Primo rapporto sui gruppi cristiani omosessuali in Italia”, che ha contato 26 gruppi e 538 aderenti. E ha scattato un’inedita fotografia di un mondo sconosciuto.

Protestanti, anglicani, ortodossi, alcuni atei, c’è un po’ di tutto. Ma l’81% degli aderenti è cattolico. Che dimostrano come essere omosessuali e cattolici non è impossibile: i praticanti, anzi, arrivano al 52%, una volta e mezza la media italiana. Tuttavia i contorni del rapporto tra Chiesa e gay restano ambivalenti: solo il 15% dei gruppi è guidato da un prete. Per il resto il sacerdote o non c’è o è un semplice partecipante, per lo più occasionale e a titolo personale. D’altra parte, solo il 19% dei gruppi è interessato a collaborare con le parrocchie.

Nata nei primi anni 80 a Torino, questa realtà associativa si è diffusa in tutta Italia, con un boom nell’ultimo decennio (+57%) e un ritmo di crescita annuo del 7%. Pochissime le donne: solo il 16%. L’età media è di 40 anni, ma si va dai 25 ai 70. Ogni gruppo ha la sua: «Le persone invecchiano nei gruppi, le nuove energie tendono a costituirne di nuovi», dice Gianni Geraci, del gruppo milanese Il Guado. «È una differenza di stile del ritrovarsi, non di filosofia. Dietro i nostri gruppi non c’è un progetto di militanza ma di crescita personale».

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Il report sarà presentato domenica nell’ambito del primo Forum italiano di omosessuali credenti, che si apre oggi ad Albano Terme. Tema della tre giorni, “La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Lesbiche e gay cristiani nelle Chiese e nella società” (il programma su www.gionata.org).


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