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L’altra metà della multiutility

Hera, big bolognese acqua-luce-gas-rifiuti, che serve 5 milioni di italiani in cinque regioni, festeggia la certificazione delle parità di genere. Un percorso iniziato nel 2009 con un formale impegno aziendale inserito nell'impegno per la sostenibiltà e certificato da indici internazionali come il Bloomberg Gender Equality Index e il Refinitiv Global Diversity & Inclusion Index

di Giampaolo Cerri

«Chi ben comincia», recita l’adagio popolare, «è a meta dell’opera». Il gruppo Hera, una delle più grandi multiutiliy italiane, che serve circa 5 milioni di cittadini in Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche e Toscana, è stato precocemente sostenibile – già nel 2005 aveva un’unità dedicata alla responsabilità di impresa, nel 2007 pubblicava il primo bilancio – e ora si gode un vantaggio considerevole. È così anche per la parità di genere, per la quale il gruppo bolognese, nato dalla fusione di molte municipalizzate, aveva firmato nel 2009 la Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro appena lanciato, e la costituzione nel 2011 di un gruppo di lavoro di Diversity management, incaricato di lavorare anche su questo fronte.

Presenza femminile per un terzo

Non stupisce allora che il gruppo presieduto da Cristian Fabbri possa fregiarsi della certificazione di parità per le proprie 11 società maggiori, resa nota stamane dal quartier generale bolognese. «Si tratta di un riconoscimento importante», spiega una nota che ricorda come la presenza femminile «si attesti sul 28% e si registri una crescita costante della presenza delle donne in ruoli di responsabilità coerente con la distribuzione dei generi: nel 2022 l’incidenza del personale femminile tra i quadri e dirigenti è di circa un terzo». Sicuramente dati significativi per una utility, ossia di una realtà che opera in un settore in cui la forza lavoro è tradizionalmente maschile.

Certificazione UNI

Come è noto, l‘introduzione del sistema di gestione per la parità di genere, secondo la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, lo standard qualitativo applicato, prevede la misurazione, rendicontazione e valutazione di un insieme di indicatori distribuiti in sei aree – cultura e strategia, governance, processi di risorse umane, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita/lavoro -, con l’obiettivo di colmare i gap eventualmente esistenti e produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo, grazie a un piano strategico dedicato. «Oltre alla definizione delle azioni stabilite all’interno del processo di gestione UNI/PdR 125:2022», ricordano a Bologna, «il consiglio di amministrazione del Gruppo ha approvato la Politica per la parità di genere che definisce l’impegno dell’azienda per la parità di genere, per garantire pari opportunità sul luogo di lavoro, e ha nominato un Comitato Guida che ne assicura l’efficace adozione».

L’intervista al capo della csr di Hera, Filippo Bocchi

«Il sistema UNI/PdR 125:2022», ricorda proprio il presidente esecutivo Fabbri, «certifica un percorso avviato da tempo, e si affianca alla nostra presenza ormai costante nel Bloomberg Gender Equality Index e ai primi posti a livello mondiale nel Refinitiv Global Diversity & Inclusion Index. Si tratta quindi di un ulteriore tassello che testimonia l’impegno e i risultati raggiunti dal Gruppo per rimuovere ogni barriera, anche culturale, che pregiudichi l’accesso e la crescita professionale in azienda in base al genere, significativo», conclude Fabbri, «per un’azienda che vuole essere un esempio virtuoso sul territorio, anche in termini di responsabilità sociale ed equità».


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