Non profit
l’altra metà del cielo ora è a tutte le latitudini
Dall'Africa subsahariana all'Afghanistan, una tendenza chiara
Ci sono ong come Acra in cui l’85% del personale è femminile. E anche tra
gli espatriati le percentuali sono in costante aumento.
I progetti che hanno
le donne come soggetti
sono quelli che portano
i benefici più diffusi
Sono le più vulnerabili, eppure possono risollevare un’intera comunità. È un paradosso quello che emerge dai progetti di aiuto allo sviluppo che riguardano le donne a tutte le latitudini. A raccontarlo sono le cooperanti italiane, dalle direttrici di ong (organizzazioni non governative) alle espatriate sul campo. Perché se la cooperazione internazionale è diventata sempre più attenta al femminile come leva per promuovere lo sviluppo e il protagonismo delle donne è cresciuto nel Sud del mondo, anche lo staff delle ong europee è sempre più rosa.
Dalle casse cooperative in Senegal ai corsi di marketing in Afghanistan, alle micro-imprese al femminile in Mauritania sono sempre di più i progetti di cooperazione che vedono coinvolte le donne, anche in contesti culturali che penalizzano di più l’iniziativa femminile. «Lavorare con le donne in Afghanistan non è facile», ammette Silvia Risi, cooperante del Cesvi ad Herat. Gli ostacoli culturali sono fortissimi. È difficile raggiungere le donne, avere accesso al loro spazio anche se, una volta che questo avviene, si sperimentano delle aperture insospettabili».
A Herat e a Mazar-i-Sharif Cesvi promuove corsi di formazione professionale che coinvolgono 170 donne, da quelli di ostetricia, cucito e tessitura a quelli di informatica e fotografia. «La cosa che mi ha stupito di più è che nessuna delle donne che abbiamo raggiunto ha subito particolari restrizioni da parte della famiglia o della propria comunità, tutte hanno accettato e partecipato fino alla fine».
In Mauritania, Paese a maggioranza islamica, il governo ha lanciato una campagna di sensibilizzazione contro l’inquinamento a partire da un progetto di successo gestito da un centinaio di cooperative di donne in partnership con un’ong italiana, la Lvia di Cuneo. «Qui la dispersione nell’ambiente della plastica è una vera piaga», spiega Tiziana Gidoni, cooperante Lvia nella capitale del Paese africano, Nouakchott. «Dal centro alla periferia fino a un raggio di molti chilometri attorno alla città il terreno è disseminato di sacchetti, e si sa che la plastica impiega più di mille anni a smaltirsi».
Lvia è stata invitata a iniziare un progetto di riciclaggio a Nouakchott dal commissariato ai Diritti dell’uomo e alla Lotta contro la povertà mauritano, dopo la visita di una delegazione al Centro per la raccolta e il pre trattamento dei rifiuti plastici promosso dall’ong italiana in Senegal. «Siamo partiti nel 2006 con 12 cooperative locali composte da donne», racconta Gidoni, «oggi le cooperative sono 118, per un totale di 1.532 attiviste che portano la plastica al centro di riciclaggio e fanno sensibilizzazione in giro per la città. I loro quartieri adesso sono puliti».
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