Welfare

L’altra faccia di Milano

Il 69,9 per cento di chi ha chiesto aiuto è donna, il 75% è straniero: sono alcuni dati del settimo rapporto sulle povertà in diocesi di Milano. La Caritas Ambrosiana analizza l'emergenza abitativa: la mancanza di una casa interessa il 15% dei "poveri

di Antonietta Nembri

Italiane e straniere, donne insomma. Sono loro la maggioranza delle persone che si sono rivolte lo scorso anno ai centri di ascolto e ai servizi di Caritas Ambrosiana. Il settimo rapporto sulle povertà in diocesi di Milano (territorio che comprende in particolare le province di Milano, Varese, Lecco, Monza e Brianza) anche quest’anno traccia, grazie all’analisi dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas Ambrosiana, un ritratto delle nuove emergenze sulla base di un campione costituito da 15.901 persone. Di queste il 69% è stato incontrato dagli operatori Caritas per la prima volta.


Un rapporto ricco di cifre e dati dal quale emerge il ritratto dei poveri, ma sarebbe meglio dire delle “povere” visto che il 69,9 % sono donne, che si sono rivolti alla Caritas (61 centri di ascolto campione) e ai servizi Sam (Servizio Accoglienza Milanese), Siloe (Servizi Integrati Orientamento, Lavoro, Educazione) e Sai (Servizio Accoglienza Immigrati), operanti su Milano.

Gli stranieri sono ancora la maggioranza (75,4%) e per il 47% sono extracomunitari. Nel dato complessivo colpisce, tra gli italiani il dato che vede le persone separate/divorziate/vedove attestarsi al 21,5% (percentuale doppia rispetto agli stranieri). Inoltre, poco più della metà di chi si è rivolto alla Caritas è senza lavoro (51,5%) o in cerca di prima occupazione (7,4%). Non stupisce quindi che tra i bisogni e le richieste rilevate dagli operatori ben il 58,7% riguardino l’occupazione e il reddito (33,3%). La mancanza di un’abitazione è un problema che riguarda quasi il 15% delle persone.

Quest’anno la Caritas ha scelto di puntare l’obiettivo sul disagio abitativo, strettamente legato all’attuale mercato immobiliare dove mancano case in affitto e soprattutto è insufficiente l’offerta abitativa rivolta alle fasce più deboli. Basti pensare che gli affitti a Milano sono cresciuti più dell’inflazione, così che la spesa per la casa erode sempre più il reddito complessivo, spesso di nuclei monoreddito o di genitori soli. Il problema si fa ancora più pesante se correlato alle nuove forme di lavoro, precarie e con basse retribuzioni, che non permettono da un lato di acquistare una casa e rendono insostenibili gli affitti. Per non parlare delle difficoltà degli immigrati ai quali vengono richiesti affitti alti al punto che una fascia di essi si è orientata all’acquisto con le conseguenti difficoltà di accesso al sistema creditizio. Nei centri Caritas si è notato anche come se per gli stranieri le situazioni di emergenza nascono dal sovraffollamento e dalla marginalità, soprattutto per gli uomini soli, per gli italiani a emerge sono gli sfratti per morosità.
Anche il fattore “famiglia” può essere determinante nello studio del disagio abitativo. Gli operatori dei centri di ascolto rilevano come la mancanza del supporto della famiglia di origine per gli stranieri (rimasta nel paese di provenienza) o la fragilità e disgregazione familiare per gli italiani privano le persone di quel sostegno tanto utile a fronte di problemi abitativi e non solo.
«I centri di ascolto, dinnanzi a questa realtà, agiscono attraverso un lavoro di rete, con gli enti e le associazioni (pubbliche e private) presenti sul territorio. Pur affrontando grandi difficoltà che vanno oltre l’ambito dell’intervento dei centri, dalle interviste agli operatori dei centri di ascolto traspare un’attività ricca di creatività e impegno costante nella ricerca di risorse e possibilità di aiuto. In primis – fanno notare all’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse della Caritas Ambrosiana – facciamo riferimento alle attività di orientamento e accompagnamento della persona. Ci sono poi altri interventi facilitatori, come l’attivazione di famiglie “tutor” o il collegamento con i custodi sociali. Vengono posti in essere anche interventi economici (per esempio prestiti, mediante il contributo di alcune fondazioni) o la gestione di strutture di accoglienza assieme ad altre associazioni. Si avverte, da parte degli operatori, la necessità di coinvolgere sempre di più la comunità, sensibilizzandola e informandola affinché possa scegliere di offrire alloggi a canoni accessibili o possa attivare altre forme di sostegno a quanti vivono il disagio abitativo».


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