Formazione

L’alternanza nei licei: tre consigli per costruire un modello

Gli studenti dei licei bocciano l'Alternanza, mentre i colleghi di tecnici e professionali la promuovono a pieni voti. È colpa solo del fatto che per i licei l'Alternanza era una novità, diversamente dalle altre scuole? O forse l'Alternanza nei licei non ha senso? O invece i licei non hanno ancora capito cos'è l'Alternanza? I tre consigli di un dirigente per una buona Alternanza Scuola Lavoro nei licei

di Sara De Carli

L’alternanza obbligatoria, nei tecnici e professionali e nei licei va a due velocità. I primi danno una valutazione alta ai percorsi di Alternanza Scuola-Lavoro (in media 4 punti su 5), mentre i liceali assegnano ai percorsi svolti punteggi più bassi, sotto la sufficienza (in media 2,5 su 5). È quanto emerge da un’inchiesta sullo stato e la percezione dell’Alternanza scuola-lavoro in Italia, realizzata dalla Rete degli Studenti Medi su 4mila studenti.

Interrogati su coerenza del percorso svolto, utilità dell’alternanza per acquisire competenze specifiche, aiuto nell’orientamento al lavoro, personalizzazione del percorso e chance di lavoro per il futuro, i giudizi degli studenti si polarizzano molto per tipo di scuola. Dall’indagine emerge anche che mentre nei tecnici e professionali l’alternanza si fa in orario curricolare, i licei la relegano al pomeriggio o alle vacanze: «il fatto che l’alternanza viene volutamente posizionata “all’esterno”» è per la ricerca «la dimostrazione del fenomeno di rigetto dal mondo liceale, che vuole rimarcare la profonda distanza tra didattica scolastica e i percorsi esterni». Il 74,6% degli studenti che fanno alternanza completamente al di fuori dell’orario scolastico viene infatti dai licei, dove sono rari i casi di alternanza precedenti alla legge. E ancora, il cluster dei tecnici e professionali può contare su un numero molto alto di docenti preparati appositamente per gestire i percorsi di Alternanza (69% dei casi), mentre al contrario nei licei il 71% degli studenti ha avuto come tutor interno un docente selezionato in modo casuale. «Questo avviene probabilmente perché nei licei non viene ancora del tutto percepita l’importanza dello sviluppo delle competenze trasversali, mentre è ancora molto diffuso un modello di apprendimento tradizionale che tende a relegare l’alternanza ad attività marginali scarsamente calate all’interno delle attività didattiche curricolari», commenta l’inchiesta.

«Non esistono regole o criteri tali per cui accanto all’obbligo ci siano garanzie di qualità del percorso», afferma Giammarco Manfreda, 22 anni, coordinatore nazionale della Rete Studenti Medi. «Non ci sono criteri per la selezione delle aziende e dei tutor, né per dire cosa, quando e come fare alternanza. L’alternanza è una innovazione delle forme di insegnamento, non possono farla persone scelte a caso. Sì, il tema delle piazze è stato questo: noi vogliamo fare l’alternanza, ma non nel modo che abbiamo visto finora. E dire che “non siamo operai” non è snob, come alcuni hanno osservato (il riferimento è a un tweet di Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, ndr), è la realtà: noi siamo studenti, non lavoratori. Non chiediamo di essere retribuiti, ma pretendiamo di non essere trattati come lavoratori quando siamo in azienda per fare Alternanza, non per lavorare».

Questa ricerca è una delle poche esistenti ad oggi fra i macro dati dei MIUR e i casi singoli, arrivati nelle scorse settimane sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, dopo che l’Unione degli Studenti ha indetto, lo scorso 13 ottobre, lo “sciopero dell’Alternanza”. In mezzo, fra il drone e il selfie, per il momento c’è poco. I numeri complessivi parlano di 431.014 studenti del liceo delle classi III e IV ad aver fatto Alternanza nell’anno scolastico 2016/17, contro i 250.628 degli istituti tecnici e i 153.269 degli istituti professionali. Gli studenti del licei che hanno fatto Alternanza rappresentano il 51,6% del totale degli studenti (licei, tecnici e professionali) che devono farla. I licei quindi si sono mossi, facendo fare esperienze di Alternanza al 91% dei propri studenti: certo con la difficoltà oggettiva legata alla novità.

Anna Teselli è la ricercatrice della Fondazione Di Vittorio che ha seguito l’indagine degli studenti e che sta lavorando anche alla nuova edizione del monitoraggio realizzato dalla Cgil: «la fotografia che emerge dall’indagine degli studenti dice di una chiara polarizzazione, due terzi degli studenti sono soddisfatti e un terzo è molto insoddisfatto, su indicatori precisi. Anche la differenza di giudizio tra professionali e licei è netta, probabilmente per la maggiore consuetudine a fare formazione on the job. Sul liceo va fatto uno sforzo maggiore, magari coinvolgendo le università e gli ITS per costruire filiere verticali, pensando ad esperienze che abbiano una finalità rispetto alla scelta del percorso di studi, magari dentro i percorsi ITS. L’ALS vista da sola può sembrare fine a se stessa, mentre diventa importante se il sistema scuola nel suo complesso riesce a modificare l’offerta formativa, integrando la didattica per competenze. Tornare indietro dall’obbligo? No, è una questione democratica, prima dell’obbligo l’alternanza la faceva solo il 7% della popolazione studentesca, tutti gli altri erano tagliati fuori. L’importante ora è monitorare continuamente le esperienze, il Miur non può solo fare solo le Linee Guida».

Anche un altro studio, “Ricognizione, analisi e valutazione della modalità di gestione dell’Alternanza Scuola-Lavoro nelle scuole”, realizzato in Lombardia da Assolombarda evidenzia il tema, affermando che «rispetto alle altre discipline, l’Alternanza scuola-lavoro è un percorso estraneo, nonostante gli sforzi per progettare un percorso in tirocinio o un project work che consentano di utilizzare le conoscenze disciplinari. Soprattutto nei Licei, la difficoltà di collegare in modo credibile l’Alternanza con le materie che compongono il curricolo scolastico (lingue classiche, la filosofia, la storia etc.) è ancora spesso considerata insormontabile». Le buone partiche tuttavia non mancano. Il Portolano del MIBACT, che raccoglie le esperienze di alternanza scuola-lavoro realizzate nel 2015-2016 nei luoghi della cultura, è zeppo di esperienze interessanti. Altre sono state presentate oggi al MIUR, in un evento dal titolo “Alternanza nei licei, missione possibile”: i ragazzi del liceo scientifico Farnesina, Roma si sono trasformati in diplomatici in azione all’ONU e in animatori nei piccoli villaggi vicino a Mumbai, quelli del Liceo classico M. D’Azeglio, di Torino hanno lavorato alla Reggia di Venaria per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, quelli del Liceo Scientifico G. Galilei di Catania hanno realizzato una mappa tattile della propria scuola e prodotto in Braille, in Large-Print (a caratteri ingranditi) e in formato digitale alcuni testi di Galileo Galilei. Il sottosegretario Gabriele Toccafondi ha detto che «dopo due anni d’impegno costante finalmente possiamo affermare che qualcosa sta cambiando perché il tema dell’alternanza è prima di tutto di origine culturale: si deve superare la convinzione che prima viene lo studio e poi il lavoro e, per fortuna, sia la scuola che gli enti pubblici e le imprese private si stanno accorgendo che l’Alternanza Scuola-Lavoro è uno strumento fondamentale per la crescita delle studentesse e degli studenti. Siamo sicuri che lavorando in sinergia con tutti i soggetti coinvolti, soprattutto per il bene dei ragazzi, saremo in grado di dimostrare che la scuola italiana è viva ed è in grado di produrre eccellenze di cui essere tutti orgogliosi».

Claudio Gentili, responsabile Education di Confindustria e coordinatore del comitato scientifico di Job & Orienta sottolinea la necessità che «l’alternanza vada a modificare la routine tradizionale dell’insegnamento deduttivo, altrimenti non riesce a ottenere altro che far odiare lavoro e imprese i giovani. Serve un salto di qualità nella formazione dei docenti, magari si può decidere che non è opportuno farla dei licei, ma se si fa è necessario partire dalla co-progettazione fra scuola e impresa e arrivare alla valutazione delle competenze raggiunte. Se non è innovazione didattica, l’Alternanza non esiste». Per Fabrizio Dacrema, coordinatore del Dipartimento Formazione e Ricerca Cgil, «l’obbligatorietà va mantenuta perché ci consente di guardare al futuro, ma qualificandola. Spesso per i licei è stata fatta la critica che il tipo di azienda o struttura non è coerente con l’indirizzo di studi: certo, se è coerente è meglio, ma non è questo il punto: l’esperienza di Alternanza in un contesto lavorativo deve mirare all’apprendimento delle soft skills trasversali e di conseguenza si possono fare esperienze buone ovunque, anche da McDonald’s, il problema è quali domande si pongono al contesto lavorativo. Il problema è che «ancora troppo spesso scuole e imprese non fanno una autentica co-progettazione, che significa definire insieme le competenze da raggiungere, il percorso di apprendimento, la valutazione».

Un'esperienza sul campo è quella di Aluisi Tosolini, dirigente del liceo Bertolucci Parma, 900 studenti per tre indirizzi – musicale, scientifico e sportivo – ed è molto netto: «La negatività di cui leggo sui giornali, io fatico a vederla». In terza loro fanno impresa formativa simulata, tra febbraio e marzo, «un’esperienza particolarmente arricchente, ho visto docenti tirar fuori professionalità e competenze inaspettate», mentre in quarta si va nelle strutture ospitanti per due settimane e mezza, a fine maggio. «Siamo molto soddisfatti, vediamo i ragazzi crescere. Come docenti ci siamo lasciati interrogare: quest’anno la nostra formazione punterà sulle soft skills». Passando dal racconto al modello, Tosolini vede tre nodi fondamentali, soprattutto per i licei: uno, mettere l’Alternanza in mezzo all’anno scolastico, perché questo «costringe pensarla non come un’aggiunta ma come elemento strutturale»; due, rivedere i tempi della scuola, che «non è più dalle 8 alle 13, né per i ragazzi né per i professori, che devono girare la provincia per andare nelle aziende»; tre, strutturare molti percorsi legati ai diritti, perché «noi prepariamo i ragazzi a fare un lavoro che oggi non esiste ancora, è una sfida grandissima a cui rispondere solo insieme».

Photo by Štefan Štefančík on Unsplash

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