Politica

L’Alleanza contro la povertà ha fatto scuola: verso un welfare 4.0

Gianmario Gazzi, presidente Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali, tratteggia l'idea di una possibile Alleanza per i diritti sociali e l’equità. «La povertà è un inizio, ma dobbiamo occuparci dell'inclusione. Su molti punti si possono costruire soluzioni comuni, serve fare sintesi. Sta cambiando il mondo, siamo all’industria 4.0 ma il nostro è un welfare 0.1»

di Sara De Carli

«L’Alleanza contro la Povertà ha fatto scuola. L’idea è che si possa su quel modello costruire una Alleanza
 per i diritti sociali e l’equità, perché su questi temi si deve andare tutti insieme, andare separati ci depotenzia e non serve a nessuno. L’ha detto bene Rossini, fare alleanza significa fare tutti un passo indietro rispetto alla propria visibilità per ottenere un obiettivo comune, perdere tutti per vincere tutti, come dice la teoria dei giochi. È l’unico modo per proseguire la strada che l’Alleanza contro la Povertà ha segnato e che oggi ci porta a sfide ulteriori»: così Gianmario Gazzi, Presidente Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali, sintetizza l’esito di una due giorni che a Roma ha riunito soggetti del Terzo settore, professionisti, politici, sindacati. Sono intervenuti il Ministro della Giustizia Andrea Orlando e Giovanni Maria Flick, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Claudia Fiaschi e Roberto Rossini, Tiziano Vecchiato ed Emanuele Ranci Ortigosa, nonché un “dialogo sulle politiche sociali in Italia” fra i due ex ministri Livia Turco e Maurizio Sacconi, moderato da Cristiano Gori, che sui social è già stato definito come «uno dei confronti più interessanti del decennio».

Il titolo della due giorni era «Politiche sociali, professionisti e percorsi per un futuro. Costruire una Alleanza
per i diritti sociali e l’equità». Gazzi lo definisce come un «seminario, non un convegno», nato dal tentativo di «ragionare sulla necessità di fare squadra sui temi del welfare, nell’ipotesi di un confronto costante fra soggetti diversi». L’approvazione del Reddito di Inclusione è l’inizio di un percorso. Perché deve esserci la stesura del Piano Nazionale contro la Povertà, certo, ma anche perché «la povertà è un pezzo dell’inclusione, è il primo da affrontare, certo, ma dobbiamo andare oltre», spiega Gazzi, «Flick lo diceva bene, dobbiamo puntare alla rimozione di tutti gli ostacoli di cui parla l’articolo 3 della Costituzione («è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, ndr), dobbiamo affrontare l’inclusione in modo più ampio. Vogliamo iniziare a parlare di come si integra il welfare aziendale negli altri welfare? Come l’intervento delle Fondazioni? Sta cambiando il mondo, siamo all’industria 4.0 ma con una battuta il nostro è un welfare 0.1, non gli si può chiedere di correre dietro a un mondo 4.0. È questione di risorse, certo, ma anche di professioni e di visioni».

Il dibattito fra Turco e Sacconi è stato in questo senso esemplare: «ci ha regalato uno spaccato meraviglioso degli ultimi 20 anni, di riforme che si sarebbero potute fare e sui – tolte le ovvie differenze – tutta questa distanza non c’era», sintetizza Gazzi. «Dovremmo imparare da quello che è successo per disegnare il futuro, perché ci sono davvero molti punti su cui si possono costruire soluzioni comuni. C’è una esigenza forte di trovare la sintesi: nelle gambe di tutti i soggetti che a questo seminario c’erano, sta ora la responsabilità di portare avanti delle proposte».


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