Indicatori socio-economici e salute
L’alcol? Più danni di salute nelle classi socioeconomiche svantaggiate
Studio dimostra che livelli di istruzione e di reddito più bassi sono associati a un maggior rischio di problematiche mediche dovute alle bevande alcoliche. Bisogna prestare attenzione alle fasce più vulnerabili della popolazione per evitare malattie e morti evitabili, fare prevenzione e comunicare correttamente i danni per l'organismo dell'alcol
Livelli di reddito e di istruzione più bassi aumentano il rischio di sviluppare condizioni mediche legate all’uso di alcol; esse colpiscono maggiormente le fasce più svantaggiate rispetto agli individui simili con uno status socioeconomico più elevato.
Questo legame pericoloso emerge da un’ampia analisi, condotta sui dati di oltre 2,3 milioni di individui contenuti in un database svedese, pubblicata sulla rivista Plos Medicine, che mostra come il livello di istruzione e di reddito, per quando fattori correlati tra loro, hanno effetti quantificabili e distinti su tale rischio di salute. Questa associazione è chiara e permane anche considerati altri fattori rilevanti, come lo stato civile, la storia di malattie psichiatriche e la predisposizione genetica all’abuso di alcol. In generale, gli studi sull’influenza degli indicatori socio-economici come il livello di istruzione e di reddito sulla salute, indicano che l’istruzione è un fattore di rischio più potente per l’insorgenza di patologie croniche, mentre il reddito ne predice la progressione.
«Alcuni studi evidenziano che il consumo di alcol è più diffuso nelle fasce socio-economiche più elevate ma le complicanze pesano di più sulle persone più svantaggiate quanto a reddito e istruzione» spiega Maria Grazia Movalli, responsabile dell’Unità funzionale alcologia del dipartimento di neuroscienze cliniche del San Raffaele di Milano.
Oltre alle malattie più comunemente associate all’alcol (PAC), come quelle epatiche, neurologiche, oncologiche e non ultimo psichiatriche, «merita attenzione considerare i danni sulla salute prodotti dagli incidenti stradali che avvengono in stato di ebbrezza, ma anche gli infortuni sul lavoro, cui sono maggiormente esposte e meno tutelate in particolare le fasce di popolazione più svantaggiate per le tipologie di occupazione che svolgono e dove il consumo di alcolici è spesso sommerso e non problematizzato».
Malattie e decessi evitabili
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, al consumo di alcol è attribuibile il 5,1% del carico globale di malattie e infortuni in tutto il mondo e circa tre milioni di morti l’anno, di cui un milione in Europa, 2545 al giorno. In Italia, ci sono 48 decessi al giorno. L’alcol è responsabile di un decesso su quattro nella fascia di età compresa tra i 20 e i 24 anni. Dieci milioni e mezzo di italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente. Dati aggiornati verranno diffusi in occasione dell’Alcohol Prevention Day del prossimo 18 aprile.
Attenzione alle fasce più svantaggiate
Lo studio, che si aggiunge a una crescente letteratura sulle disparità sanitarie che derivano da fattori socioeconomici, suggerisce un preciso target di prevenzione. Scrivono gli autori che «gli individui con livelli di istruzione o di reddito più bassi potrebbero meritare particolare attenzione clinica rispetto allo screening o alla valutazione del consumo di alcol, poiché il loro rischio di condizioni mediche correlate all’alcol è elevato. Queste differenze di rischio potrebbero esacerbare gli scarsi risultati sanitari tra le persone con inferiori livelli economici e di istruzione. I medici dovrebbero anche essere consapevoli che gli individui con una storia familiare di abuso di alcol sono a maggior rischio di patologie mediche legate all’alcol».
Ostacoli mentali e di accesso
Conferma Movalli: «L’accesso agli strumenti di prevenzione e alle cure mediche, che è fondamentale per limitare un consumo di alcol problematico prima che diventi patologico e per intercettare e trattare i Disturbi da uso di alcol prima che determini danni alla salute gravi e spesso irreversibili, può essere più difficile per le classi sociali svantaggiate. A ciò si aggiunga che le persone che sviluppano una dipendenza da alcol presentano spesso una scarsa attitudine psicologica alla cura di sé e della propria salute. Quando la comparsa di alcuni sintomi accende la consapevolezza e con essa il timore, sono spesso le difficoltà delle lunghe liste di attesa a spegnere la motivazione dell’alcolista. È noto che una pronta risposta clinica quando il paziente ne avverte il bisogno è un buon fattore prognostico per la presa in carico. In tal senso, intercettare i bisogni delle fasce di popolazione più svantaggiate dal punto di vista dell’istruzione ed economico, più a rischio per la scarsità di mezzi per affrontare il percorso, rappresenterebbe una sfida importante alla criticità che questi studi evidenziano»».
Agire tempestivamente
La precocità nel consumo di alcol è problematica, sia perché un’esposizione prolungata dell’organismo a questa sostanza tossica e cancerogena consente l’accumulo di danni alla salute anche irreversibili, sia perché, dice Movalli, «l’alcolismo può essere considerato un disturbo dell’apprendimento: quanto più precoce e duratura è l’acquisizione di schemi comportamentali disfunzionali e credenze erronee (per es. il bere è vissuto come la risoluzione di tutto, dai disagi psichici alla gestione di situazioni di stress ed emozioni difficili), quanto più il soggetto fa fatica a liberarsi da schemi molto radicati e più è difficile imparare nuovi modi di rispondere alle difficoltà».
Gli insospettabili
Attenzione, inoltre, agli stereotipi perché «modalità disfunzionali e patologiche di consumo di alcol sono sempre più frequenti anche in persone con un apparente buon funzionamento sociale, che mantengono il proprio lavoro e le proprie occupazioni ma la prima cosa che fanno dopo l’ufficio è passare dal bar per l’aperitivo o aprirsi una bottiglia». Che fare? «Individuare subito i campanelli di allarme, prima che la dipendenza si instauri, sensibilizzare i medici di base, rendere accessibili i servizi, nella consapevolezza del permanere di un certo stigma e parlare di più dei danni dell’alcol».
La salute prima di tutto
Infine, «i politici dovrebbero avere ben chiaro che attivare campagne di prevenzione e individuare le fasce più a rischio consentirebbe anche di risparmiare i costi sociali e sanitari enormi dovuti all’alcol. Vanno veicolati i giusti messaggi di salute, così si tutela anche il patrimonio sanitario oltre a quello vitivinicolo del paese». La scienza non ha nessun dubbio: non esiste una dose minima sicura. E la salute viene prima di tutto.
Foto di Anh Tuan su Pexels
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