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L’Albania under 25 non sogna più ‘Lamerica’

Un Paese che cambia raccontato dai “suoi” ragazzi: L’Italia? Può andar bene per venirci a studiare. O a fare i turisti. L’emigrazione non è più in cima ai desideri dei giovani

di Daniele Biella

Tirana, Albania. Mai visti tanti giovani in un aeroporto. Ma nessuno di loro è in partenza. Che ci si trovi nello Stato più giovane d?Europa (una media di 31 anni contro i 42 dell?Italia) lo si nota subito. Quello che non ci si aspetta è altro: «Noi giovani albanesi non sogniamo più l?Italia, sai?», dice in un perfetto italiano Victoria, ventenne addetta alle informazioni turistiche. Lei nel Belpaese non c?è mai stata. «Ci andrei solo per turismo, a vivere preferisco rimanere qui, in Albania», aggiunge. Victoria non è l?unica a pensarla così.«Mi piace studiare all?estero, ma dopo la laurea voglio tornare nel mio Paese», dice Arna Leka, 22enne che studia economia ad Atene e che è tornata a Tirana a visitare la sua famiglia.

Un trend chiamato ritorno

Oggi il 40% degli albanesi ha meno di 24 anni, uno su cinque vive all?estero. Ma sempre più spesso, appena possono, questi giovani esuli visitano la patria per vederne i cambiamenti. E molti decidono di tornarci a vivere. I numeri non sono quelli di un controesodo, ma i segni di un forte cambio di rotta ci sono tutti. «L?Albania si sta trasformando, per noi è il momento di rimanere, per essere utili alla nostra gente», dice Arna. Nove anni fa era un Paese allo sbando, con il crollo delle finanziarie che aveva mandato in bancarotta un?intera nazione.

La realtà di oggi parla di un forte divario città-campagna, ma anche di una crescente occupazione (il settore privilegiato è l?edilizia) e dell?aumento di scambi commerciali con l?Europa, Italia in primis. Il quasi 6% annuo di crescita economica si legge nel colpo d?occhio delle città: si moltiplicano i cantieri, si rifanno strade, sorgono nuove scuole e ospedali, la macchina statale sta lentamente ritornando ad avere la fiducia dei cittadini.

In tutto questo, chi ha una marcia in più sono proprio loro, i giovani. Il vero boom sono le iscrizioni in massa alle università albanesi: oltre a Tirana e alle sue storiche facoltà, il cuore del nuovo sapere albanese è una tranquilla cittadina medievale del Sud del Paese, Girocastro, 60mila abitanti, un quarto dei quali studenti. La facoltà più gettonata è giurisprudenza. «In Albania Costituzione e codici sono da riscrivere», dice Rovena Yaku, 23 anni e una laurea in legge appena conquistata proprio a Girocastro. Nel Paese le prime libere elezioni sono arrivate solo nel 1991, dopo 46 anni di regime comunista. Da quel momento la democrazia, a fasi alterne, ha cominciato a farsi le ossa.

Bustarelle ovunque

Con luci e ombre, a cominciare proprio dal mondo universitario. «È normale per noi studenti pagare i professori per passare gli esami», afferma Rovena. Le parole della ragazza trovano conferma su giornali e televisioni: professori colti in flagrante con le mazzette se ne contano a decine. «Che il fenomeno sia sulla bocca di tutti è positivo, presto qualcosa cambierà», dice Ilirjana Zekja che, a 32 anni e con una laurea in medicina alle spalle, è assistente di neurologia all?ospedale di Tirana. «Anche i medici ricevono ?contributi extra?», aggiunge, «ma alla gente, per ora, sta bene».

Il motivo è spiegato da un affermato ma precario pediatra di Saranda, cittadina sul mare, al confine con la Grecia: «Guadagniamo 200 euro al mese lavorando quasi tutti i giorni, come facciamo a mantenere la famiglia?», lamenta Aristhide Tiri, che trova il tempo per fare visite gratuite nell?ambulatorio che le suore Marcelline hanno aperto in città, anche grazie al contributo della Fondazione Mariani (vedi box). «Accettare bustarelle dai pazienti non è una pratica sana», ammette il pediatra, «spero che il governo trovi il modo di pagarci di più, ora che l?Albania è entrata nella politica internazionale».

Stile occidentale

I sempre più intensi rapporti con l?estero hanno portato la popolazione a mutare il suo modo di vivere. Tutti, giovani e adulti, hanno adattato il proprio modo di vivere a una sorta di ?occidentalizzazione?. «Del tutto cosciente, però», afferma Ilirjana, che grazie ai suoi studi in medicina ha potuto viaggiare in Italia per fare esperienza per poi decidere di tornare in Albania. «Dalla fine della dittatura siamo molto più liberi di scegliere e di muoverci», continua la neurologa, «prima eravamo controllati in ogni cosa che facevamo». La libertà giovanile si respira in ogni angolo, a cominciare dal modo di vestire, dai divertimenti, dai negozi. I luoghi di mare sono sempre più frequentati e oggetto di investimenti d?ogni tipo, complice la nuova rotta politica del premier Sali Berisha: dura sotto molti aspetti, neoliberista per altri.

È ancora Saranda il simbolo di una nuova ?febbre del mattone?. «In un anno, accanto a case e baracche sono sorte decine di palazzi a otto-dieci piani d?altezza, mai visti prima al Sud», dice Emirjeta Roboci, 25enne originaria dell?entroterra di Saranda. Non è un bel vedere, gli edifici sono ammassati l?uno all?altro e la mancanza di un progetto generale fa sorgere dubbi sulla futura reale utilizzabilità di queste nuove costruzioni. «Certo i cantieri offrono lavoro a molta gente», dice Emirjeta, «il problema è chi potrà permettersi di pagare l?affitto, visto che qui c?è solo gente che tira a campare».

Ma chi sono questi imprenditori spuntati dal nulla? «Molti sono ragazzi albanesi che hanno lavorato in Grecia o in Italia per qualche tempo, e ora hanno fatto i soldi», dice Edmond Vaci, 27enne che torna spesso a visitare i parenti ma che vive e lavora da cinque anni in Italia, a Milano. «Altri, naturalmente, sono legati a traffici illeciti: riciclaggio, armi, droga, prostituzione». Pratiche che in Albania rimangono ancora radicate nella vita di tutti i giorni, attirando i molti giovani che vedi sfrecciare su auto che non si potrebbero mai permettere con un lavoro leale. «La novità è che ora la gente ne parla senza timore, prima era un tabù», dice Edmond. «Ciò dà speranza a molti ragazzi che vogliono cambiare l?immagine che ha l?Albania all?estero».

La carta turismo

Emirjeta, dopo un corso di formazione come operatrice turistica, ora guida tra le rovine romane i visitatori della città perduta di Butrinto, posta a 15 chilometri da Saranda. «Il turismo può essere il mezzo per far conoscere la vera Albania agli stranieri», dice la ragazza. I luoghi sono tanti: laghi cristallini e foreste inesplorate, ma soprattutto decine di chilometri di costa in cui il mare non ha nulla da invidiare alle più note spiagge mediterranee. «Mancano solo le infrastrutture», aggiunge Emirjeta, «se realizzate nel rispetto dell?ambiente, possono dare al nostro Paese lo slancio per uscire per sempre dal degrado». Qualcosa già si muove, anche se di ?albanese? ha solo il luogo in cui sorgerà (Kakomè, una baia incontaminata a sud di Valona): il primo Club Med, che aprirà i battenti l?estate prossima.

L?impressione, in ogni caso, è che tutto questo fermento giovanile porti da qualche parte. «Ho vissuto in Italia tre anni da clandestino, fino ad arrivare, due anni fa, al Cpt di Bologna, da dove mi hanno rimpatriato», racconta Andre Zhogu, 28 anni. «Una volta qui, ho visto il mio Paese diverso. Anche la gente ha cambiato mentalità. Ora ho un piccolo lavoro da manovale, e all?Italia non ci penso più».

Tirana, Durazzo, Valona, Saranda. Per loro una lenta trasformazione: da frontiere della disperazione a mete turistiche. I giovani, sempre loro, si stanno attrezzando per essere protagonisti della rinascita. «Il 90% di noi, grazie al satellite, capisce l?italiano, e molti altri stanno imparando l?inglese», dice Driton Burimi, 24 anni, cameriere in un ristorante del centro di Tirana. È l?Albania che non t?aspetti. Ed è, forse, anche ora di cancellare qualche pregiudizio.

www.fondazione-mariani.org


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