Welfare

L’aiuto alimentare genera sviluppo

Marco Lucchini parla del provvedimento sul Fondo indigenti inserito nel decreto Sviluppo

di Antonietta Nembri

Arriva un Fondo per distribuire alimenti ai poveri. È una delle misure previste nel decreto Sviluppo. Per Marco Lucchini, direttore generale di Fondazione Banco Alimentare onlus, premettendo che una lettura del testo ufficiale del provvedimento non è stata ancora possibile, la prima impressione è «positiva» soprattutto perché «il provvedimento annunciato è abbinato a un programma di sviluppo».
Al centro dell’attenzione dunque l’istituzione, all’interno dei provvedimenti per l’agroalimentare previsti dal decreto Sviluppo, di un Fondo nazionale per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura che consentirà, attraverso le organizzazioni non profit, di assicurare gli aiuti grazie all’utilizzazione di risorse comunitarie e delle eccedenze alimentari rese disponibili dagli operatori della filiera.
Con Marco Lucchini abbiamo provato ad andare un po’ più a fondo sulla proposta annunciata

Cosa l’ha colpita positivamente?

«Che il sostegno a chi è in grave difficoltà non è solamente visto come assistenza, ma come un modo per ridare la possibilità, a chi oggi non ce l’ha, di recuperare nel tempo la forza così che queste persone possano dare un contributo e poi mi è piaciuto che sia stato messo in un piano di sviluppo e non solo sociale e assistenziale».

Questo intervento non assomiglia al Programma europeo di aiuti alimentari per i poveri?

«È un dato oggettivo, fino al 2013 sarà ancora utilizzabile il programma europeo di aiuti alimentari per il quale lo scorso anno abbiamo fatto una grande battaglia. Sembrava, infatti, dovesse finire improvvisamente già nel 2011. Quello europeo è un programma che ha dimostrato tutta la sua utilità sociale: il portare alimenti a chi è in difficoltà non solo ha un valore nutrizionale, ma genera positività nella condivisione. Si parte da un bisogno primario come il cibo, che ha però la capacità di moltiplicare il bene che viene poi prodotto. In pratica si parte da un esempio positivo e si cerca di svilupparlo anche all’interno del Paese»

Sembrerebbe un segno di continuità?

«Fa parte della storia positiva del programma europeo che vuole continuare anche in Italia e guarda la realtà dicendo: è una necessità importante che può moltiplicare effetti positivi. E questo è per me il primo pensiero. Su questa idea si va poi ad aggiungere non solo un intervento che va a favorire una sorta di scorta alimentare per chi è bisognoso, ma anche perché è previsto l’acquisto di beni alimentari dal mondo agricolo da destinare ai bisognosi come era nel programma dell’Unione europea. Quindi, si mettono insieme un vecchio programma che ha funzionato, un’alleanza tra agricoltura e sociale e si aggiunge anche la possibilità di favorire il recupero di quello che all’interno della filiera si forma, cioè le eccedenze, perché il mercato ha le sue regole e nelle sue regole c’è anche il fatto che se non posso venderlo un prodotto per me è morto, mentre può essere ben vivo per altre persone».

Tra gli aspetti previsti vi è anche un ruolo per le organizzazioni non profit

«Nell’esperienza europea si è notata la positività dell’utilizzo del non profit. Attraverso la collaborazione tra istituzioni e mondo del non profit, che è uno dei più prossimi al bisogno, è emerso quel valore in più di positività che la sola “distribuzione di cibo” fatta dall’istituzione stessa non sarebbe riuscita a dare».

Come Banco Alimentare vi state preparando a questo programma futuro?

«È ancora presto. Fino al 2013 ci sono gli aiuti europei, ma si sta già lavorando, noi come altri, perché quando quelli si fermeranno, perché si interromperanno, abbiamo già una pianticella che può dare qualche frutto così che non ci sarà un vuoto. E continuando nella metafora agricola credo che si incominceranno a vedere i frutti più avanti, stiamo parlando del 2013. Ma per avere dei frutti, prima devi seminare, devi aspettare il tempo del raccolto. Il problema è iniziare a seminare perché qui il problema non è andare a prendere i frutti da qualche parte, ma è lavorare insieme per cominciare a coltivarli. Un conto è continuare a chiedere prestiti e andare a prendere i frutti di altri e un conto è invece cominciare a lavorare perché la tua terra cominci a dare frutto. E questo provvedimento va nella direzione di questa logica»


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