Salute

L’AIDS non è uguale per tutti

L'editoriale di Giuseppe Frangi sul numero di VITA non profit magazine in edicola: "Il 95% delle persone infette dal virus vive oggi nei Paesi poveri". Ecco perché.

di Giuseppe Frangi

Decisamente la globalizzazione è una tragica truffa. Il 1° dicembre cade, come ogni anno, la Giornata per la lotta all?Aids e come ogni anno, guardando i numeri, possiamo scoprire un mondo sempre meno globalizzato. Il 95% delle persone infette dal virus vive oggi nei Paesi poveri. Il 70% sono concentrati nell?Africa Subsahariana. In quel continente ci sono Stati dove un adulto su cinque è Hiv positivo. E Stati, come il Sudafrica, dove il 16% della popolazione è sieropositiva, con tragici picchi tra le donne incinte (23%) e tra i soldati (addirittura il 45%). Sempre in Africa il saldo rispetto al 2001 vede un 3,4 milioni di persone malate in più, di cui quasi mezzo milione sono bambini. Ancor meno fortunati dei 16 milioni di loro coetanei, rimasti orfani sempre a causa dell?Aids. Tutti questi numeri hanno un?incidenza tragica anche sull?economia di questi Paesi: in Lesotho, in Malawi, in Mozambico la manodopera contadina è decimata. In Kenya il prodotto interno lordo paga l?epidemia con un meno 15%. E sapete la globalizzazione quale accesso ai medicinali assicura a questo immenso popolo che si dibatte nel baratro? è stato calcolato che si tratta di un infinitesimale 0,01% del mercato globale dei farmaci. Ma allora che razza di globalizzazione stanno propugnando i tanti cavalieri serventi del dio occidentale? Qualcosa decisamente non funziona, anche se la sapiente e calcolata gestione dei media ormai vorrebbe persuaderci che nel mondo esiste un solo problema, l?Islam, e una sola crociata irrinunciabile, quella contro Saddam. Non tutti bevono questa irridente versione della storia di oggi. Proprio la scorsa settimana, parlando davanti a una platea non qualunque (quella di Assolombarda, l?associazione che raduna gli industriali della regione più ricca d?Italia), il neo arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi ha tracciato un?analisi quasi spietata delle sperequazioni intollerabili che oggi tagliano il mondo in due. «C?è un divario consentito e alimentato da una diffusa insensibilità etica», ha detto il cardinale. «Un?insensibilità etica di singoli e di popoli, di operatori privati e istituzionali promosso da spericolati giochi economico-finanziari, aggravato da una arroccata quanto iniqua difesa delle cosiddette ?conoscenze proprietarie? (brevetti costosi e non disponibili e accessibili a tutti) in tutti i settori di attività, questo solco mostruoso che spacca il mondo, genera ogni giorno nuove apartheid, si regge su una impensabile concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di pochissimi, singoli individui o entità multinazionali». Parole precise, chiare, davvero poco equivocabili. Oltretutto confermate da un accenno fatto dal Papa proprio nei giorni seguenti, con parole altrettanto inequivocabili. «La globalizzazione favorisce tutt?oggi il più forte, e i sistemi economici, qualora non siano animati da un costante servizio alla dignità umana, si rivelano inefficaci nel risolvere i nodi dello sviluppo». Ps: c?è solo da sperare che queste dichiarazioni dettate da un semplice realismo e da un?attenzione naturale della Chiesa al destino dei poveri, non vengano risolte nei soliti teatrini tra cattolici conservatori e progressisti. Abbiamo avuto un test deprimente di quel teatrino in occasione della visita del Papa a Montecitorio (a proposito, che ne è dell?appello di Giovanni Paolo II per un provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti?). Davanti a numeri e parole come questi ci si può solo togliere la maschera e chiedersi umilmente che cosa si possa fare, concretamente, per avere, da domani, una globalizzazione meno tragicamente strabica.


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