Non profit

L’agenda della famiglie nell’anno della crisi

Acli e Caritas presentano una ricerca sulle reali necessità delle famiglie italiane

di Sara De Carli

Nel corso del 34° Convegno nazionale delle Caritas Diocesane che si sta svolgendo a San Benedetto del Tronto, è stata presentata questa mattina la ricerca Acli/Caritas “L’agenda delle famiglie italiane nell’anno di crisi”. Si tratta di una ricerca applicata, che mette insieme tre indagini effettuate a maggio 2009, settembre 2009 e febbraio 2010, per un totale di 4500 famiglie intervistate, per restituire una sorta di mappa dei bisogni della famiglia italiana, così da rispondere in maniera più specifica e circostanziata alle esigenze reali.

Così la definisce Marco Livia, direttore IREF (Istituto di Ricerche Educative e Formative), nella sua introduzione: «tre ampie inchieste statistico-sociali, un check-up periodico in grado di restituire l’evoluzione della situazione e, allo stesso tempo, di interpretare i bisogni emergenti delle famiglie. I risultati delle tre fasi d’indagine, rappresentano una sorta di agenda nella quale durante l’anno sono state “annotate” le difficoltà e le richieste, i rischi e le paure, le aspettative e i progetti delle famiglie italiane». Tre i focus della ricerca: i fabbisogni di cura delle famiglie e il “welfare fatto in casa”; il legame tra famiglia e welfare; l’effetto della crisi economica.

La crisi non è finita

Dal punto di vista della crisi, il 56,7% delle famiglie ha dichiarato che il 2009 è stato un anno in affanno, più difficile del precedente; per il 41,1% è stato un anno come gli altri mentre solo il 2,2% ha migliorato la propria condizione economica. Il Mezzogiorno e il Nord Est sono le aree dove la crisi ha colpito di più: le regioni dei capannoni e dell’economia diffusa si attestano cioè, dice la ricerca, allo stesso livello delle aree sottoindustralizzate del Mezzogiorno. Tiene meglio, invece, il triangolo industriale e le regioni con un alta presenza dell’impiego pubblico.

Tra settembre 2009 e febbraio 2010 la riduzione dei consumi si è concentrata soprattutto sulle cure alla persona, acqua luce e gas, viaggi e vacanze, tempo libero e divertimenti. Le risposte segnalano tuttavia che le famiglie italiane hanno dovuto contrarre anche le spese su pasta, pane e carne: lo hanno fatto il 19,8% delle famiglie con una solidità economica alta e via via salendo il 68,4% delle famiglie con una solidità economica bassa.

Le nuove classi di rischio sono, secono l’indagine, le famiglie che non riescono a risparmiare: un dato che parla dell’impoverimento della classe media suburbana. «Al di là delle situazioni estreme è interessante notare come in termini comparativi, le famiglie che possono contare su dei risparmi, anche se titolari di mutui o affitti, tendono ad avere una condizione migliore di quelle che, pur essendo proprietarie di casa, non riescono a risparmiare: difatti, il risparmio alimentare interessa nel primo caso il 30,6% delle famiglie, nel secondo il 47,8%», scrivono i ricercatori.

Il commento delle Acli

Così Andrea Olivero, presidente delle Acli, ha commentato i dati presentati nella ricerca.

«L’Agenda delle famiglie rappresenta la conferma di un modo di intendere l’intervento nella società. Piuttosto che entrare da subito in un dibattito nel quale mancavano elementi di conoscenza precisi e diretti, si è deciso di attendere e realizzare un progetto che non ha similitudini con i tanti sondaggi “spot” realizzati nei mesi scorsi. Piuttosto che raccogliere gli “umori” delle famiglie, si è preferito, quindi, fare un bilancio, pur sempre a caldo, dell’anno appena passato così da rilanciare una questione che altrimenti avrebbe corso il rischio di venire sommersa dalla cronaca ordinaria».

Le famiglie giovani

Un’attenzione peraticolare Olivero la dedica alle famiglie giovani: «famiglie che sono, in qualche modo, promesse per il futuro; nuclei familiari che se adeguatamente sostenuti potrebbero rappresentare il perno di una nuova primavera, innanzitutto sociale, del nostro paese». Approfondendo  i diversi profili delle famiglie nelle quali entrambi i partner hanno meno di 40 anni, si nota infatti che alcune hanno retto alla crisi meglio di altre. Si tratta soprattutto di nuclei familiari a doppio reddito nei quali l’occupazione femminile ha avuto una funzione di compensazione. L’elemento che dovrebbe far riflettere è però un altro: le giovani famiglie dimostrano una maggiore fiducia nel futuro. Il 61,8% di esse è poco o per nulla d’accordo rispetto all’affermazione “oggi è inutile fare progetti perché il futuro è carico di rischi”, mentre nel totale del campione questa percentuale è del 47,7%. «La crisi di fiducia non è quindi generalizzata: ci sono ancora famiglie che guardano più in là di oggi. Questi elementi ci suggeriscono, in modo chiaro, alcune piste di lavoro, alcuni ambiti rispetto ai quali sollecitare anche un pronto intervento della politica», conclude Olivero.

 L’Agenda

Quali? Ecco l’agenda vera e propria. Primo, «il tema dell’occupazione delle donne, che chiama in causa anche un ripensamento della rete di servizi e di opportunità offerte alle famiglie per conciliare e riorganizzare le responsabilità di cura». Secondo, «il mantenimento e possibilmente l’incremento degli attuali livelli occupazionali». Per farlo occorre adottare il principio del family mainstreaming: non esistono cioè le politiche per la famiglia, poiché la settorializzazione ha mostrato ampiamente i suoi limiti. Solo predisponendo  politiche integrate è possibile favorire il protagonismo civico della famiglia.

I punti principali:

  1. per far fronte alla compressione dei redditi da lavoro e ridare ossigeno alle famiglia, non è più possibile rinviare il riconoscimento della soggettività fiscale delle famiglie.
  2. è necessario che uno strumento come il  “reddito di garanzia” passi dalla fase sperimentale ad una attuazione su scala più ampia.
  3. promozione di misure che favoriscano la conciliazione del tempo lavorativo con quello familiare, con l’incentivazione del part time attraverso agevolazioni fiscali e contributive.
  4. un piano di sostegno per la formazione di nuove famiglie: le politiche abitative, lavorative e sociali debbono essere orientate all’accompagnamento dei giovani nel loro progetto familiare. La riduzione del costo dei mutui e l’aumento dei servizi materno-infantili sono solo alcune delle misure che occorrerebbe mettere in campo.
  5. l’istituzione di Agenzie Regionali per la Famiglia.

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